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Delitti d’estate: quando il caldo t’ammazza

In estate si ammazza di più. Secondo alcune teorie la motivazione sarebbe attribuibile alla spossatezza fisica e psicologica indotta dalla calura. Più fa caldo, più si perde il senso della ragione. Ma una simile teoria può bastare a giustificare le decine di omicidi premeditati, volontari e di stampo mafioso accaduti nel mese di agosto?
A cura di Marcello Ravveduto
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La legge termica del crimine, così si chiama la teoria di Adolphe Quetelet, secondo la quale nelle stagioni calde aumentano i crimini contro le persone, mentre nei mesi freddi quelli contro la proprietà. In altre parole il sociologo positivista inventava la “meteognomica” (thermic law of crime) spiegando, nello stesso periodo in cui si affermava la fisiognomica di Lombroso, che le motivazioni, scatenanti efferati omicidi estivi, erano da ricercare nell’eccessivo calore.

La naturale conseguenza della tesi in questione è il maggior tasso di violenza delle popolazioni che vivono in prossimità delle zone equatoriali e tropicali vista la loro lunga esposizione alla warm season. L’ipotesi non è stata mai accreditata in campo scientifico, ma dopo un secolo e mezzo torna in auge grazie alle dichiarazioni di uno psichiatra che attribuisce agli effetti della calura estiva gli episodi delittuosi avvenuti, tra giugno e luglio, a Motta Visconti, Cinisello Balsamo, Torino e Erba.

Dunque il clima torrido rappresenterebbe un fattore scatenante perché con l’innalzarsi della temperatura si diventa fisiologicamente insofferenti e la stanchezza fisica può indurre più facilmente e più frequentemente a perdere la calma. La serenità della scelta razionale vacilla e, in alcuni casi, si perde il controllo sull’onda di una rabbia quasi animale: il caldo insopportabile e l’afa soffocante rendono il corpo più debole e incline a reazioni eclatanti, il cervello entra in deficit di “riserva energetica”, la mente si annebbia e la ragione umana va a farsi benedire.

L’università di Berkeley in California ha realizzato uno studio sugli effetti collaterali dei cambiamenti climatici nel quale si ipotizza che l’aumento globale delle temperature provocherà, a lungo andare, un incremento del tasso di violenza; gli scienziati americani prevedono addirittura che due gradi centigradi in più potrebbero corrispondere a una crescita del 15% del tasso di criminalità. Uno scenario fantascientifico alla Mad Max: quando il mondo sarà desertificato gli uomini si comporteranno come lupi famelici pronti ad azzannarsi per difendere le poche risorse a disposizione. Il caldo amplificherebbe preesistenti fattori di disagio psicofisico trasformando la stagione estiva in un incubo collettivo: le cronache locali si popolano di persone insospettabili divenute improvvisamente rabbiosi assassini.

A Roma, per esempio, hanno destato molto scalpore i delitti accaduti nell’estate del 2011. I media allarmarono la nazione descrivendo la Capitale come un luogo infernale. I dodici omicidi sono stati anche geolocalizzati su una mappa in cui sono stati indicati i luoghi d’esecuzione, concentrati prevalentemente nella zona est dell’area metropolitana. La catena di sangue: il 28 giugno il pestaggio del musicista Alberto Bonanni (29 anni) in pieno centro cittadino; il 5 luglio nel quartiere di Prati, Flavio Simmi, di 33 anni, è crivellato da sette colpi sparati da due individui in moto, sotto gli occhi della sua compagna; il 10 luglio nell’hinterland, un romano, di 33 anni con precedenti penali, è vittima di un agguato; il 23 luglio muore, dopo un mese trascorso in ospedale, Massimiliano Cicolani (38 anni), pestato a morte con una spranga da 5 persone con cui aveva appuntamento a Tor Vergata; il 27 luglio Simone Conaneri (30 anni), è abbattuto da una raffica di proiettili calibro 12, in pieno giorno, in via Bembo a Torrevecchia; il 30 luglio tre omicidi: un pregiudicato di 40 anni sul Grande Raccordo Anulare e due uomini di 58 e 45 anni ad Artena (nei pressi di Valmontone) prima uccisi e poi bruciati; il 9 agosto Mario Cuomo, un benzinaio di 62 anni è ucciso sotto gli occhi del figlio durante una rapina in una stazione di servizio nei pressi di Cerveteri; il 13 agosto lo stalker, Stefano Suriano (36 anni), muore a seguito di una spedizione punitiva; il 22 agosto un maghrebino è ferito, nel quartiere di Centocelle, in un regolamento di conti tra spacciatori; il 23 agosto Eduardo Sforna, di soli 18 anni e incensurato, è freddato all'interno della pizzeria in cui lavorava.

