Don Milani alla Maturità: perché “Lettera a una professoressa” è un libro fondamentale
Don Lorenzo Milani alla Maturità 2019. Il prete fondatore della scuola di Barbiana e di un nuovo modo di guardare alla pedagogia, più volte considerato un "irregolare2 nella nostra storia, approda con un brano della sua opera più famosa, "Lettera a una professoressa", alle tracce della seconda prova degli esami di Stato che vedono coinvolti in queste ore migliaia di studenti dei licei di scienze umane di tutta Italia.
Lettera a una professoressa di Don Milani
La ribellione a una società classista, che perpetua le differenze tra individui, nonché la denuncia del meccanismo perverso con cui esse di diffondono proprio tramite l'istruzione, trova ragion d'essere nella importantissima “Lettera ad una professoressa”, scritta insieme ai suoi alunni pochi mesi prima di lasciarci nel giugno del 1967 e il cui insegnamento oggi, a oltre 50 anni dalla scomparsa, non smette di essere fondamentale. Per tutti i cittadini italiani, ancor di più per gli studenti dei licei delle scienze umane.
Tramite la didattica della scrittura collettiva, gli alunni di Barbiana insieme a Don Milani scrissero “Lettere a una professoressa”, un'opera che riassume in un linguaggio semplice, accessibile, la complicata situazione scolastica italiana e soprattutto tenta di fornire un'alternativa.
Don Milani e la scuola di Barbiana
L'idea alla base di "Lettera a una professoressa" è quella di una scuola diversa, che non sia più “Un ospedale che cura i sani e respinge i malati”. Perché questa è, secondo Don Milani, la fisionomia che la scuola pubblica ha assunto negli anni. Una scuola classista che valutava allo stesso modo i figli dei ricchi e dei poveri senza tener conto dei vissuti di ciascuno di loro, e che era incapace di preparare i ragazzi ad affrontare il domani. Invece, in quel denso e semplice testo di un figlio di un contadino indirizzato a una professoressa che l'ha bocciato, ecco ricamarsi pagina dopo pagina l'idea di un'istituzione che sia inclusiva, democratica, il cui fine doveva essere far arrivare tutti gli alunni ad un livello minimo di istruzione.
Chi era Don Lorenzo Milani
Figlio di una agiata famiglia fiorentina, Lorenzo Milani vive in un ambiente laico, colto e raffinato, ama la pittura. Nel 1954, ordinato parroco, viene mandato in uno sperduto paese del Mugello, che all'epoca contava 39 abitanti. La quotidianità di Barbiana confermerà, per Don Milani, lo stretto legame fra sistema scolastico, arretratezza e sfruttamento delle classi subalterne che egli aveva già avuto modo di osservare in altri piccoli paesini fiorentini. Il parroco si trova davanti “ragazzi che non hanno mai sentito dire che a scuola si va per imparare, e che andarci è un privilegio”.
Così Don Milani comprende che, prima di essere parroco, deve farsi insegnante. Nella "Lettera", accanto alle esperienze di vita quotidiana si affiancano riflessioni di carattere generale di critica al sistema scolastico. Tra i maggiori esempi utilizzati per raccontare la diseguaglianza del nostro sistema sociale, resta l'esempio di “Pierino del dottore”, ovvero del tipico figlio di famiglia istruita e benestante, emblema del classismo e dell'esclusività di cui la scuola si faceva garante in quegli anni:
Del resto bisognerebbe intendersi su cosa sia lingua corretta. Le lingue le creano i poveri e poi seguitano a rinnovarle all'infinito. I ricchi le cristallizzano per poter sfottere chi non parla come loro. O per bocciarlo. Voi dite che Pierino del dottore scrive bene. Per forza, parla come voi. Appartiene alla ditta.