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Deve operarsi a Roma per un tumore: a Olbia le negano l’imbarco perché ha una sola dose di vaccino

Una donna cagliaritana in partenza verso l’Ospedale Gemelli di Roma, dove si sarebbe dovuta operare a un tumore, si è vista negare l’imbarco a Olbia perché sprovvista del Green Pass.
A cura di Davide Falcioni
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Una donna cagliaritana in partenza verso l'Ospedale Gemelli di Roma, dove si sarebbe dovuta operare a un tumore, si è vista negare l'imbarco a Olbia perché provvista solo della prima dose di vaccino – fatta tre giorni prima – e di un tampone effettuato il giorno stesso. La donna, che era in attesa del Green Pass ed aveva con sé il certificato del proprio medico attestante l'avvenuta vaccinazione, è stata quindi costretta a saltare l'intervento. "Mia moglie doveva subire un intervento urgente mercoledì 12 gennaio al Gemelli di Roma, perché affetta da tumore", ha raccontato all'AdnKronos il marito Giuseppe. "Avendo noi fatto il vaccino il 7 gennaio, e non essendo dunque ancora trascorsi i 15 giorni per l'arrivo della certificazione verde, abbiamo ottenuto dal nostro medico un certificato che attestava come io e lei, io come accompagnatore perché lei è invalida al 100%, potessimo partire".

Il 10 gennaio la coppia ha raggiunto il porto di Olbia per salpare con una nave diretta a Civitavecchia. "Siamo andati al porto convinti di poter partire. Prima di andare, per sicurezza avevamo fatto anche il tampone", spiega Giuseppe. Il primo controllo è ok, poi i due arrivano all'imbarco. "Sotto la nave ci hanno chiesto il Green Pass, sostenendo che tutto quello che avevamo non bastava – racconta -. Ci hanno mandato alla biglietteria, da lì al comandante, e poi di nuovo alla biglietteria. Si sono fatte le 22, e a quel punto non ci hanno fatto partire". L'intervento chirurgico è stato quindi rimandato. "Siamo dovuti tornare a Cagliari e mia moglie ha fatto tutto il viaggio in lacrime. Siamo segregati, ai domiciliari. Da Roma a Milano posso andare in macchina, ma da Cagliari? Dalla Sardegna? Questa è discriminazione, siamo in un apartheid".

La coppia ha deciso di rivolgersi all'Anas, l'Associazione Nazionale Azione Sociale: "Senza entrare nel merito delle polemiche vax-no vax, ci sembra assurda la condizione di intrappolamento in cui versano oggi i sardi a seguito delle norme del governo – spiega all'Adnkronos il presidente Anas Sardegna Claudio Cugusi – e che ancora una volta dimostrano quanto sia penalizzata la Sardegna rispetto all'Italia. È una condizione atavica che diventa ancora più drammatica in questo momento in cui si traduce, nei fatti, in cure negate". Giuseppe e sua moglie dovranno ora attendere la seconda dose, programmata per il 4 febbraio. "Mia moglie non sta bene non solo fisicamente, ma anche psicologicamente. È preoccupata, non doveva succedere che un paziente subisse questa situazione", dice accorato Giuseppe, spiegando che "l'ospedale si è reso disponibile ad attendere, ma questa storia è una vergogna, e noi vogliamo che sia fatta chiarezza. Perché stiamo vivendo in un regime, non è accettabile. In questi momenti, vedendo mia moglie così, mi vergogno di essere italiano".

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