Davide, due anni e mezzo e una vita attaccata a dei tubicini: “Basta farlo soffrire”
Davide ha due anni e mezzo. E da quando è nato, a Guastalla, nel Reggiano, convive con dei tubicini che lo aiutano a respirare. O meglio, dovrebbero. Perché secondo i suoi genitori, Davide adesso può anche farne a meno. “Avevano detto che quando sarebbe arrivato ad otto chili li avrebbero tolti: adesso ne pesa dodici e i tubi sono ancora lì” racconta Blessing Aguebor, la madre di Davide, convinta, così come gli altri della famiglia, che in questi due anni e mezzo siano stati commessi degli errori da parte dei medici che hanno seguito il piccolo.
Davide è nato prematuro e per salvarlo i dottori gli hanno dovuto fare un intervento al cuore, impiantandogli poi una tracheotomia per permettergli di respirare. "A causa di questa tracheotomia, però, lui non riusciva a ingerire cibo, perciò hanno dovuto inserire una PEG collegata allo stomaco" racconta Alessandra, una delle sue sorelle maggiori. PEG sta per gastrostomia endoscopica percutanea ed è la procedura chirurgica con cui si crea un'apertura sullo stomaco e successivamente sull'addome, allo scopo di infilarvi un tubo (o sondino) per la nutrizione artificiale. “Hanno fatto il buco dalla parte sbagliata perché dalla PEG usciva tutto ciò che assumeva e sanguinava, quindi l’hanno bucato nuovamente –continua Alessandra-. Il problema ora è che lui sta crescendo, ed è già in grado di rimanere senza questi apparecchi, ma i dottori che l’hanno operato non sanno più dove mettere le mani, per questo motivo noi vogliamo denunciare questa ingiustizia e raccogliere eventuali fondi per cercare un bravo chirurgo che può operarlo”.
La famiglia di Davide, che nel frattempo si è mossa con un legale che ha già preparato per i due ospedali che finora hanno seguito (e stanno ancora seguendo) il suo caso una lettera di messa in mora, è infatti alla ricerca di uno specialista che possa aiutarli. Ed eventualmente servirà anche la consulenza di un medico legale per capire se c’è un collegamento fra i presunti errori commessi in corsia e la malattia di cui soffre il bambino: la Sindrome DiGeorge, una patologia genetica che fra i suoi sintomi comporta anche dei disturbi respiratori.
“Voglio sapere chi è il colpevole” ripete ad ogni modo la madre di Davide, un bambino pieno di vita che però è costretto non solo a convivere ancora con dei tubicini, ma anche a rimanere tantissimo tempo chiuso in casa per evitare di ammalarsi. E considerando la sua condizione di salute, è purtroppo decisamente facile.
Insomma, nella vicenda di questa famiglia di origine africana ma da anni trapiantata in Emilia-Romagna ci sono ancora diversi punti da chiarire. L’unica certezza, per ora, è che Davide ha già sofferto abbastanza.