Giulia Cecchettin è la 105esima donna uccisa nel 2023. La 82esima in ambito familiare. Un dramma in seguito al quale la famiglia di Giulia, col papà Gino e la sorella Elena, hanno chiesto di “far nascere qualcosa perché non accada più”, di “fare rumore” e di denunciare, sempre. Se avete voglia di condividere le vostre testimonianze, Fanpage.it è aperto a voi. Scriveteci a segnalazioni@fanpage.it o cliccando qui. Se sei vittima di stalking o violenza chiama il numero 1522 – gratuito e attivo 24h su 24h. Pubblichiamo di seguito una testimonianza arrivata alla nostra redazione.
La lettera a Fanpage.it
Ho 21 anni e sono una vittima di violenza psicologica e quasi fisica da parte di un uomo che diceva di amarmi. Siamo stati insieme dai miei 17 ai 20 anni, io credevo fosse l'uomo della mia vita, che ci saremmo sposati. La mia più grande salvezza è stata quella di aprirmi e parlare con un'amica, che ha riconosciuto la violenza che subivo.
I primi tempi erano normali, era tutto meraviglioso, poi iniziò una gelosia eccessiva che mi portava a mentire per evitare discussioni. Mentivo costantemente perché per lui la colpa se un uomo ci provava era solo mia, perché io mi atteggiavo per avere attenzioni, perché io me la cercavo. Poi il mio capo iniziò a mostrare atteggiamenti un po’ strani nei miei confronti, lui era un uomo di 50 anni, glielo raccontai e la sua risposta fu che io che io ero una t***, e che non sapevo respingerlo perché avevo paura mi avrebbe tolto dal piedistallo.
Voglio precisare che io e lui lavoravamo insieme e quindi poteva vedere tutto quello che succedeva, io non facevo nulla, e nemmeno il mio capo, ma siccome io ero arrivata dopo di lui, ed ero più brava secondo il nostro capo, lui iniziò ad accusarmi di farmela di nascosto con lui. Ovviamente non era vero, io amavo lui solo lui. L’anno successivo lui non venne richiamato, io sì, e questo per lui fu un grande colpo.
Una sera avevamo litigato, io tornavo da lavoro, avevo parcheggiato in un posto buio dove per tutta l'estate avevo parcheggiato e per tutta l'estate non avevo mai avuto paura di andare a prendere la macchina. Quella sera però me lo sentivo che c'era qualcosa di strano. Entrai in macchina pensando "ok, entro e mi chiudo dentro con la sicura" e invece nell'entrare in macchina non ho fatto in tempo a chiudere che lui mi aprì lo sportello del passeggero si mise lì e chiuse lui con la sicura.
Io iniziai a tremare, non ho mai avuto così tanta paura in vita mia, aveva gli occhi di fuoco, perché io non gli avevo risposto, ma non l'avevo fatto perché stavo lavorando e lì non potevo usare il telefono. Iniziò a urlare sempre più forte, fino a sbattere tutto quello che aveva tra le mani (ho avuto paura scoppiasse l'airbag per quanto era forte).
Gli chiesi di scendere e di andare via, e lui non voleva ovviamente, poi iniziò a cercare di baciarmi perché forse si era reso conto, ma io non volevo e questa cosa lo fece incavolare ancora di più. Lì ho avuto più paura che mai, la voce era cambiata, io iniziai ad avere un attacco di panico e piansi, a quel punto mi lasciò stare ma solo con la promessa che avevamo fatto pace e che io l’amavo.
Nel viaggio dal parcheggio a casa piansi tutte le mie lacrime e prima di salire mi tolsi il mascara colato, e sfoggiai un sorriso per i miei che erano svegli. Sono rimasta in silenzio su questo episodio e su molti altri che ho subito, come quella volta che era arrabbiato e siccome c'erano i miei a casa fece finta di non esserlo, ma non appena loro uscirono, lui iniziò una scenata che spaventò una mia amica che viveva accanto a me (e a cui non raccontai la verità).
Fece per darmi anche un pugno in faccia, mentre io restavo in silenzio. Una volta minacciò di svegliare tutti i miei familiari con il clacson alle 3 di notte se io non fossi scesa a chiarire con lui, sbagliando andai e lui non mi disse nulla, iniziò a correre con la macchina a velocità assurde (150km/h) in centro abitato, e quando gli chiesi di scendere, mi disse che me lo meritavo, mi meritavo di avere paura, e che era contento che il mio percorso universitario fosse in un punto critico perché anche il suo lo era.
Io non parlavo di queste cose con nessuno perché pensavo che nessuno mi avrebbe creduto, pensavo che tutti mi avrebbero detto che chi subisce violenza la subisce con la morte, o con i lividi, e che quello prima può succedere, che alla fine non è successo niente, io però me le ricordo le emozioni che provavo. Ricordo tutto.
Ora non riesco più ad andare con un uomo in macchina senza avere paura, se siamo in due io non riesco a stare tranquilla, ho attacchi di panico per questo, sto cercando di sopravvivere con uno psicologo. Solo sua zia era al corrente di tutto, con lei io avevo un rapporto ma non fece nulla. Non mi ha mai detto "questa è violenza, scappa" ma anzi, cercava di dirmi che ci avrebbe parlato, ma che non sapeva come fare perché lui non era al corrente di questo mio rapporto con lei.
Quando io ho avuto la forza di lasciarlo, lei mi ha scritto un messaggio in cui diceva che ora capiva perché lui aveva fatto quello che aveva fatto, fondamentalmente perché io ero una st***.
Sono riuscita a lasciarlo perché sono andata a vivere fuori, e la distanza mi ha permesso di vedere quello che succedeva, io avevo paura di rovinare l'immagine di lui ai miei genitori, che poi mi avrebbero obbligato a lasciarlo e io forse non ero pronta, perché alla fine ero innamorata del mio carnefice, anche se a volte mi svegliavo di soprassalto pensando di essere finita in un sacco nero, con lui che mi chiudeva con una nastro adesivo.
Io avevo paura che qualsiasi cosa potesse farlo arrabbiare. Se sono libera è anche grazie a una mia cara amica che ha riconosciuto la violenza: senza di lei forse non avrei mai saputo riconoscere quanto mi succedeva. Il mio più grande incubo è trovarlo in giro, guardarlo, riconoscerlo tra la gente della città in cui vivo. Questa storia mi ha lasciato segni indelebili.
La cosa più brutta è che le persone a lui care, ma anche le mie, hanno una immagine di lui di ragazzo perfetto, che ho lasciato per la distanza e perché pensavo al mio futuro e non a lui. Avrei voluto un confronto con lui, ma non è minimamente consapevole, non sa il male che mi ha fatto, dice che mi sono inventata tutto e che cerco di far ricadere la fine della relazione su di lui.
Quando ho sentito l'intervista di Elena, la sorella di Giulia Cecchettin, che diceva che lei aveva paura di lui e che poi però minimizzava tutto, mi ha fatto pensare che sono fortunata a essere viva, perché il mio ragazzo non era meno violento del suo.
Molte mie amiche col tempo mi hanno chiesto perché non ho denunciato, la risposta è che io non mi voglio sentire più una vittima, cosa che sono già stata, e che sapere che ci sono persone che saranno pronte a minimizzare tutto, a farmi passare per pazza, non lo reggerei.
Questa è la mia storia: se servirà per salvare la vita di qualcuno, sarò contenta.