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Detenuto condannato per mafia si suicida in carcere impiccandosi coi lacci delle scarpe

Agostino Matassa, detenuto palermitano di 64 anni, si è tolto la vita nella sua cella del carcere Morandi di Saluzzo, in provincia di Cuneo. L’uomo stava scontando una pena per mafia che sarebbe terminata nel 2028.
A cura di Davide Falcioni
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Agostino Matassa, detenuto palermitano di 64 anni, si è tolto la vita nella sua cella del carcere Morandi di Saluzzo, in provincia di Cuneo. L'uomo stava scontando una pena a 14 anni e mezzo di reclusione – che sarebbe terminata nel 2028 – dopo la condanna in via definitiva nel procedimento nato dall'inchiesta della Apocalisse riguardante le cosche mafiose palermitane di Tommaso Natale, Resuttana, Partanna Mondello, San Lorenzo e Acquasanta.

Matassa aveva già tentato il suicidio una decina di giorni fa ma era stato salvato dagli agenti della polizia penitenziaria: quella volta aveva ingerito una grossa quantità di farmaci.

L’uomo si è impiccato giovedì. Il giorno prima gli era stato revocato il regime di "massima sorveglianza" dopo il primo tentativo di suicidio. Matassa era quindi tornato nella sezione 9 del carcere di Saluzzo, ma aveva chiesto un trasferimento spiegando di aver ricevuto minacce da altri detenuti.

Era stato successivamente spostato in una cella singola in un’altra sezione. Giovedì mattina, prima dell’alba, gli agenti in servizio in quel braccio del penitenziario lo hanno trovato impiccato con un laccio delle scarpe appeso alla finestra. Quando lo hanno trovato era già deceduto. Sulle circostanze della morte sono in corso le indagini della penitenziaria.

Nei primi 8 mesi dell'anni 59 suicidi in carcere

Secondo l'ultimo report dell'associazione Antigone nei primi otto mesi del 2022, 59 persone si sono tolte la vita in carcere. "Più di una ogni quattro giorni. Sin dall’inizio dell’anno – spiega l'associazione – il fenomeno ha mostrato segni di preoccupante accelerazione, fino a raggiungere l’impressionante cifra di 16 suicidi nel solo mese di agosto, uno ogni due giorni. A due terzi dell’anno in corso, è già stato superato il totale dei casi del 2021, pari a 57 decessi. I numeri di quest’anno generano un vero e proprio allarme, non avendo precedenti negli ultimi anni. Non è facile trovare delle spiegazioni. Non è neanche facile trovare delle soluzioni. Di questo ne siamo consapevoli. Sappiamo anche che la vita carceraria è dura, genera sofferenza, esprime solitudini, produce desocializzazione e malattie. Va fatto tutto il possibile per modernizzarla, renderla più a misura di donna o uomo, per ridurre la distanza tra il dentro e il
fuori".

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