Detenuto 21enne si suicida nel carcere di San Vittore: aveva denunciato di aver subito violenze
Aveva solamente 21 anni il detenuto che si è tolto la vita nel carcere di San Vittore. Su Alessandro Galelli, questo è il nome del ragazzo suicida, pendeva l'accusa di molestie e violenza sessuale ai danni di ragazze minorenni. Il ragazzo era stato rinchiuso nel penitenziario milanese quattro mesi fa e da poco aveva compiuto ventuno anni. Al momento, attendeva di essere messo a giudizio. Il legale di Galelli, Giuseppe Lauria, in relazione al suicidio del suo assistito ha dichiarato:
Sono sconcertato per quanto di terribile è successo. I genitori mi avevano affidato l’incarico di difenderlo ed io, fin da subito, avevo presentato istanza di scarcerazione con richiesta di arresti domiciliari, ma era stata respinta. Dopo l’emissione di rigetto, datata metà gennaio, il padre mi aveva revocato il mandato di conferimento, ma questa vicenda mi era rimasta a cuore. Non vi erano, a mio parere, gravi indizi di colpevolezza e Alessandro era incensurato.
Secondo l'Osservatorio permanente sulle morti in carcere, il ragazzo aveva più volte denunciato di aver subito violenze, ma le sue segnalazioni sono rimaste inascoltate. Ogni anno il numero di carcerati che si toglie la vita è consistente. Dall'inizio del 2012, infatti, si sono suicidati già 10 detenuti, mentre 24 sono morti in cella e per alcuni le cause del decesso sono ancora tutt'ora da accertare. Alessandro si sarebbe ammazzato dopo essersi sottoposto a una seduta psichiatrica. "Qualora fosse vero, è inaccettabile che venisse picchiato da altri detenuti. Alessandro sarebbe dovuto essere controllato a vista", ha aggiunto l'avvocato Lauria, per il quale il giovane è vittima di ciò che lui definisce "malcostume giudiziario di italica abitudine", per il quale si procederebbe alla carcerazione delle persone in "maniera indiscriminata", non tenendo, dunque, conto delle specificità dei casi. Bisogna sottolineare, però, anche il fatto che il ragazzo era stato sottoposto a isolamento e che, pertanto, non poteva incorrere in pestaggi per mano di altri reclusi.