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Detenuto di 21 anni si suicida in carcere: indagati per omicidio colposo due agenti di polizia penitenziaria

Due agenti di polizia penitenziaria sono indagati per omicidio colposo dalla Procura di Genova per la morte di Amir Dhouiou, il detenuto di 21 anni che si è tolto la vita il 4 dicembre nel carcere di Marassi. Gli investigatori vogliono capire se la sorveglianza a cui doveva essere sottoposto sia stata svolta correttamente o se non ci fosse modo per evitare il gesto, nonostante tutti i controlli.
A cura di Eleonora Panseri
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Immagine di repertorio
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Due agenti di polizia penitenziaria sono indagati per omicidio colposo dalla Procura di Genova per la morte di Amir Dhouiou, il detenuto di 21 anni, di origini tunisine, che si è tolto la vita il 4 dicembre nel carcere di Marassi.

La pubblico ministero Gabriella Dotto aveva aperto subito un fascicolo e aveva incaricato gli investigatori di acquisire le immagini di videosorveglianza per capire cosa fosse successo con esattezza. Il giovane, accusato di furto e resistenza, si è impiccato nel bagno della cella.

Aveva già tentato di uccidersi ed era stato messo al centro clinico, la sezione speciale nella quale sono ospitati reclusi con particolari problemi di salute e monitorati tutto il giorno. Per questo gli investigatori vogliono capire se la sorveglianza a cui doveva essere sottoposto sia stata svolta correttamente o se non ci fosse modo per evitare il gesto nonostante tutti i controlli.

"Riponiamo totale e incondizionata fiducia negli organi inquirenti e siamo i primi a volere che si faccia piena luce sull'accaduto. Di certo, però, la polizia penitenziaria non può continuare a essere lasciata sola con i suoi appartenenti costretti, loro malgrado, ad affrontare procedimenti penali e disciplinari andando incontro di tasca propria a spese legali unite a ripercussioni negative sullo stipendio e sulla carriera, anche quando dopo molto tempo, in una sorta di inversione della presunzione d'innocenza, riescano a dimostrare la correttezza del loro operato", ha commentato Fabio Pagani, segretario della UILPA Polizia Penitenziaria.

L'apertura del fascicolo "ripropone, ove mai ve ne fosse bisogno, il tema della tutela di quanti vivono e lavorano in carcere. I primi poiché dovrebbero scontare la pena e le misure cautelari in un contesto di legittimità e sicurezza, che nella realtà pare molto prossimo all'utopia, – aggiunge –  i secondi perché a loro volta dovrebbero avere gli organici e gli strumenti per poter assolvere alle loro funzioni in maniera efficace, dignitosa e senza dover essere costretti a difendersi per lo sfacelo delle carceri di cui dovrebbe essere indagata tutta la politica che ha governato almeno negli ultimi 25 anni".

Nel carcere di Genova si contano quest'anno quattro suicidi. Nelle case circondariali ci sono 14mila detenuti in più, 18mila unità del Corpo di Polizia penitenziaria in meno, omicidi, risse, rivolte, aggressioni, traffici illeciti, disorganizzazione imperante.

"Questo – afferma ancora Pagani – è il contesto in cui si opera. Uno Stato che imprigiona per la violazione di leggi, ma che sistematicamente e scientemente non osserva altre leggi che si è dato, neppure nei confronti dei suoi stessi servitori, per giunta posti a presidio delle leggi. Un corto circuito per il quale i governanti degli ultimi decenni dovrebbero rispondere, probabilmente, non solo sotto il profilo politico e morale".

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