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Dopo il carcere in Libia e la traversata col barcone, Ibra ha una squadra: “Balotelli il mio idolo”

Dalla traversata del Mediterraneo al carcere in Libia, fino alle notti in strada a Brescia: Ibra, gambiano di ventanni, è arrivato in Italia da solo quando ne aveva quattordici, superando tantissime difficoltà e vivendo momenti molto difficili. Grazie all’aiuto di una famiglia di Montichiari adesso però ha una casa, si sta mettendo in regola con la burocrazia e continua a inseguire il suo sogno: diventare un calciatore professionista, come il suo idolo Mario Balotelli.
A cura di Beppe Facchini
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Dal Gambia al carcere in Libia, dalla traversata del Mediterraneo su un barcone al sogno di poter diventare un calciatore professionista. E le qualità, vedendolo con la palla ai piedi, non mancano di certo a Ebrima Singhateh, per tutti Ibra, un ragazzo di vent'anni originario appunto del Gambia, in Italia da quando ne aveva quattordici. È arrivato completamente solo e per diverso tempo ha dormito per strada, nel freddo delle notti bresciane, fino a quando non ha avuto la fortuna di incontrare alcune persone che gli hanno dato una mano: prima una sua connazionale conosciuta quando per racimolare qualche monetina era diventato uno dei tanti che aiutano i clienti con le buste della spesa davanti ai supermercati, poi Mariele, Claudio e il loro figlio di otto anni Samuel. Si sono incontrati in un campetto vicino la loro abitazione a Vighizzolo, frazione di Montichiari, hanno cominciato a giocare insieme e fra lui e Ibra è così subito nata una grande amicizia. “Poi da lì è stato un continuo, perchè tutti i giorni ci davamo appuntamento -racconta Mariele- finchè mio figlio non ha cominciato ad invitarlo a casa, in piscina, a fare un giro. Così ha iniziato anche a frequentare casa nostra: lo abbiamo aiutato col permesso di soggiorno, gli abbiamo dato la residenza qui per agevolarlo nei documenti, poi dobbiamo rinnovare la tessera sanitaria. Insomma -continua- piano piano si sta mettendo in regola”. E tutto grazie ad una famiglia normalissima, che non ha fatto altro che aprire le proprie porte di casa ad un ragazzo solo, lontano dalla mamma da quando è andato via dal Gambia, con mille vicissitudini alle spalle, ma con le idee chiare sul suo futuro.

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Diventare un calciatore professionista, però, si sa: non è facile. Quindi Mariele e Claudio, oltre ad aiutarlo con la burocrazia e con la lingua, donandogli dei libri di scuola di Samuel e una copia in italiano del Corano (“Che poi per noi è una cosa strana, visto che siamo atei” sottolinea con sorriso e naturalezza Claudio), gli stanno anche dando una mano con la ricerca di un lavoro “che possa andare d'accordo con gli orari degli allenamenti. Perchè bisogna anche lavorare per poter coltivare le proprie passioni, senza dipendere dagli altri” dice ancora il papà di Samuel, che insieme alla moglie gestisce una scuola di ballo in paese e dove per Ibra è già pronta una nuova casa, messa a disposizione dalla parrocchia. Fino a quando non sarà disponibile, il ventenne gambiano rimarrà in famiglia a Vighizzolo, come già avviene da circa un mese, consapevole, però, di aver trovato qui delle persone che per lui ci saranno sempre. Samuel e i suoi genitori lo ribadiscono a parole, ma soprattutto lo confermano coi fatti.

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Perchè lo facciamo? Semplicemente perchè loro sono amici, tutto qua -spiega ancora Claudio-. In realtà è lui, Samuel, che ci sta insegnando qualcosa. Noi adulti dobbiamo ragionare sull'accoglienza o sulla cultura diversa prima di prendere una decisione, mentre i bambini sono spontanei. Lui la prima cosa che ha notato erano le treccine di Ibra, che gli piacciono da matti, poi il colore della pelle”.

Non sono un calciatore professionista, ma quello è il mio sogno. Amo il calcio, è nel mio sangue” racconta infine Ibra, cresciuto col mito di Mario Balotelli, che dopo alcuni tornei con gli amatori e i primi calci nel suo Paese d'origine, da qualche giorno ha cominciato ad allenarsi con i juniores del Montichiari, formazione che giocherà la prossima stagione nel campionato di Promozione, con una lunga tradizione pure in Serie C, dalla quale sono passati anche tanti calciatori importanti, arrivati poi tra i professionisti. Come Manolo Gabbiadini, Federico Bonazzoli e Michele Cossato. Insomma, è già un buon inizio per Ibra, dopo tanti anni di avversità e sofferenze che non potrà mai dimenticare. “Ho visto tantissime cose brutte” dice infatti il giovane, raccontando del carcere e delle botte in Libia, dei suoi amici uccisi proprio in quel Paese, del freddo in stazione quando diventa notte, del papà che non ha mai conosciuto e di sua madre, che oltre alle videochiamate non riesce ancora a riabbracciare da sei anni. “Non dimenticherò mai le difficoltà che ho passato -conclude-, ma il calcio mi dà un sacco di coraggio per andare avanti”.

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