Desertificazione e siccità: il futuro dell’Italia se non faremo nulla contro il cambiamento climatico
Mai come in questo inizio d'estate gli effetti dei cambiamenti climatici si sono palesati in tutta la loro violenza. Al caldo record, infatti, si deve aggiungere la sempre inferiore disponibilità di acqua per uso domestico, fenomeno che ha assunto ormai i connotati dell'emergenza tanto che gli enti locali non escludono il razionamento anche diurno delle risorse idriche.
Ma quali sono gli scenari futuri? E come cambierà la produzione agricola? L’Europa meridionale, e quindi anche l'Italia, dovrà nei prossimi decenni fronteggiare gli impatti più significativi dei cambiamenti climatici e sarà fra le aree più vulnerabili del pianeta.
L’aumento delle temperature, quello della frequenza degli eventi estremi (siccità, ondate di calore, precipitazioni intense) e la riduzione delle precipitazioni annuali rappresentano gli indicatori di impatto più rilevanti per il sud del continente. La dottoressa Monia Santini, Responsabile Impatti sulle risorse idriche della Fondazione CMCC (Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici), ha spiegato a Fanpage.it quali sono gli interventi più urgenti da mettere in atto per il comparto agricolo.
Le reti idriche italiane sono un colabrodo e disperdono quasi la metà dell'acqua, in più la neve sulle montagne si è già sciolta e non piove da mesi. Tra le cause della siccità c'è qualcos'altro che ci sfugge?
Sì, l'aumento della richiesta di acqua da parte dei cittadini che si incrocia con un calo della disponibilità. Quello delle perdite delle reti idriche è poi un tema importantissimo. In alcune zone del sud Italia si arriva al 50% di dispersione, gli acquedotti nel nostro Paese andrebbero del tutto rinnovati perché quelli esistenti generano perdite enormi. C'è però anche un altro fattore che rende l'acqua non solo meno disponibile, ma anche meno utilizzabile.
Quale?
La salinizzazione degli acquiferi costieri: si tratta di una dinamica in cui si perde l'equilibrio esistente tra falde d'acqua dolce e falde d'acqua salata che si trovano lungo le coste.
Perché questo equilibrio si modifica?
Può accadere ad esempio per eccessivo emungimento dei pozzi, per una minore ricarica delle falde dovuta al calo delle precipitazioni e all'impermeabilizzazione dei terreni a causa del consumo di suolo e per la risalita dei livelli del mare. Di fatto, tutto ciò causa un disequilibrio e dai pozzi arriva acqua molto più salina del normale, quindi poco utilizzabile non solo per uso domestico ma anche per l'irrigazione. Le colture soffrono l'acqua così salata, infatti ci stiamo chiedendo da anni quali specie di piante siano più resistenti alle alte concentrazioni saline.
Quali sono le conseguenze sull'agricoltura del cambiamento climatico?
Molti modelli – molto dibattuti e ancora incerti nella comunità scientifica – sostengono che l'aumento delle temperature sta causando uno spostamento verso nord delle aree vocate all'agricoltura e persino un aumento della fertilità dei terreni. Il grosso problema però è quello dell'acqua, che impone la sostituzione di alcune colture con altre meno idro-esigenti, quindi più sostenibili. Dovremo nei decenni futuri progettare un nuovo mosaico del territorio sulla base degli effetti del cambiamento climatico, alcuni dei quali si sono già innescati e sono ormai irreversibili.
Ci sono prodotti che non coltiveremo più?
Non lo sappiamo ancora. Più che cambiare completamente colture bisognerà essere in grado di migliorare la distribuzione dell'acqua per le irrigazioni, facendola arrivare anche laddove oggi non c'è.
Ma come si fa? La rete idrica italiana è in alcune zone in condizioni disastrose…
Infatti vanno ridotti gli sprechi dovuti alle perdite. Ma non solo: serve una governance sull'acqua, una gestione integrata che metta in contatto i vari settori che dispongono di questa risorsa individuando le possibili sinergie: il comparto agricolo deve dialogare con quello energetico, quello industriale e con gli enti gestori degli acquedotti per l'uso domestico. Noi scienziati del Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici abbiamo lavorato ad un Piano Nazionale di Adattamento composto da 350 azioni. Naturalmente per ciascuna di esse vanno esaminati costi, fattibilità economica, sostenibilità.
Si sente parlare sempre più spesso di desalinizzazione. Che ne pensa?
È un tema molto dibattuto in ambito scientifico: quello della desalinizzazione è infatti un sistema estremamente energivoro con un alto impatto sull'ambiente. Insisto: la sfida principale è quella di ridurre le perdite di acqua e ottimizzare l'uso di acqua a livello agricolo, industriale e nella produzione di energia.
Quali sono le zone del Paese in cui pesa maggiormente la scarsità di acqua? E quali sono gli scenari futuri?
Soprattutto le regioni meridionali. Penso alla Sicilia e al Salento, ad esempio, dove è già in atto un processo di "desertificazione". Per quanto riguarda gli scenari futuri sulle piogge secondo Copernicus nell'ipotesi peggiore in Italia – entro metà secolo – le precipitazioni diminuiranno in media del 6% su tutto il territorio, mentre per fine secolo il calo potrebbe essere del 17%. Sono numeri importanti. Per questo è urgente ridurre da subito le emissioni di CO2.