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Debora, in terapia intensiva a causa di un anticoncezionale: “Ho avuto paura, ma sono qua”

“Sapevo che si potevano formare dei coaguli, però nessuno mi ha mai detto che potevo rischiare la vita anche se se sana e anche solo prendendo un anticoncezionale” racconta Debora Monti, 21enne di Imola ricoverata in terapia intensiva coronarica per venti giorni, a causa di una trombosi venosa profonda con embolia polmonare bilaterale, per gli effetti collaterali di un anello anticoncezionale.
A cura di Beppe Facchini
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"Questi anticoncezionali sono un diritto assolutamente innegabile per tutte le donne ed è giusto che ne abbiano accesso, però è un diritto che va tutelato e che non dovrebbe avvenire a spese della salute". Conclude così il racconto della sua storia Debora Monti, 21enne studentessa di Medicina di Imola, iscritta al quarto anno all'Università di Pavia, finita per venti giorni nel reparto di terapia intensiva coronarica all'ospedale della città in provincia di Bologna, dopo aver utilizzato un anello vaginale anticoncezionale.

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Negli ultimi dieci anni ci sono state persino delle giovani vittime a causa di complicazioni dovute proprio allo stesso identico prodotto. Come Alexandria Givens, sua coetanea morta un anno fa in Michigan per embolie polmonari multiple causate da coaguli di sangue e conseguenti complicazioni in seguito all'utilizzo dell'anello (confermato dall'autopsia del medico legale) o come Erika Langhart, scomparsa nel 2011 a 24 anni sempre negli States e sempre per le stesse ragioni. La ditta produttrice è da tempo subissata da cause legali a tal proposito, ma nel foglietto illustrativo del prodotto sono riportate tutte le casistiche che possono portare a tali complicazioni e tanto basta per frenare numerose critiche, piovute addosso nel tempo all'azienda, sulle informazioni mancanti alle proprie clienti. Il punto, ad ogni modo, è che spesso per ragazze come Debora i sintomi del vero problema vengono confusi con quelli di altre patologie, perchè parole come trombo, trombosi venosa ed embolia polmonare difficilmente vengono associate a donne così giovani. Ecco perchè Debora ha deciso di raccontare la sua esperienza.

"A fine ottobre la mia vita è praticamente cambiata dalla mattina alla sera -dice-. Io non avevo mai avuto problemi di salute, ma prima che mi ricoverassero per venti giorni utilizzavo un anello contraccettivo e da qualche settimana notavo che avevo difficoltà a salire le scale, affanno, tachicardia. Poi mi si è gonfiata una gamba e così sono andata al pronto soccorso". In precedenza c'erano già state delle avvisaglie di malessere, ma nessuno aveva immaginato si potesse trattare proprio di trombosi venosa profonda bilaterale con embolia polmonare bilaterale, come invece si è scoperto alla fine. Per tutti era solo un problema di ansia. Anzi, al pronto soccorso, inizialmente, "si pensava a una tendinite e poi a dei linfonodi inguinali ingrossati dolenti con una piccola pustola". D'ora in poi, dice ancora Debora, "non potrò più usare anticoncezionali". Non solo. Dovrà portare avanti, per chissà quanto tempo, una terapia che "consiste in anticoagulanti e calze anti-trombo da portare sempre".

"Su tutte le linee guida del mondo dell'embolia polmonare è descritto che uno dei fattori di rischio è la terapia anticoncezionale" spiega il dottor Paolo Ortolani, direttore della Uoc Cardiologia dell'Ospedale di Imola, che ha seguito proprio la 21enne studentessa di Medicina. "Qualsiasi terapia estroprogestinica anticoncezionale aumenta il rischio di avere una embolia polmonare e una trombosi venosa profonda. Trombosi vuol dire sangue coagulato nel circolo venoso della gambe -continua- e da qui questo sangue si può distaccare e emigrare fino al circolo polmonare, dove si accumula, e si ha la cosiddetta embolia polmonare. Quindi le due problematiche sono strettamente connesse una con l'altra". Generalmente, ricorda inoltre Ortolani, ci sono diversi fattori di rischio, riportati sempre nei bugiardini, che possono aumentare le possibilità di sviluppare tali complicanze. "Il rischio è aumentato nel primo anno di utilizzo -spiega-, se la persona in questione ha una familiarità per embolia polmonare, se ha avuto dei traumi, se fuma, è obesa, se ha più di 35 anni, se ha fatto un incidente chirurgico durante la terapia, se ha fatto dei viaggi con immobilità per più di quattro ore. Ce ne sono tanti di potenziali fattori di rischio -continua Ortolani-. Ma se una persona non ne ha nessuno c'è comunque il rischio di avere questi eventi legati alla terapia anticoncezionale". Se poi si parla di contraccettivi di terza e quarta generazione come lo stesso anello, più nuovi, ritenuti maggiormente efficaci per evitare gravidanze indesiderate ed effetti collaterali ma anche con rischi superiori di riscontrare embolie polmonari, l'attenzione da prestare aumenta. "Questo anello -afferma ancora il medico- rilascia in maniera continuativa e prolungata due ormoni, un estrogeno e un progestinico, di terza generazione. Il rischio di avere una trombosi venosa profonda o embolia polmonare con questo dispositivo è di 6-12 persone ogni 10.000 che lo usano all'anno. Aumenta il rischio rispetto alle pillole tradizionali? Probabilmente si, anche se la letteratura in questo momento non ha ancora dati certi. E soprattutto aumenta per quanto riguarda le pillole di seconda generazione, dove il rischio è di due casi su 10.000 all'anno".

Per la terapia anticoncezionale con l'anello, va infine ricordato, è necessaria chiaramente una prescrizione medica. Ecco perchè Debora, oltre a mettere in guarda altre ragazze senza patologie, problemi di salute pregressi o con altri fattori di rischio indicati nei foglietti illustrativi, si rivolge anche ai sanitari, affinchè venga prestata maggiore attenzione. "Spesso sono prescritti come caramelle ma hanno effetti collaterali che possono colpire anche persone sane -conclude-. E se non si conoscono davvero i sintomi, si può rischiare la vita".

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