Il clima era decisamente diverso da quello di qualche mese fa, non solo perché le temperature di fine ottobre a Milano sono disperatamente più basse rispetto all’8 maggio che tutti e tutte ricordavamo. Eppure, nonostante un freddo fin troppo adatto all’atmosfera, la piazza era, di nuovo, proprio come in primavera, piena di gente. L’appuntamento è stato dato meno di 24 ore prima, in emergenza, dai Sentinelli di Milano: presidio alle 19 all’Arco della Pace, non c’è stato nemmeno bisogno di specificare il motivo. Le immagini dell’applauso in Senato, dopo che un voto segreto aveva affossato il DDL Zan avevano già fatto il giro di telegiornali e social, e i commenti rimbalzavano di bacheca in bacheca.
Un esito prevedibile per alcuni, basta fare il conto dei senatori, assolutamente coerente per altri, del resto da mesi ci si oppone alla legge così com’è e si chiedono compromessi, modifiche, passi indietro specie sui temi caldi (gender e scuole, i preferiti del centrodestra), eppure ieri in piazza sembravamo tutti ancora sconvolti dalle modalità agghiaccianti con cui in questo paese sia possibile esercitare un certo non rispetto delle istituzioni. Lo dice bene al microfono Luca Paladini, portavoce dei Sentinelli di Milano, quando ricorda che Matteo Renzi al momento della votazione è in Arabia Saudita, un paese dove un omosessuale non ha praticamente diritto di esistere, una scelta che almeno a livello simbolico (politico sembra ormai chiedere troppo) dice molto. Lo dice quel “Vergogna” che rimbomba nella folla, quando si ricorda che la partita qui, nonostante il tifo indegno da stadio, si gioca su diritti e sulla sicurezza di omosessuali, transgender, disabili e donne, e che i dati degli omicidi e delle aggressioni fanno già schifo così, nonostante non sia ancora possibile un tracciamento veritiero, finché non ci sarà appunto una legge che riconosce la matrice (omofoba, misogina e abilista) degli stessi omicidi e aggressioni.
Stavolta, rispetto alla manifestazione di maggio, che avevo avuto l’onore e l’emozione di presentare, non ci sono le storie di chi ha vissuto sulla propria pelle la necessità di questa legge, c’è solo amarezza, disgusto e stanchezza. Siamo, sono tutti stanchi, eppure siamo ancora tutti lì. Nonostante il tenore del dibattito politico, che ha raggiunto livelli così infimi da sembrare una barzelletta, e cito, tra gli altri, Massimiliano Romeo della Lega: “Si vuole indurre i bambini a cambiare sesso prima ancora che si accorgano di averlo”, la serietà e la compostezza delle persone in piazza ricorda che un altro mondo è possibile. Indipendentemente da cosa si pensi riguardo ogni singolo punto del DDL, la piazza ancora una volta dà una lezione importante a chi siede nei palazzi. Serve rispetto per le istituzioni, per il concetto stesso di rappresentanza politica, serve coerenza nella promessa di alleanza, e non solo in campagna elettorale, serve responsabilità per chi ha dato e chiede fiducia, per chi ha bisogno di tutela e per chi ancora crede che la democrazia passi per l’uguaglianza dei diritti e per la sicurezza di tutte e tutti. Un coro canta una versione bella e intensa di Born this way, ce ne torniamo a casa, vedremo che succede. La battaglia non si ferma.