Don Mattia Ferrari: “Strada tracciata da papa Francesco è irreversibile, la Chiesa non tornerà indietro”

Don Mattia Ferrari è stato tra i giovani sacerdoti più vicini a Papa Francesco, soprattutto negli ultimi anni, grazie al suo impegno accanto ai migranti ed ai rifugiati. Collaborando con Mediterranea Saving Humans e con Refugees in Libya, Don Mattia ha aiutato a far conoscere meglio al Papa la realtà dei lager libici e le attività di soccorso e salvataggio in mare da parte del mondo della società civile. I suoi incontri con Papa Francesco, sempre popolati di attivisti, dai migranti e quelli che si battono per il diritto all'abitare, sono sempre stati molto intensi.
Bergoglio ha dato benedizioni in videochiamata a chi soffriva nei lager libici, con il corpo consumato dalle torture, ha accolto in Vaticano chi è riuscito ad arrivare in Italia ed ha raccontato le violenze subite. Con Don Mattia proviamo a tracciare anche uno sguardo su quello che sarà il futuro della Chiesa dopo 12 anni di pontificato di Papa Francesco che ha preso una direzione molto precisa e netta verso i bisogni degli ultimi.

Cosa ci ha insegnato Papa Francesco? Qual è la sua eredita, il lasciato che consegna a tutti?
Lui fondamentalmente ci lascia il Vangelo, ci ha insegnato ad amare veramente, questo è quello che lui ha fatto per tutta la vita e per tutto il pontificato. Ci lascia questo grande insegnamento: cosa significa amare veramente. Ci lascia la considerazione della fraternità universale non come un ideale astratto, come un'utopia, ma come un sogno che può diventare carne.
Bergoglio è stato un Papa che metteva le mani nelle questioni sociali, un Papa "del fare", si può definire un modello diverso rispetto ad altri pontefici?
Non so se sia stato diverso, ognuno porta i suoi accenti e il suo carisma, ma in realtà la Chiesa anche prima di lui è intervenuta sulle questioni sociali. Lui ha portato chiaramente la sua grande capacità e il suo carisma, lui ha portato avanti qualcosa che già c'era, non ha introdotto delle novità. Ha portato un accento ulteriore sulle questioni sociali, questo sì.
Lo hai incontrato moltissime volte, soprattutto con i migranti, cosa è stato per te Papa Francesco?
Per me è stato veramente come un padre e un fratello maggiore. Anche a me ha insegnato ad amare veramente e ad amare con coraggio. Quando dicono che il Papa era scomodo, direi che sul piano personale era scomodo anche per me, perché pure io sento la tentazione dell'indifferenza, dell'individualismo. Ogni volta che parlavamo vinceva la mia tentazione di voltarmi dall'altra parte. Certe volte gli segnalavo delle situazioni in cui era difficile andare avanti, per aiutare delle persone, e invece lui è stato veramente scomodo per la mia coscienza, perché lui insisteva sempre ad andare avanti e a farlo amando veramente le persone.
Con te ha fatto le videochiamate nei lager libici
È stato un amico di Mediterranea Saving Humans, in una relazione che non era fine a se stessa, ma una relazione protesa verso le persone in Libia. Gli abbiamo fornito materiali, relazioni, ma lui ci ha fornito la forza di amare. In certe situazioni io glielo dicevo che era difficile fare di più, andare avanti, invece lui insisteva, sempre, e non solo con le parole, lui ha dato l'esempio. Quelle videochiamate erano un esempio. Per questo è stato scomodo perché spronava a fare di più.
Nel corso del suo pontificato è cambiata anche la rappresentazione della Chiesa, oggi ci sono tanti cardinali che arrivano dal Terzo Mondo, nella Chiesa del futuro i paesi più poveri avranno molta più voce?
Il processo era già iniziato con Giovanni XXIII, che istituì il primo cardinale africano. Chiaramente la Chiesa è sempre più presente in quei paesi ed è importante che non sia eurocentrica ma sia veramente mondiale, anche perché è il compito che gli ha dato Gesù, che non ha certo detto che la Chiesa doveva essere eurocentrica ma costruttrice di una fraternità universale. È un processo fondamentale perché non si può costruire una fraternità universale se c'è una parte del mondo che ha una centralità. Lui ha aiutato molto l'Europa a guardare al resto del mondo come fratelli.
