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“Detenzione ingiusta”, jihadista ucciso in Siria rimborsato dall’Italia con 60mila€

Brahim Garouan, prima di essere assolto, trascorse 8 mesi e 8 giorni in carcere insieme al padre ed ad un altro maghrebino. All’estero è considerato un jihadista, ma per la giustizia italiana no. Il giovane sarebbe stato poi ucciso nel corso di una battaglia tra terroristi.
A cura di B. C.
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Brahim Garouan, magrebino, tre anni fa era stato arrestato dalla Digos con l’accusa di addestramento al terrorismo. Lui che all'estero è considerato un jihadista e che sarebbe morto in Siria mentre combatteva contro l'esercito di Assad. Ora però, come riporta il Quotidiano Web,  la giustizia italiana si è accorta di essere caduta in errore e lo ha risarcito con 60mila euro. Garouan non è una terrorista. La Procura di Catanzaro, dopo averlo tenuto sotto torchio per mesi e mesi insieme ad altri due connazionali. Alla fine però non ha potuto far altro che rilasciarli, in mancanza di prova, e ne ha chiesto al gip l’archiviazione del caso. E oggi lo Stato li risarcisce con 180 mila euro per l’ingiusta detenzione subita. La motivazione? “Il terrorismo virtuale non è reato”.

Assolto dallo Stato italiano, ucciso in battaglia in Siria

La vicenda risale a tre anni fa: Brahim Garouan, suo padre Mohammed, imam di Sellia Marina (Catanzaro) e Younes Dahhaki vengono arrestati con l'accusa di essere addestratori degli estremisti. Gli investigatori trovarono molto materiale, compresi alcuni video in cui si spiegava ai potenziali jihadisti come realizzare a casa, ad esempio, una cintura esplosiva o come diventare un bravo cecchino. Nei filmati si vedevano anche le immagini tratte dai siti islamici più oltranzisti, con l’esecuzione di alcuni militari iracheni per mano dei jihadisti. Ma le accuse per la Cassazione non reggono. I giudici della Suprema Corte rimettono i tre magrebini in libertà, confermando la decisione assunta dai giudici del Tribunale del riesame: “il terrorismo virtuale, fatto di manuali e corsi di formazione, finalizzati a formare il perfetto terrorista, capace di puntare e colpire l’obiettivo da infallibile cecchino, così come di preparare e utilizzare l’esplosivo, per far saltare in aria i mezzi militari dei paesi occidentali presenti in Iraq, non è reato”. La famiglia Garouan lascia subito l’Italia per tornare in Marocco. Ad aprile il ragazzo sarebbe morto, almeno secondo quanto afferma il giornale locale, in un bombardamento in Siria. Ora la sentenza: 62mila euro a Dahhaki, 60mila a Garouan.

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