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Diritto allo studio, abbandoni e risorse: l’Università italiana in alto mare

Nel rapporto biennale dell’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca si evidenziano le carenze dell’apparato italiano: a fronte di un aumento delle immatricolazioni, il numero di laureati italiani rimane decisamente più basso rispetto alla media Ocse. Il sistema universitario italiano risulta essere sottofinanziato, soprattutto se si guarda alle risorse destinate alle borse di studio e alla ricerca scientifica.
A cura di Charlotte Matteini
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Il sistema universitario italiano non gode di ottima salute. È quanto emerge dal rapporto biennale elaborato da Anvur, l'Agenzia di valutazione del sistema universitario e della ricerca, pubblicato nel 2016. Il sistema italiano risulta essere sottofinanziato rispetto agli omologhi europei ed extra-Ue, avrebbe a disposizione minori risorse sia in termini di personale, sia di finanziamenti dedicati alla promozione di borse di studio e di ricerca.

Rispetto al periodo 2000 – 2015, il calo di immatricolazioni si sarebbe stabilizzato e, si evince dal rapporto Anvur, nell'ultimo anno preso in considerazione dall'analisi, il numero di immatricolazioni sarebbe addirittura aumentato leggermente, in modo disomogeneo se guardiamo ai dati parziali: +3,6% al Nord, +0,4% al Centro Sud. Secondo l'Agenzia nazionale, il calo delle immatricolazioni nell'ultimo quindicennio sarebbe il risultato del calo demografico della società italiana, del calo del numero di maturandi e dell'aumento del numero di studenti stranieri che, in media, tendono a iscriversi meno all'università. Tra gli immatricolati, il tasso di abbandono degli studi è pari a circa un terzo del totale.

Insomma, un iscritto su tre tende a lasciare l'università prima di conseguire il titolo di studio. Oltre all'alto tasso di abbandono, il sistema universitario italiano è caratterizzato da un basso numero di laureati, il più basso tra tutti i paesi dell'area Ocse: 200.000 laureati all'anno. Stando ai dati Anvur, solo il 24% dei cittadini italiani di età compresa tra i 25 e i 34 anni sarebbe in possesso di una laurea, ovvero 13 punti percentuali in meno rispetto alla media UE e 17 punti rispetto alla media Ocse. "Dai risultati della Survey of Adult Skills condotta nel 2012, l’Italia risulta all’ultimo posto nella graduatoria dei paesi partecipanti: solo il 3,3% degli adulti italiani raggiunge livelli di competenza linguistica 4 o 5 – i più alti – contro l’11,8% nella media dei 24 paesi partecipanti e il 22,6% in Giappone, il paese in testa alla classifica. Inoltre, solo il 26,4% raggiunge il livello 3 di competenza linguistica. Per quanto riguarda le competenze matematiche, solo il 4,5% degli adulti italiani ha competenze di livello 4 o 5 e il 24,4% ottiene il livello 3", si legge nel rapporto Anvur.

 

Per quanto riguarda il mercato del lavoro, dalle indagini si evince come la cultura universitaria ancora funga da porta d'ingresso nel mondo del lavoro. Come evidenzia il rapporto Anvur, tra il 2007 e il 2014 lo scarto tra il tasso di disoccupazione dei neolaureati e dei neodiplomati è passato da 3,6 punti a 12,3 punti in favore dei primi. Insomma, i dati evidenziano come al crescere dei livelli di istruzione il tasso di disoccupazione tenda a calare. Per quanto riguarda i laureati triennali si registra un tasso di occupazione pari al 66% a tre anni dal conseguimento del titolo, tasso di occupazione che sale al 70% per i laureati magistrali biennali e al 49% per quelli a ciclo unico.

Guardando allo stato dei conti economici relativi al sistema universitario italiano, il rapporto Anvur evidenzia delle pesanti carenze: il sistema appare sottofinanziato rispetto al resto d'Europa. Secondo i dati Ocse, la spesa in istruzione terziaria in Italia è inferiore alla media, sia in rapporto al numero di studenti iscritti all'università, sia in rapporto al Pil. Nel 2015, le somme destinate al finanziamento del sistema universitario e del diritto allo studio ammontavano a 7,25 miliardi di euro, nel 2016 sono previsti 7,34 miliardi.

 

Sul fronte del diritto allo studio non va meglio. L'Italia è sì uno dei Paesi europei in cui si pagano tasse universitarie tra le più basse, soprattutto se comparate a quelle richieste dalle università anglosassoni, per esempio. Ma nonostante questo elemento potenzialmente positivo, il basso costo dell'istruzione universitaria è accompagnato dalla scarsità di finanziamenti previsti per le cosiddette "borse di studio", destinate agli studenti meritevoli e, tendenzialmente, privi dei mezzi economici per poter far fronte al pagamento di tutte le spese direttamente collegate all'istruzione terziaria. Non solo le risorse destinate al "diritto allo studio" sono scarse, ma molto spesso i ragazzi che, stando alle graduatorie, risultano avere diritto all'erogazione di questi assegni di sostegno, spesso si ritrovano ad attendere per mesi, se non addirittura fino all'anno successivo, il versamento delle somme pattuite.

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