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Diritti umani, Amnesty a Fanpage: “Il futuro? Abbattere il patriarcato e promuovere giustizia climatica”

L’intervista di Fanpage.it a Alba Bonetti, presidente di Amnesty, in occasione del 75esimo anniversario della Dichiarazione dei diritti universali dell’uomo: “Molto rimane ancora da fare, soprattutto per quanto riguarda la violenza di genere e l’accesso in forma equa alle risorse del pianeta”.
A cura di Ida Artiaco
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“Non si possono non sottolineare le cose che non vanno dal punto di vista dei diritti umani. Se dobbiamo pensare a 75 anni fa, non possiamo non sottolineare anche i traguardi che sono stati raggiunti, anche se molto rimane ancora da fare, soprattutto per quanto riguarda la violenza di genere e l'accesso in forma equa alle risorse del pianeta”.

A parlare è Alba Bonetti, presidente di Amnesty International Italia, che ieri ha partecipato alla diretta Instagram di Fanpage.it insieme alla presidente di Emergency, Rossella Miccio, per celebrare i 75 anni della Dichiarazione dei diritti universali dell’uomo, facendo un bilancio su quanto fatto finora e allargando lo sguardo al futuro.

Con quale spirito Amnesty ha celebrato questo importante anniversario?

“Non si possono non sottolineare le cose che non vanno dal punto di vista dei diritti umani. Se dobbiamo pensare a 75 anni fa, allo spirito con cui la dichiarazione è stata scritta e gli effetti che ha avuto in questi tre quarti di secolo, non possiamo non sottolineare anche i traguardi che sono stati raggiunti, anche se molto rimane ancora da fare.

La caratteristica del percorso di affermazione dei diritti non è né lineare né progressiva, ma quello che si vede nella storia è che è inarrestabile, perché per quanto siano violati e ci siano le guerre, ci sono sempre milioni di persone che si battono e mettono a rischio la propria incolumità per affermare i diritti di uguaglianza che sono scritti nella Dichiarazione e questo è un tratto che ci dà speranza”.

Parliamo dell’articolo 5, dedicato alla tortura. Alla luce anche di quello che sta avvenendo nel mondo, in particolare in Iran, dove Amnesty si è molto battuta, quale bilancio si può fare?

“Per reprimere le proteste pacifiche i governi di tutto il mondo non esitano a ricorrere a qualsiasi mezzo, inclusa la tortura, ed è una cosa che succede appunto anche in Iran. Abbiamo ultimamente concluso le nostre indagini relativamente a degli episodi che sono accaduti durante la protesta Donna vita e libertà dell'autunno del 2022. Abbiamo raccolto le testimonianze di 26 uomini e donne e anche di 7 minori, che sono stati sottoposti a stupro e a violenza sessuale nelle carceri iraniane.

Di questi atti si sono resi responsabili gli agenti di polizia e, da quello che abbiamo raccolto, si sono verificati in almeno metà delle province del'Iran, il che ci porta a concludere che si tratta non di azioni isolate ma sistematiche, intese a intimidire e punire coloro che si erano uniti alla protesta delle donne che chiedevano maggiore libertà dopo la morte di Mahsa Amini. Su tutto questo non ci risulta che la magistratura iraniana abbia avviato nessuna indagine. Abbiamo anche scritto queste nostre conclusioni e la richiesta di consegnare alla giustizia i responsabili di questi atti ma non abbiamo ancora avuto risposta. Sicuramente la tortura, insieme alla pena di morte, è una delle cose che più offendono quello spirito di uguaglianza e dignità che la Dichiarazione proclama per tutti gli esseri umani”.

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Spostiamoci in Palestina per focalizzarci sull’articolo 9: Nessun individuo potrà essere arbitrariamente arrestato, detenuto o esiliato. Eppure, Amnesty International ha denunciato neanche un mese fa che le autorità israeliane hanno aumentato notevolmente l'uso della detenzione amministrativa nei confronti dei palestinesi in tutta la Cisgiordania occupata. Cosa dovrebbe fare secondo lei la comunità internazionale per far sì che questo diritto venga rispettato?

“Detenzione amministrativa significa sospensione dello stato di diritto. Vuol dire essere arrestati senza conoscerne i motivi e di conseguenza senza neanche potersi difendere, non avere accesso al giusto processo. Queste sono le basi del diritto in Europa e nel mondo dal Seicento in poi. Nessuno di noi penso che accetterebbe una condizione del genere. La detenzione amministrativa insieme alla tortura è un altro degli strumenti che gli Stati usano per reprimere il dissenso. A volte non lo usano in maniera selettiva e straordinaria ma in maniera sistematica come nel caso della Palestina, dove a noi risulta che ci siano almeno 2000 persone in queste condizioni nelle carceri israeliane.

Quello che deve fare la comunità internazionale è far valere il rispetto di una norma che è inclusa nel diritto internazionale. Questo è il principio della solidarietà tra stati: se viene leso uno qualunque dei principi che regolano il diritto delle persone viene leso per tutti. Siamo tutti a rischio.

Noi come Amnesty abbiamo denunciato sin dall'8 ottobre i delitti di Hamas contro il popolo israeliano ma anche la risposta di Israele nei confronti di Hamas e dei cittadini di Gaza. Abbiamo anche lanciato un appello ancora disponibile sul nostro sito con cui abbiamo raccolto 2 milioni di firme per chiedere il cessate il fuoco".

Cosa si augura per i prossimi 75 anni della dichiarazione dei diritti dell’uomo? E quali gli obiettivi?

“Questo è un momento drammatico, in cui siamo particolarmente sollecitati. Al momento i conflitti nel mondo sono quasi 60 ed è il momento con la più alta conflittualità dal 1945. Io direi alle persone che hanno voglia di impegnarsi per difendere i diritti umani di guardare in prospettiva. Il lavoro di costruzione di una umanità migliore e più solidale non si fa nel giro di una notte ma aggiungendo con pazienza un mattoncino sopra l'altro. Quindi faccio un appello a chi ci ascolta: chi sente senso di ingiustizia su di sé si unisca alle associazioni che fanno questo lavoro di rivendicazione attraverso l'impegno dei cittadini.

Penso anche che per uscire da questo periodo bisogna contrastare questa erosione diffusa dei diritti, bisogna ritornare allo spirito per certi versi eversivo della Dichiarazione universale. Ancora esiste la disparità di genere, bisogna abbattere il patriarcato e promuovere e affermare la giustizia di genere. Così pure non è rimandabile la questione della giustizia climatica: bisogna promuovere l'accesso in forma equa alle risorse del pianeta e assicurare l'uguaglianza a tutti”.

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