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Don Mazzi: “Il virus ci ha travolti come un tram, i ragazzi fragili sono le vittime invisibili”

“Il coronavirus ci è venuto addosso come un tram e siamo caduti a terra”. Don Antonio Mazzi intervistato da Fanpage.it racconta l’impatto dell’emergenza sulla vita delle ragazze e dei ragazzi più fragili, segnati da disagio scolastico, familiare e sociale. Giovani ora chiusi in casa in situazioni di povertà, conflitto o solitudine. “Con loro ci basavamo sulla possibilità di tessere pazientemente una relazione di fiducia, di contatto, di vicinanze soprattutto fisiche dei rapporti. Ma la scuola adesso è chiusa e non riaprirà a breve”, racconta il presidente della Fondazione Exodus, che pochi mesi fa ha compiuto 90 anni, “ma di questa esperienza drammatica e straordinaria possiamo fare tesoro”.
A cura di Simone Gorla
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Don Antonio Mazzi
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"Il coronavirus ci è venuto addosso come un tram e siamo caduti a terra”. Don Antonio Mazzi, presidente della Fondazione Exodus, sceglie un'immagine concreta, quasi violenta, per raccontare a Fanpage.it l'impatto che il coronavirus ha avuto sulle attività e sulla vita dei ragazzi e delle ragazze assistiti nelle comunità, nei centri e nelle scuole.

“Ci siamo dovuti fermare e in pochissimo tempo reinventare, sia nelle attività di accoglienza e di ascolto, sia in tutte le attività all’interno delle scuole”, racconta il prete di strada che pochi mesi fa ha compiuto 90 anni. “Prima di questa emergenza sanitaria, con le ‘nostre' ragazze e i ‘nostri' ragazzi pesantemente segnati da disagio scolastico, familiare, sociale ci basavamo sulla possibilità di tessere pazientemente una relazione di fiducia, di contatto, di vicinanze soprattutto fisiche dei rapporti. Ma la scuola adesso è chiusa e non riaprirà a breve. Quindi ci siamo dovuti riorganizzare immediatamente per non farli sentire abbandonati”.

La pandemia non ha colpito tutti gli studenti allo stesso modo. “Per i ragazzi più fragili ci sono due ordini di difficoltà che sono più evidenti in questo periodo”, spiega Franco Taverna, coordinatore di Exodus e dei progetti nazionali sulla povertà educativa. “Da una parte per chi vive disagi concreti, tangibili, come per esempio la ristrettezza economica che fa mancare il cibo, la condivisione di piccoli spazi insieme a tanti altri componenti della famiglia, la scarsa disponibilità di device per poter comunicare all’esterno. Solo due mesi fa in questi nuclei familiari il genitore (spesso è solo uno) qualche espediente di sussistenza ogni settimana lo trovava, le giornate si trascorrevano in massima parte fuori casa, la comunicazione con gli amici e gran parte delle relazioni avvenivano senza mediazioni tecnologiche. Ora la chiusura fa esplodere questi bisogni, e il limite/confine, se mai ci fosse stato, tra povertà economica e povertà educativa inevitabilmente si annulla”.

Ma il pericolo maggiore lo corrono quegli adolescenti fragili che vivono all’interno di famiglie disturbate o conflittuali. In molti casi i problemi sono davvero drammatici. “Devo dire che siamo stupiti della capacità di resistenza finora dimostrata, almeno in apparenza, dai ragazzi”, osserva Taverna. “C’è una ragazza che vive in casa con la mamma disabile, con due fratellini, il papà non c’è, ricevono ogni tanto un aiuto alimentare dalla Caritas e stanno in due locali dentro ad una casa popolare. In questi due mesi ha retto la famiglia, in tutti i sensi, ed è riuscita a seguire le lezioni sul cellulare. E come lei tanti altri. Ci sembrano miracoli”.

La didattica a distanza può funzionare in alcuni casi, ma spesso finisce per mettere a rischio la relazione educativa. “In verità non sappiamo che effetti potrebbe avere questa didattica a distanza sul lungo periodo”, sottolinea il coordinatore di Exodus. Gli educatori del progetto ‘Donmilani2: Ragazzi Fuoriserie', così come gli insegnanti, si ingegnano con corsi di musica, teatro, cucina e laboratori creativi su WhatsApp o su Zoom e Skype. “Un grosso problema sarà l’estate. Anche in questo caso: sarà un problema per tutti, ma molto di più per i ragazzi che già in partenza vivevano in condizioni di disagio. Con i nostri educatori ci stiamo già pensando, certamente, ma siamo sicuri che quello che abbiamo fatto finora non basterà”.

Non è detto, però, che dalle difficoltà non possa nascere un nuovo modo di fare scuola. Per questo Exodus insieme ad altre associazioni e onlus ha inviato una lettera aperta alla ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina, firmata anche da molti dirigenti scolastici e referenti di agenzie educative. “Ci auguriamo perciò che il nuovo anno scolastico che inizierà a settembre faccia tesoro di questa esperienza drammatica e straordinaria – sottolinea Taverna – e riesca finalmente a dare alla scuola quella necessaria valenza formativa fatta di apporti didattici e ricche relazioni educative all’interno della più ampia comunità sociale”.

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