Decapitato dai datori dopo le dimissioni a Genova, prime ammissioni: “Volevamo solo spaventarlo”
“È vero abbiamo comprato la mannaia ma non dovevamo ucciderlo, volevamo solo spaventarlo”, sono le prime piccole ammissioni fatte da Tito, il 27enne accusato, insieme al parente conosciuto come “Bob”, di aver ucciso fatto a pezzi e gettato nel fiume il giovane Mahmoud Abdallà, il ragazzo che lavorava nella barberia che loro due gestivano a Genova per conto di un altro parente. Il 27enne ha ammesso durante l’interrogatorio di aver partecipato a quella sorta di spedizione punitiva contro il 19enne egiziano anche se ha continuato ad addossare le colpe principali all’altro indagato, “Bob”.
Secondo quanto ricostruito finora, Mahmoud Abdalla sarebbe stato ucciso, fatto a pezzi e gettato in un fiume a Santa Margherita Ligure perché aveva lasciato il suo lavoro da barbiere per trovarne un altro, denunciando informalmente i suoi ex datori di lavoro durante un sopralluogo della Guardia di Finanza nella barberia di Sestri Ponente.
"Sfruttano me e molti altri lavoratori", avrebbe detto il 19enne durante quel controllo. Parole che, secondo gli inquirenti, avrebbero spinto i gestori della barberia a punirlo mettendo in atto una trappola mortale. Come emerso dalla perizia sul telefono della vittima, infatti, la mattina della sua morte, il 23 luglio scorso, Mahmoud Abdallà aveva ricevuto diverse telefonate da Bob e dal titillare effettivo della barberia, parente dei due arrestati, per recarsi a un appuntamento.
Nelle telefonate il titolare aveva detto alla vittima di andare a Sestri, nell'appartamento dormitorio, dove gli avrebbero dato i soldi che gli spettavano come liquidazione. Qui però sarebbe scattata la trappola con Tito e Bob che lo avrebbero invece ucciso con un coltello e poi fatto a pezzi con una mannaia comprata poche ore prima in un negozio. Il corpo smembrato era stato poi trasportato dentro una valigia con un taxi e buttato in mare. Dall’acqua i resti di Mamhoud sono poi riemersi sulla spiaggia di Chiavari, ma senza testa
Di quella mannaia ha parlato ora Tito negando però di aver ucciso Mahmoud, incolpando quindi Bob e sostenendo di essere finito in un gioco più grande di lui. Del resto è stato lui a chiedere di essere sentito per respingere alcune accuse. All’epoca dei fatti però era lui il gestore del negozio per conto del proprietario della barberia, che era andato in Egitto il 26 giugno, mentre Bob era l’addetto alla cassa.
Racconto dunque tutto da confermare nel prossimo interrogatorio visto che durante il colloquio col magistrato in carcere Tito si è sentito male. Sul posto sono intervenuti i medici del 118 che lo hanno poi trasferito all'ospedale San Martino di Genova.