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Dove si guadagna di più in Italia? La classifica delle 110 province del Belpaese

L’Osservatorio Statistico dei consulenti del lavoro ha elaborato alcuni microdati Istat e tracciato la mappa della retribuzione netta media mensile, pari a 1.315 euro. Ma in alcune città si guadagna di più e in altre molto di meno.
A cura di Redazione
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Il report dell'Osservatorio Statistico dei consulenti del lavoro sull'anno 2016, presentato quest'oggi a Napoli, conferma l'Italia fortemente polarizzata descritta negli anni – e più di recente a gennaio – dall'Istat. Nel Nord si concentrano salari più alti, sostenuti da tassi di disoccupazione bassi, mentre nel Sud l'elevato numero di persone senza impiego deprime anche i redditi. Ciononostante al posto più basso della classifica dei redditi troviamo a sorpresa la provincia di Ascoli Piceno, dove la retribuzione netta media mensile è di 925 euro. Al primo posto Bolzano con 1.476 euro e un tasso di occupazione pari al 72,7%. La città con meno occupati risulta essere invece Reggio Calabria, in cui il tasso di occupazione è del 37%. Di seguito le prime 10 province per retribuzione media:

  1. Bolzano (1.476 euro),
  2. Varese (1.471 euro),
  3. Monza e Brianza (1.456 euro),
  4. Como (1.449 euro),
  5. Verbano Cusio Ossola (1.434 euro),
  6. Bologna (1.424 euro),
  7. Lodi (1.423 euro),
  8. Lecco (1.415 euro),
  9. Sondrio (1.414 euro),
  10. Milano (1.409 euro)

A seguire le dieci province per retribuzione netta media mensile più bassa:

  1. Catanzaro (1.135 euro),
  2. Agrigento (1.134 euro),
  3. Nuoro (1.121 euro),
  4. Bat (1.112 euro),
  5. Lecce (1.107 euro),
  6. Trapani (1.103 euro),
  7. Olbia-Tempio (1.099 euro),
  8. Ogliastra (1.087 euro),
  9. Ragusa (1.070 euro),
  10. Ascoli Piceno (925 euro),

La media italiana è di 1.315 euro. Di seguito la classifica completa:

Divario di genere

Forte il divario tra uomini e donne impiegate, almeno in alcune regioni. Il tasso più alto di occupazione femminile si registra a Bologna con il 66,5%, mentre quello più basso e nella provincia di Barletta-Andria-Trani (24,1%). Questo indice è molto basso anche in altre importanti province del Sud Italia, facendo registrare un dato preoccupante a Napoli (25,5%), Foggia (25,6%) e Agrigento (25,9%) in cui lavora appena una donna su quattro. Dall'altro lato della classifica, oltre al dato virtuoso di Bologna, bisogna ricordare anche quelli di Bolzano (66,4%), Arezzo (64,4%) e Forlì-Cesena (63,3%). La percentuale di uomini impiegati resta in ogni caso sensibilmente superiore anche nelle province con il tasso di occupazione femminile più alto. A Bolzano ad esempio lavora il 78,9% della popolazione maschile. A Reggio Calabria (44,5%), Vibo Valentia (48,1%), Palermo (48,8%) e Caserta (49,9%) lavora invece meno della metà della popolazione maschile.

Diminuiscono i Neet

Con Neet (acronimo di "Not in Education, Employment or Training") si indica la fascia di popolazione di età compresa tra i 15 e i 29 anni che non studia, non lavora né fa corsi di formazione. Il dato incoraggiante è che nel 2016 i Neet sono diminuiti del -5,7% rispetto all'anno precedente. Il valore assoluto risulta però fortemente smorzato dall'analisi dei dati relativi. Il  tasso di Neet si riduce infatti di un solo punto percentuale, passando dal 25,5% del 2015 al 24,2% dello scorso anno. Anche in questo caso torna l'Italia polarizzata di quasi tutti gli indicatori economici: nel Mezzogiorno i Neet sono il 34,0%, al Centro il 30,3% e al Nord il 16,8%.

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