David Rossi, l’ipotesi di messaggi in codice nei bigliettini. La moglie: “Voleva che non mi fidassi”
Sono ormai trascorsi quasi 9 anni dal 6 marzo 2013, quando David Rossi, allora capo della comunicazione di Monte dei Paschi di Siena, cadde dalla finestra del suo ufficio di piazza Salimbeni. Sono stati diversi i colpi di scena che hanno tenuto la vicenda al centro dell'attenzione mediatica nonostante l'archiviazione: il primo riguarda la mail in cui Rossi annunciava il suicidio, il secondo i biglietti scritti da Rossi a sua moglie. Quel giorno, ha raccontato la donna, la Scientifica si è recata nell'ufficio della vittima tre ore dopo il fatto. I biglietti, strappati e gettati nel cestino, sono stati ricomposti. "Messaggi strani – spiega la moglie Antonella Tognazzi – perché lui non mi ha mai chiamato Toni come facevano gli altri. Mi chiamava Antonella e non mi ha neppure mai chiamato amore. Quei biglietti iniziano con messaggi ben precisi. Un modo per dirmi di non fidarmi di quello che sarebbe stato detto su questa storia". In uno dei biglietti, riconosciuti dalla moglie per via della calligrafia, scriveva: "L'ultima che ho fatto è troppo grossa per poterla sopportare. Hai ragione, sono fuori di testa da settimane".
Tognazzi ha più volte sottolineato la stranezza di quel nomignolo, Toni, usato nei biglietti. "Non mi ha mai chiamato così" ha detto più volte, eppure nella rubrica telefonica del cellulare di Rossi agli atti dell'inchiesta, lei è registrata proprio con questo nome. Una delle tante stranezze che si sommano alla mail redatta dopo la morte dell'uomo. Un colpo di scena, questo, che è stato riportato da L'Espresso. L'email incriminata, secondo quanto scritto in un report della polizia postale, è stata infatti generata il 7 marzo. In questo modo viene quindi meno la prova principale per l'archiviazione del caso. La Procura di Genova ha quindi deciso di ritornare sui suoi passi, costretta anche dalle testimonianze del colonnello Pasquale Aglieco, all'epoca comandante provinciale dei carabinieri. Aglieco ha raccontato di aver visto con i suoi occhi i pm inquinare le prove. La famiglia di Rossi non ha mai creduto all'ipotesi del suicidio, sostenendo da sempre che si trattasse invece di un omicidio. Lo scopo del killer era quello di impedire a Rossi di rivelare "segreti inconfessabili".