“Dicevano che per me era pronta la ruspa”, il racconto delle angherie subite da padre e figlio arrestati
Nelle carte dell'inchiesta sulla cosca Pesce di Rosarno, che oggi ha portato all'arresto di Domenico e Rosario Arena, padre e figlio, ci sono le minacce all'ex moglie di Rosario che si è rivolta ai pm della Dda di Reggio Calabria a cui ha raccontato le angherie subite in famiglia dopo che ha deciso di interrompere la loro relazione.
Secondo gli inquirenti, mentre era ancora detenuto, Rosario Arena avrebbe detto all'ex moglie che "avrebbe sistemato tutto" una volta fuori dal carcere. Il padre invece, utilizzando un falso profilo Facebook, avrebbe pubblicato frasi indirizzate alla donna come "dovrai morire di fame" e, successivamente, in uno scambio di messaggi "le offriva la somma di 100mila euro se fosse tornata a vivere con il figlio".
"Della famiglia Arena – ha dichiarato lei ai pm – so che non hanno mai lavorato onestamente. In generale già durante la mia vita matrimoniale ho subito numerose volte minacce del mio ex suocero e dal mio ex marito, che mi hanno più volte detto che per me era già pronta la ruspa, volendo intendere che mi avrebbero appunto uccisa e seppellita. Quando ho lasciato Rosario, il 13 novembre 2018, Arena Domenico, il mio ex suocero, mi ha detto che sarebbe venuto sotto casa, avrebbe distrutto tutto e ci avrebbe uccisi, infatti ho denunciato questo evento presso la tenenza di Rosarno".
Il suocero e il marito pretendevano che lei prendesse parte attiva agli affari illeciti della famiglia, e anche che avesse con il suocero atteggiamenti sessuali promiscui e confidenziali. "Ricordo che mio suocero proponeva a noi donne della famiglia di occuparci della coltivazione di sostanza stupefacente. Mio marito mi chiamava ‘pentita'… mi alzava le mani addosso, mi abbandonava 3-4 notti, e diceva che se ne andava per colpa mia", ha dichiarato lei.
Le indagini da cui scaturiscono i provvedimenti restrittivi per padre e figlio hanno consentito di attribuire agli indagati, allo stato degli atti gravi condotte estorsive – perpetratesi per lungo tempo- e violenze private, tutte aggravate dalle finalità mafiose, avvenute a Rosarno e Cinquefrondi.
Tra le altre minacce anche quelle a un medico costretto a redigere un falso certificato per consentire a un indagato di eludere il carcere e una cooperativa che per 18 anni è stata costretta a pagare quello che era diventato, di fatto, uno stipendio mensile pur in assenza di un rapporto di lavoro.