Detenuto denuncia abusi in cella, onorevole M5s in visita ispettiva: “Spinto e insultato”
"Il detenuto Rachid Assarag, oggi in carcere a Piacenza, è in pericolo di vita? Già in passato ha denunciato con registrazioni audio violenze, minacce, intimidazioni e violazioni della sua dignità in varie carceri italiane, tra le quali Prato e Parma. Ma "le violenze continuano. Oggi ho potuto constatare di persona quanto sta succedendo nel carcere di Piacenza, in merito a quanto denunciato dallo stesso Assarag. Una chiazza enorme di sangue sul pavimento, sangue anche sul materasso totalmente bagnato, ematomi da violente percosse al di sotto le gambe, i pantaloni strappati, un occhio pesto. Tutto questo in una cella dalle condizioni gravi e intollerabili con finestra chiusa, senza acqua e con feci nel wc. La polizia penitenziaria e la vice direttrice hanno provato a smentire quanto era chiaramente visibile”. Questo è quanto ha visto il deputato Vittorio Ferraresi, del Movimento 5 Stelle, a seguito di una sua ispezione a sorpresa accompagnato dall’avvocato difensore di Assarag, Fabio Anselmo. Ma non è tutto qui, perché Ferraresi è stato "allontanato con la forza e con spinte, sono stato offeso mentre cercavo di documentare con un cellulare quanto stava avvenendo. Ho avvertito un pesante clima di intimidazione anche nei miei confronti e mi è stato impedito di continuare la mia ispezione con la forza, sono stato offeso dalla vicedirettrice, nell’esercizio del mio mandato ispettivo parlamentare, semplicemente perché cercavo di ribadire che le carceri non sono luoghi di tortura e di barbarie. Quanto è avvenuto è gravissimo e non ammissibile”.
La Polizia Penitenziaria replica alle accuse
Accuse rispedite al mittente dalla Uil penitenziari, che stigmatizza il gesto di Ferraresi, che aveva provato a documentare la situazione con lo smartphone "mettendo a rischio la sicurezza carceraria e, forse, consentire ad un detenuto di venire in possesso di oggetti di comunicazione non consentiti". Clima intimidatorio e cupamente aggressivo da parte degli agenti penitenziari, invece, è descritto dal legale Anselmo, che ha incontrato Rachid a seguito di nuove denunce di pestaggi e altre inquietanti circostanze raccontate dal detenuto. Per questo, il deputato Ferraresi ha inviato una mail al ministro della Giustizia, Andrea Orlando, che si chiude così: "La invito ad adottare immediatamente tutti i provvedimenti necessari per garantire l’incolumità e la dignità del detenuto. Qualsiasi cosa dovesse succedere da adesso al detenuto Rachid Assarag Lei sarà ritenuto responsabile, e non potrà certo dire che non sapeva o che non fosse stato informato, vista anche l’interrogazione che a suo tempo presentai (2-01283) discussa il 26.2.2016, in cui il sottosegretario Ferri non rispose alla mia domanda in merito a quali azioni sarebbero state intraprese per mettere al sicuro Assarag da eventuali ripercussioni per le sue denunce". Intanto, Rachid non si arrende. Alla presenza dell'avvocato Anselmo ha scritto di suo pugno una dettagliata denuncia che Fanpage mostra in esclusiva, nella quale il detenuto afferma di riconoscere i suoi aggressori, agenti penitenziari, e descrive la situazione che avrebbe coinvolto il deputato Ferraresi. E' in sciopero della fame e della sete Rachid, dice che non gli viene data acqua per lavarsi ma che comunque ora non si lava perché vuole essere visitato da un medico legale, per "accertamenti sul sangue che sporca i miei vestiti e sulla saliva (che si è seccata sul mio viso e forse anche sui miei vestiti) sputata da un ispettore capo che mi ha picchiato".
Denunciati pestaggi e intimidazioni
Su presunti pestaggi e intimidazioni, sul clima per nulla rassicurante, su presunte gravi violenze all'interno del carcere di Piacenza c'è anche una denuncia che Fanpage.it ha potuto visionare, presentata solo il giorno prima ai Carabinieri dalla moglie di Rachid, Emanuela, nella quale si legge di ritorsioni e pestaggi su suo marito e su altri detenuti, oltre alla somministrazione di psicofarmaci al posto di antidolorifici. Particolarmente cruda la descrizione del presunto pestaggio su Rachid, che sarebbe avvenuto con la stampella della quale si serve il detenuto per camminare. Un pestaggio del quale Rachid presenterebbe evidenti segni sul corpo, come descrive anche il deputato Cinquestelle.
"M. entra per primo, lo sbatte a terra e tenendolo fermo al pavimento, stringendogli la gola, gli sputa in faccia, lo insulta e gli tira dei pugni – racconta la moglie ai Carabinieri – Poi lo girano a pancia in giù e due agenti gli tengono ferme le mani, con i piedi. Cercano di togliergli i pantaloni ma non ci riescono e li strappano dietro le cosce. Allora Rachid dice che se lo lasciano, lui slaccia i cordini (sono pantaloni tipo tuta). Gli tolgono i pantaloni, gli alzano la maglia sulla testa. Il comandante gli rovescia addosso una bottiglia d'acqua e poi cominciano a dargli colpi con la stampella e con gli scarponi. Gli altri in sezione iniziano ad urlare e sbattere. Il comandante ferma M. e lo allontana, poi prende la stampella e gli dà un ultimo colpo dietro la schiena. Rachid presenta lividi dietro le cosce, dietro i polpacci e dietro la schiena in corrispondenza della scapola destra e sopra i lividi, dei graffi dritti, più un livido gonfio sotto l'occhio sinistro, più una crosta sul polpaccio dovuta ad una punta sporgente della stampella. Inoltre lamentava dolori sul costato e nella parte lombare".
Ma non è questo il passaggio più allarmante. Nell'ultima denuncia che Rachid ha presentato, c'è una precisazione: "Dichiaro di temere seriamente per la mia vita e per la mia incolumità e di non avere alcun tipo di proposito di suicidio e non avere bisogno di nessun tipo di medicinale che mi faccia dormire o che mi tolga il dolore che ho addosso". Perché lo ha fatto? Perché, spiega la moglie Emanuela ai Carabinieri, in una lettera indirizzata al magistrato di sorveglianza c'era una frase che Rachid non riconoscerebbe come sua: "Ho finito la mia pazienza e credo e spero che lei intervenga prima che la faccia finita". La moglie avanza l'atroce dubbio che quella frase sia stata inserita da qualcuno all'insaputa di Rachid, per "giustificare" la sua morte.