Delitto del trapano, la svolta non porta all’arresto: “Il killer dopo 29 anni può essere persona diversa”
Nonostante la svolta nelle indagini dopo 29 anni, non c'è nessun arresto per l'omicidio di Luigia Borrelli, la donna uccisa barbaramente con un trapano nel settembre del 1995 in un basso a Genova. Il giudice per le indagini preliminari, infatti non ha accolto la richiesta di arresto per l'uomo individuato dalla Procura come presunto assassino, pur confermando la bontà dell'inchiesta dei pm. Il presunto killer, un carrozziere 65enne individuato grazie a un lungo lavoro su una vecchia traccia di sangue, esami del dna e banca dati dei detenuti, dunque resta indagato ma a piede libero.
Per il gip Alberto Lippini, infatti, non vi sono le condizioni che fanno emergere esigenze cautelari nei confronti del 65enne genovese. In particolare il giudice sottolinea che l'uomo individuato dalle indagini della Guardia di Finanza e della polizia, coordinati dalla Procura, è "incensurato" e potrebbe essere "in astratto una persona diversa" rispetto a quanto accaduto 29 anni fa. "Chiunque ad oltre 30 anni dai fatti per cui si procede è, in astratto, una persona diversa e, quindi, devono sussistere elementi specifici assolutamente pregnanti e concreti per far sì che in un arco di tempo così ampio si mantenga attuale il pericolo di reiterazione del reato” scrive il giudice. Inoltre "Non si è mai dato alla fuga" rileva il Gip che ha negato la richiesta dei pm.
Secondo il giudice per le indagini preliminari, anche "il fatto che l'uomo sia fortemente dedito al gioco", come sottolineato dai pm che lo ritengono un possibile movente del delitto, non dimostra certo che lo stesso si trovi attualmente in una situazione personale di incapacità di controllo dei propri impulsi e quindi in una situazione criminogena". Tutti motivi che hanno spinto il gip a non autorizzare l'arresto. Una decisione che la Procura ha contestato facendo appello al tribunale del Riesame che ha fissato l'udienza al 23 settembre.
Per la Procura non c'è subbio che il suo dna sia quello ritrovato in casa di Luigia Borrelli e parla di corrispondenza totale del profilo genetico. L'uomo indagato dal suo canto si proclama innocente, non escludendo però di aver potuto frequentare come cliente la vittima che si prostituiva nello stesso quartiere dove lui risiedeva. I difensori sottolineano che al momento c'è solo la prova del Dna, che andrà attentamente vagliata da consulenti di parte, ma nessun nuovo elemento che collochi il loro assistito sulla scena del crimine al momento del delitto.