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Storie di italiani all'estero

“Dieci anni fa mi sono trasferita a Parigi, qui faccio un lavoro che in Italia non esiste”

Sono passati 10 anni da quando Chiara, 34 anni, ha deciso di trasferirsi a Parigi. Una città di cui si è subito innamorata e dove oggi lavora come ricercatrice. Anche se oggi sta valutando di trasferirsi di nuovo. “Tanti difetti della città cominciano a essere meno compatibili con quella che è la mia personalità. Ma non la prendo come una sconfitta”, ha spiegato a Fanpage.it.
A cura di Eleonora Panseri
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A destra, Chiara, ricercatrice italiana 34enne che vive da 10 anni a Parigi.
A destra, Chiara, ricercatrice italiana 34enne che vive da 10 anni a Parigi.
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"Non bisogna credere che noi expat viviamo solo cose positive e nessuna difficoltà. Ci sono tanti che trovano condizioni migliori di quelle che ci sono in Italia, certo, ma ognuno ha le sue mancanze, ci sono diversi lati negativi nell'espatrio. La nostra, come le altre, è una vita dove ci sono sia del bello che del brutto". Così Chiara, 34enne originaria di Caserta che lavora come ingénieur d'etudes nel campo delle neuroscienze, ha descritto a Fanpage.it la sua vita da emigrante.

Come tanti connazionali, ha deciso di lasciare il nostro Paese e 10 anni fa si è trasferita nella Ville Lumière, Parigi. Una città di cui Chiara si è subito innamorata e che non ha più lasciato. Anche se oggi sta valutando di trasferirsi di nuovo. "Alcuni difetti della città cominciano a essere meno compatibili con quella che è la mia personalità", ha spiegato. "Ma non la prendo come una sconfitta, a 34 anni ho semplicemente una mentalità e necessità diverse da quelle che avevo a 24!".

Da quanto vivi a Parigi e perché hai deciso di trasferirti?

Sono qui da 10 anni esatti. Mi sono trasferita perché già dalle superiori meditavo l'idea di fare un'esperienza all'estero, in una capitale europea. A questo si è aggiunto anche il fatto che dal liceo studiavo lingua e cultura francese e che Parigi mi avrebbe dato buone opportunità nel mio settore, la ricerca biomedica, perché ci sono istituti prestigiosi e riconosciuti a livello internazionale. In più, ero già stata in vacanza qui e c'era stato un innamoramento iniziale molto forte. Volevo vivere in una metropoli. Io vengo da Caserta, una città del Sud grandina ma non come Napoli o Roma. Anche a livello di opportunità e mentalità è molto diversa dalle grandi città, quindi ero incuriosita da come fosse vivere in una realtà del genere.

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Di cosa ti occupi lì?

Ricopro una posizione che in Italia non credo abbia equivalenti, si chiama ingénieur d'etudes. Sono un'assistente di ricerca e lavoro su vari progetti, ultimamente soprattutto nel campo delle neuroscienze. Negli ultimi anni ho cambiato laboratori molto spesso perché ho avuto contratti brevi, di 2-3 anni, ma nonostante l'apparente precarietà ho sempre lavorato, sono stata ferma solo un mese o due senza lavorare. Le offerte si trovano, bisogna darsi da fare e fare network.

E se qualcuno pensasse ‘Ah, ma è come l'Italia', posso dire che a livello di stipendio ho una situazione molto più comoda di quella che avrei avuto lì. Chiaramente non sono ricca, però anche in una città carissima come Parigi me la sono sempre cavata bene finora: ho avuto contratti in regola, pagato le tasse, versato contributi. Ho avuto una buona indipendenza economica. Anche se non mi sento di generalizzare, tutto dipende da cosa si cerca e dall'opportunità, non sempre si capita nel posto giusto al momento giusto. Bisogna fare riferimento al caso e al network che una persona riesce a crearsi.

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Come sono le persone lì? È vero che un po' "ci odiano"?

In 10 anni questo resta un mistero! Le persone che ho conosciuto mi hanno sempre detto di essere amanti dell'Italia, degli italiani, del nostro cibo, delle nostre città. Questo fa piacere perché sfata molti stereotipi. I francesi sono anche molto simpatici e interessanti, capaci di parlare di qualsiasi cosa e che amano la convivialità. È solo un po' più difficile fare amicizia perché spesso capita di entrare in contesti in cui le persone hanno amicizie strette dall'infanzia e non hanno, come noi italiani, quella spontaneità e facilità di far entrare estranei nella nostra cerchia di amici. Ci vogliono tempo, pazienza e rispetto per il concetto della privacy che per loro è molto importante.

E con la lingua com'è andata?

Io consiglio di imparare il francese appena possibile, di avere delle basi da potenziare qui. Purtroppo, in linea generale, l'inglese è molto scarso e le persone non hanno molta voglia di parlarlo, forse perché non lo insegnano molto bene. Quindi, consiglio di venire qui già con un buon livello. E poi bisogna lanciarsi, non avere paura di sbagliare, solo così si può ottenere la fluidità, con la pratica.

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Quali sono le differenze con l'Italia che hai notato e che senti di più? Cosa ti manca?