Lui organizzava tanti incontri ecumenici, in questi incontri anche gli attuali cardinali hanno avuto modo di conoscersi, Papa Francesco si è impegnato a far conoscere tra loro quelli che entreranno in conclave?
Il mondo è grande, ma lui ha fatto tanto con i sinodi, ma è un processo che non dobbiamo guardare come qualcosa di compiuto, c'è ancora tanto da fare nel mondo. Lui ci lascia mentre c'è la terza guerra mondiale a pezzi, segno che la fraternità universale tutt'ora è rotta, lui ha fatto molto per ricucirla, ma ci lascia un compito importante a tutti noi e alla Chiesa, quello di fare di più, fare tanti passi verso la fraternità. Lo scenario mondiale come è noto è assolutamente cupo.
Come si raccoglie il testimone? La Chiesa sarà in grado di proseguire il percorso di Francesco?
Sarà in grado di farlo perché lui non ci ha lasciato solo un insegnamento a parole, ma ci ha lasciato un insegnamento fatto con i gesti. Lui non si è limitato a predicare, ma ha dato carne in prima persona a quello che predicava, ci ha tracciato una strada fatta di parole e gesti, di opere e di un modo di stare al mondo.
E questa strada è irreversibile?
Sì è irreversibile anche perché in tutte le cose che ha fatto non si è inventato nulla, ha fatto quello che diceva il Vangelo. La strada è assolutamente irreversibile. Una delle riprove è che tante realtà sociali non hanno costruito solo un rapporto con il Papa, ma prima ancora che un rapporto con lui c'è stato il rapporto con i vescovi. È anche nei vescovi il suo testimone, il fatto stesso che tantissimi vescovi, direi parecchie decine di vescovi, hanno accompagnato ad esempio Mediterranea, rappresenta il fatto che ci credono davvero. Questa immagine che vedeva il Papa avanti e determinato e i vescovi titubanti che frenano nella realtà è totalmente smentita. È un'immagine mediatica distorta. Tanti vescovi si sono mossi prima ancora del Papa.
Si discute molto del conclave e della possibilità che la Chiesa possa prendere una strada diversa, è un timore giustificato?
Questo timore non c'è, la riprova sta proprio nei vescovi come dicevo. Se avessimo sperimentato un episcopato che non voleva certe aperture ai movimenti ma che si era mosso perché lo aveva fatto il Papa, allora magari questo timore potrebbe esserci oggi, ma non è stato così. C'è stato un episcopato convinto di quell'impostazione, fatto di vescovi che credono nel Vangelo e che lo praticano, che chiaramente sono poi stati sostenuti dal Papa ma che si sono mossi prima del suo incoraggiamento.
Molti vedono il conclave con gli occhi di una partita politica
Le istituzioni civili sono sacrosante, ma funzionano in un modo in cui a volte succede che si alternano maggioranze, si fa e si disfa, ma perché le istituzioni civili si occupano di altro. Per quella che è la natura della Chiesa, quando tu hai quello che ha fatto Papa Francesco è assolutamente irreversibile, per natura e prosecuzione della Chiesa, non si torna indietro. Chi fa certi ragionamenti non conosce la Chiesa e non conosce il vangelo, chi li conosce sa che invece è irreversibile. Nessuna, tra le persone che sono state chiamate a essere i pastori della Chiesa, ha intenzione di cancellare questi processi. Percepisco anche io in giro questa paura, questa preoccupazione, ma posso dire che è una paura che si fonda sul fatto che non si conosce fino in fondo la Chiesa ed il Vangelo. Da uomo di Chiesa posso dire che possiamo essere ottimisti sul fatto che questi processi siano irreversibili. Poi chiaramente ognuno ha il suo carisma ed i suoi accenti, ma che la sostanza sia irreversibile e nessuno la voglia cambiare, possiamo assicurare.