In realtà, nella maggior parte dei casi il carnefice si nasconde in famiglia. Il delitto domestico, in apparenza esecrabile per il legame affettivo che unisce la vittima al carnefice, è il più diffuso. Il parricidio, il matricidio, il fratricidio, l’infanticidio, sono archetipi installati nella memoria collettiva dell’umanità attraverso le cosmogonie e le leggende narranti le origini di stirpi, le fondazioni di nazioni, il passaggio dalle comunità tribali alle società complesse. Nelle mitologie della civiltà mediterranea (dall’egizia alla greca, dalla romana alla giudaico-cristiana) la morte violenta di un familiare per mano di un congiunto ricorre in maniera ossessiva come icona simbolica di un evento memorabile che ha segnato un cambiamento epocale.

A differenza di quanto si creda, gli ammazzamenti da parte di sconosciuti sono un’evenienza poco comune poiché l’omicidio rimane un reato essenzialmente “intragruppo”, ovvero tra persone che hanno contatti frequenti, provenienza comune e caratteristiche simili quanto a età ed etnia. La cosa vale sia per il singolo carnefice, sia per il sicario di mafia, entrambi appartenenti ad una rete di comparaggio (naturale la prima, criminale la seconda). Persino il serial killer agisce all’interno di un gruppo sociale riconoscibile (omosessuali, prostitute, donne anziane, bambini, ecc.) su cui scarica la propria violenza omicida. Il contesto familiare può facilmente mutare in un’arena chiusa dove i conviventi finiscono per scontrarsi. Anzi, l’omicidio volontario è stato definito il più “intimo” dei delitti perché colpisce perlopiù, oltre ai familiari, amici, conoscenti, colleghi o vicini di casa.

Nella classifica dei delitti domestici l’uxoricidio occupa il primo posto, segue l’uccisione del partner (fidanzato/a, amante) o ex partner, il parricidio o matricidio e l’infanticidio (in diminuzione negli ultimi decenni). Un terzo degli omicidi in Italia avviene in famiglia. Il triste primato spetta alle regioni del Nord in cui prevale il femminicidio la cui causa principale sarebbe, stando alle statistiche, il movente passionale a cui seguono il raptus, le liti, i disturbi psichici dell’autore e la condizione di sofferenza fisica, mentale o sociale della vittima.

Tornando alla calda estate, al di là della fondatezza della thermic law, va rilevato che nel mese di agosto si possono registrare decine di omicidi che hanno scosso l’opinione pubblica: Simonetta Cesaroni, Laura Bigoni, Chiara Poggi (casi ancora irrisolti), Elena Lonati, Giuseppina Brodu, Marilia Rodrigues, Mariangela Granomelli, tanto per fare qualche nome. Anche le prime due vittime del mostro di Firenze, Barbara Locci e Antonio Lo Bianco, risalgono al mese di agosto del 1968. Non mancano nell’elenco gli uomini (comunque in maggioranza tra i gli assassinati) e naturalmente le vittime delle mafie. Sul sito vittimemafia.it, ad esempio, si commemorano ben 69 vittime innocenti con un’escalation impressionante nella seconda metà del mese. Magistrati, poliziotti, imprenditori, sindacalisti, commercianti, pensionati, casalinghe, studenti, bambini sembrano quasi dare ragione a Pif cresciuto con la convinzione che “La mafia uccida solo d’estate”.

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