Sicuramente il modo di relazionasi, le persone sono davvero riservate e credo che nella loro cultura sia considerato un po' invadente, per esempio, chiedere subito il numero di telefono e invitare a cena qualcuno. C'è meno spontaneità nel gestire i rapporti. E poi qui per ogni cosa bisogna prendere in mano l'agenda. Questo fa parte della vita adulta ma quando vivevo a Caserta questo non accadeva, anche con amici che non hanno figli o non sono sposati a Parigi bisogna organizzarsi sempre con largo anticipo e questa è una cosa che soffro un po', ma bisogna adattarsi.

La famiglia sicuramente mi manca: tanti eventi, così come i lutti, li ho affrontati a distanza. È difficile, ma ho imparato a conviverci. Così come lo hanno fatto i miei familiari. Non mi hanno mai rinfacciato di essere lontana, anzi, mi dicono che bisogna accettarlo, che mi sono adattata bene e mi incoraggiano. Come dico sempre io, non bisogna pensare che noi che siamo all'estero abbiamo solo cose positive e nessuna difficoltà. Ci sono tanti expat che trovano condizioni migliori di quelle che ci sono in Italia ma ognuno ha le sue mancanze, sono i lati negativi dell'espatrio. Quindi, vediamola come una vita dove ci sono sia del bello che del brutto.

Perché hai deciso di rimanere così tanti anni a Parigi?

Mi sono resa conto che le opportunità per me qui non mancavano, nella società parigina mi trovavo bene e non proiettavo la mia vita in altri posti. Per questo ho sempre vissuto e lavorato qui. Non ho mai preso in considerazione di tornare in Italia ma, dopo 10 anni, Parigi è molto cambiata, anche in negativo.

Stai valutando quindi di trasferirti di nuovo?

Sì, dal 2019 sto pensando di andare a vivere altrove perché alcuni difetti della città cominciano a essere meno compatibili con quella che è la mia personalità. Senza fretta, perché sono decisioni da non prendere alla leggera, io e il mio compagno francese stiamo valutando un secondo espatrio in un altro Paese. Ma tutto dipenderà ovviamente dalle opportunità che si presenteranno, visto che so quanto può essere difficile trasferirsi all'estero, rifletteremo bene sulla destinazione e le tempistiche.

Tanto ormai mi considero un' "emigrante stagionata"! L'ho fatto una volta, so quali sono i limiti, i pregi e difetti, e in caso di trasferimento so a cosa andrò incontro. Alcune cose di Parigi, se me ne andrò, mi mancheranno. Altre no. Ma non si può avere tutto, tutto dipende da cosa è meglio per noi e in quale fase di vita ci troviamo. Stiamo valutando il Nord Europa. Ci sono stata da viaggiatrice ma so che per il mio settore ci sono opportunità migliori e stipendi più alti.

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Cosa non ti piace più? E cosa invece ami della città?

Adesso Parigi mi piace meno rispetto a dieci anni fa, quando era la città unica al mondo, la mia preferita, perché avevo 24 anni. Ora che ho una vita di coppia, sono più avanti con la carriera, comincio ad avere esigenze diverse. Anche se non la prendo come una sconfitta, a 34 anni ho semplicemente una mentalità diversa. Quello che purtroppo mi preoccupa di Parigi in questo momento sono la questione sicurezza e la pulizia. Le persone sono aumentate e ci sono spesso scontri, c'è un sentimento di pericolo generale che limita un po' la mia tranquillità.

A livello collettivo devo anche dire che si dovrebbe lavorare di più sul senso civico delle persone. Nonostante quello della fraternité sia un valore importantissimo della Costituzione, un principio che comprende anche il sapere vivere insieme agli altri, chi vive qui è poco attento a questo aspetto. Mi riferisco sempre a Parigi e non alla Francia in generale, vorrei sottolinearlo. E non faccio di tutta l'erba un fascio, ma sotto questo aspetto penso che la città possa migliorare.

Anche se non sputo nel piatto in cui mangio da tanti anni: ci sono difetti ma questa città mi ha anche dato delle bellissime opportunità, a livello culturale è pazzesca, non ci si annoia mai, ci sono tante iniziative anche gratuite. A livello di stimoli è una delle città più interessanti.

A chi consiglieresti Parigi come città dove trasferirsi?

Parigi è una metropoli e non è sempre facile da vivere, le situazioni sono diverse rispetto al quartiere e al budget di cui si dispone. Se siete dei professionisti nei campi dell'Ingegneria, dell'Economia e della Finanza, qui le opportunità sono tantissime e pagate bene. Se invece siete ricercatori, insegnanti o professionisti negli ambiti della cultura, direi di valutare bene i contratti che vengono offerti. L'aspetto economico, anche se non è fondamentale, è importante: la città costa tantissimo e il fatto di non farcela a fine mese potrebbe causare frustrazioni.

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Consiglio Parigi se siete amanti della vita frenetica di una metropoli, se amate la vita dinamica e un contesto stimolante a livello culturale, è il posto che fa per voi. Anche se non posso dare un giudizio universale, oggettivo, perché dipende da cosa cercano le persone. Se invece preferite una vita più appartata o siete amanti della natura, chiaramente meglio la campagna francese o qualche città della periferia, perché potreste trovarvi male in poco tempo.

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