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Covid 19

Domenico: “Mia mamma morta di Covid, per 20 giorni nessuno ha risposto alle nostre chiamate”

La denuncia di Domenico (Mimmo) Giordano, avvocato e docente universitario di Teramo, dopo la morte della madre per Covid: “Non ci vuol molto per comprendere che i medici di famiglia dovrebbero visitare i loro pazienti, interpretarne i sintomi e fare subito i tamponi, in modo da distinguere il Covid da un banale malessere stagionale”. In una lettera a sindaco e Asl ha scritto: “L’inefficienza pubblica uccide più del Coronavirus, che se diagnosticato per tempo si gestisce”.
A cura di Ida Artiaco
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"Abbiamo un problema. A Teramo non funziona la cosiddetta medicina del territorio, cioè non funzionano tutte quelle strutture che dovrebbero prendersi cura dei malati prima che si aggravino e giungano in condizioni disperate in ospedale". Comincia così la lettera che Domenico (Mimmo) Giordano, avvocato e docente universitario, ha inviato al sindaco di Teramo e ai vertici dell'Asl locale dopo la morte della madre, avvenuta per Coronavirus. Già nei giorni precedenti, il legale aveva raccontato su Facebook il proprio personale calvario, con entrambi i genitori in difficoltà respiratoria. Sotto accusa, secondo Giordano, il sistema di assistenza territoriale che non funziona, al punto da spingerlo a dichiarare che "l’inefficienza pubblica uccide più del Covid, che se diagnosticato per tempo si gestisce".

Ma procediamo con ordine. Il 10 novembre scorso Giordano condivide su Facebook un post con il quale racconta cosa è successo a sua madre, avvenuto cinque giorni prima. "Ho vissuto un incubo fra menefreghismo, negligenze, rimbalzi di competenze e di responsabilità – si legge -. Fatto sta che per venti giorni mai nessun medico (di base o della famigerata unità speciale) è mai venuto a dirci di cosa si trattasse. Mai nessuna cura per mio padre e medicinali dati a caso per mia madre. Per far arrivare una ambulanza ho dovuto smuovere le montagne. Purtroppo inutilmente perché mia madre è morta poche ore dopo. Io ancora non so se ho contratto o meno la malattia. Di certo negli ultimi giorni ho fatto proprio un bagno nel virus ma non potevo far morire i miei abbandonati da tutti davanti ai miei occhi". Qualche giorno dopo sullo stesso profilo social è stata pubblicata anche la lettera indirizzata a Gianguido D’Alberto, sindaco di Teramo, a Maurizio Di Giosia, manager Asl di Teramo e a Maurizio Brucchi, direttore sanitario Asl di Teramo.

"Non ci vuol molto per comprendere che i medici di famiglia dovrebbero visitare i loro pazienti, interpretarne i sintomi e fare subito i tamponi, in modo da distinguere il Covid da un banale malessere stagionale – ha scritto nella missiva -. Si dice che gli ospedali sono in affanno in questo periodo ma è inevitabile che ciò accada se chi dovrebbe intervenire prima non si attiva. L’Usca fa i tamponi con grandissimo ritardo, lo sanno tutti i malati ma anche i genitori dei bambini che vanno a scuola, gli insegnanti ed i presidi. Mi dicono che all’Usca, lavorano ragazzetti neolaureati muniti di buona volontà". E poi ancora: "Se, come si dice, siamo veramente in guerra, ho l’impressione che il nostro esercito sia composto da soldati semplici che combattono nelle prime fila mentre i tenenti si defilano ed i generali hanno le idee confuse. Se si vuole evitare la piena disfatta è ora di serrare le fila e di riorganizzare bene l’esercito, altrimenti sarà una Caporetto". Sul caso fonti della Asl, come affermato in un servizio del TgR, sostengono versioni divergenti ma nell'Usca di Teramo si escludono ritardi significativi. Tuttavia, è di poche ore fa la notizia dell'apertura di una inchiesta interna.

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