Disastro del Vajont, il ricordo del superstite Arnaldo Olivier: “Mio padre mi tirò fuori dal fango”
Per 35 anni, Arnaldo Olivier non ha mai raccontato a nessuno quello che ha vissuto la notte del 9 ottobre del 1963 a Longarone nel bellunese. Non raccontò a nessuno cos'era stato per lui e la sua famiglia la tragedia della diga del Vajont e le sue quasi duemila vittime: "Paesi, comunità, vite e generazioni distrutte per la bramosia di soldi, per mano di uomini che sfidarono le leggi della natura".
Lo incontriamo al Cimitero Monumentale delle Vittime del Vajont, "un luogo che cela i resti, poche ossa, qualche vestito, di tutti quei compaesani che nel giro di pochi secondi furono cancellati", racconta Arnaldo Olivier. "Io sono di Codissago, una frazione dove l'acqua di ritorno e l'onda confluirono per trascinare con loro tutto quello che incontrarono".
Metà del suo paesino fu distrutto. La sua casa restò in piedi per metà. "L'acqua mi trascinò al piano di sotto mentre ero a letto. Era tutto un vortice, avevo paura di sbattere contro un detrito, un tronco e rimanerci secco. Poi, aprendo le braccia, non ricordo neanche io come, riuscii a prendere mia madre. Finito tutto eravamo incastrati nel fango e nostro padre, a mani nude, ci tirò fuori".
Era appena un adolescente Arnaldo Olivier al tempo. Ma da quella notte, ogni notte della sua vita, "se sento un rumore, un qualsiasi rumore, mi devo svegliare per capire da dove proviene", incalza mentre ripensa a quei minuti e alla sua vita, la vita di tutte la valle, che cambiò inesorabilmente.
"Ora ne parlo, racconto quello che è stato il Vajont: una storia non è storia se non c'è nessuno a raccontarla", spiega Arnaldo Olivier, "guardo ai giovani, li accompagno nei luoghi della memoria, cerco di lasciare loro un ricordo nitido di questa tragedia, in cui l'uomo decise di sfidare la natura per avidità e bramosia di soldi".
Passeggiando tra le lapidi del cimitero monumentale, il signor Olivier scorge il nome della sua professoressa. Non l'aveva mai vista. "Guarda te, questa era la mia professoressa, e qui c'è suo marito, faceva il dentista". Poco più in là, una famiglia che si era trasferita da poco nel suo paese, "guarda questi, erano da poco venuti a Codissago da noi, lei aveva appena partorito un bimbo. Aveva 21 giorni. È la vittima più giovane del cimitero monumentale".