Denise Pipitone, l’ex pm Maria Angioni: “È ancora viva, presto la verità verrà a galla”
Maria Angioni si è occupata delle indagini sulla scomparsa di Denise Pipitone dal 2004 al 2005. L'ex pm ha poi abbandonato il caso con il trasferimento avvenuto nel 2005 in Sardegna, a Cagliari. Oggi torna a parlare del rapimento irrisolto risalente al 1 settembre del 2004. Come riporta il quotidiano La Nuova Sardegna, secondo l'ex pm Denise sarebbe ancora viva. "Qualcuno sa dove è stata portata dopo il rapimento o sa dove si trova in questo momento. Questa persona è stata testimone dello spostamento o lo ha addirittura operato in prima persona. Fino a oggi ha taciuto per rispettare forse un patto ora saltato" spiega l'ex pm Angioni. "Chi prese Denise voleva ucciderla, ma qualcun altro lo ha impedito. Non è stata riconsegnata alla famiglia perché c'era un patto. Il clima ora è cambiato: qualcuno sta parlando e scardinando degli alibi. Ci sono delle testimonianze importanti, le ricerche sono state intensificate e la verità potrebbe essere a un passo".
Le incognite sulla scomparsa
Una ricostruzione, quella dell'ex pm, che deve però trovare conferma nelle indagini. Ad attirare principalmente l'attenzione le accuse rivolte contro la famiglia Corona. Anna Corona, ex compagna del marito di Piera Maggio, era già stata accusata del rapimento per poi essere assolta nel 2013 per mancanza di prove. La sua posizione è ora tornata prepotentemente al centro della discussione sul caso. Secondo quanto affermato dall'ex pm Maria Angioni, proprio la polizia avrebbe eretto intorno all'ex moglie di Piero Pulizzi un "muro di protezione". "Gli intercettati sapevano di esserlo e io non potevo fidarmi di nessuno. Così ho cambiato squadra e ho iniziato a lavorare con un gruppo ristretto di persone. Anche questo non è bastato, perché le informazioni filtravano comunque. Denise è scomparsa in un momento in cui la Procura era in una situazione di debolezza: vi erano state delle inchieste per favoreggiamento, spaccio di droga e induzione alla prostituzione che avevano coinvolto alcuni esponenti della polizia. Al nostro procuratore capo era stato recapitato un proiettile militare. Tramite alcune intercettazioni abbiamo poi scoperto che c'era l'intenzione di mettere una bomba sotto la sua abitazione. Abbiamo denunciato tutto in procura a Caltanissetta, ma non ci hanno presi sul serio. Da anni faccio presente questa situazione che ha fortemente compromesso le ricerche".
L'alibi di Anna Corona
"Bisognava investigare sulla famiglia allargata Corona-Pulizzi. Finché l'inchiesta è stata in mano alla mia squadra e ai due pm che lavoravano con me, siamo andati in quella direzione. Era una sorta di clan, con una rete fitta di parentele e amicizie". Secondo l'ex pm, Anna Corona aveva diverse amiche che potevano aiutarla. "Una di queste le ha fornito l'alibi che ha mantenuto per 17 anni. Disse che quel giorno era rimasta al lavoro in hotel fino alle 15.30, come scritto nel registro delle presenze. Fu l'amica Francesca Adamo a firmare per lei: la donna lo ha confessato pochi giorni fa. Ha deciso di parlare dopo 17 anni, segno che non vi è più un patto del silenzio da rispettare". Secondo la giudice, l'accordo è stato preso tra due gruppi di persone opposti. "Chi odiava Piera voleva uccidere la bambina, ma qualcuno deve averla consegnata ad altri, assicurandosi comunque che la madre non la rivedesse più. L'importante era che nessuno scoprisse la verità. Adesso però questo patto è saltato e chi è stato zitto per paura inizia a parlare".
Per l'ex pm Denise è viva
"La bambina è ancora viva, quasi sicuramente ignara del suo passato. Non sa del clamore che suscita la sua storia a distanza di tanti anni" ha detto ancora la giudice Angioni. Torna anche nella sua ricostruzione l'ipotesi che Denise sia stata consegnata a un gruppo di rom. A Milano, il 18 ottobre del 2004, fu avvistata una minore simile a lei in compagnia di una donna e altri due bambini. Una guardia giurata, notata la somiglianza, fece un video dal quale si intuiva il nome della piccola: Danas. Secondo quanto da lui raccontato tempo dopo, la bimba aveva un forte accento siciliano. Analizzando le immagini, furono trovati sette punti in comune nella fisionomia del volto tra la bimba di Mazara del Vallo e Danas. "Quella bambina era la nostra Denise. Questo è un elemento su cui concordiamo tutti, ormai – spiega l'ex pm -. La mia confessione ha suscitato diverse polemiche, perché le persone si chiedono per quale motivo io abbia denunciato degli ostacoli alle indagini 17 anni dopo i fatti. Però io sono contenta perché abbiamo portato alla luce un particolare importante: all'epoca dei fatti il nonno di Denise disse di aver visto presso l'abitazione un'auto guidata da un uomo con i capelli ricci. La vettura era parcheggiata in zona poco prima del rapimento. Nelle confessioni di Battista Della Chiave (il testimone sordomuto che aveva fornito la sua versione dei fatti alla Procura sulla scomparsa di Denise) si parla proprio di un uomo riccio che teneva in braccio la bambina".