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“Datemi 12 miliardi o uccido vittime a caso”: quando Michele Profeta terrorizzò Padova

Nel 2001 Padova viene scossa da una serie di delitti. Dopo quasi due mesi la polizia mette le manette al ‘mostro’, ma il serial killer, questa volta è un insospettabile. Colto, rispettabile, con un inconfessabile segreto e un’ossessione che lo sta divorando: ecco chi è Michele Profeta, il killer che giocava a poker con la morte.
A cura di Angela Marino
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Quando gli hanno messo le manette Michele Profeta è rimasto imperturbabile: “Non sono io quello che state cercando, vi sbagliate” ha detto con garbo. Si è fatto portare via senza dire nulla, fronteggiando con calma i flash dei fotografi che lo abbagliavano e la stampa che gli chiedeva se fosse lui, il ’mostro' che ha terrorizzato Padova’. Come quando bluffava al tavolo verde, con una giocata perdente in una mano e un bicchiere nell’altra, ha mantenuto su senza battere ciglio, la sua famosa ‘faccia da poker'.

La storia di Michele Profeta, serial killer tra i più enigmatici e anomali, comincia in un appartamento di Palermo, dove passa la sua infanzia. Classe 1947, famiglia borghese, secondo figlio di quella che si racconta come una madre dal temperamento autoritario cresce oppresso dal pesante clima di conflitto familiare e da alcuni problemi di salute. Sin da bambino gli viene diagnosticata una malformazione cardiaca congenita. Mostra però un’intelligenza versatile che lo porta ad appassionarsi agli studi classici. Ama le arti marziali e le moto, e poi ama Concetta, una brunetta minuta che, però, sembra non piacere alla mamma. Naufragati gli studi universitari a causa della compulsione per il gioco sviluppata in adolescenza, Michele trova lavoro come broker in una agenzia di Palermo e sposa Adriana Sorci, una donna che la famiglia trova molti più adatta a lui.

Adriana, la prima moglie

Nascono due figli, ma la la vita domestica non soddisfa i bisogni di Michele. La febbre del gioco lo divora e lo spinge a recuperare soldi da ogni parte, anche metodi truffaldini. Con i guai economici anche il matrimonio comincia a scricchiolare e dopo alcuni sforzi di riconciliazione si chiude e male, anzi malissimo: Adriana se ne va con i figli. Per il broker è un duro colpo, ma anche un’occasione di riscatto, un'opportunità di gettarsi i fallimenti alle spalle e ricominciare da capo. Forse non c'è bisogno di ricominciare da zero, basta riprendere la sua vita sentimentale da dove l'aveva lasciata: da Concetta. La prima fiamma diventa la seconda moglie.

La doppia vita

Un'altra nidiata di figli dopo, Michele si ritrova al punto di partenza: pater familias con un'esistenza banale, un tenore di vita piuttosto alto e un’insopprimibile desidero di evadere. Trova un impiego presso un’agenzia finanziaria e lì conosce Antonia, segretaria. Tra i due scocca la scintilla, ma questa volta Michele non vuole separarsi dalla famiglia, allora prende una terza strada, impervia e pericolosa, quella della bigamia. Con Antonia affitta una casetta a Mestre (Venezia), dove trascorre cinque giorni a settimana, dal lunedì al venerdì, presentando a tutti la donna – che non sa che lui è sposato – come sua moglie. Concetta, invece, resta ad Adria (Rovigo), dove la famiglia si è trasferita e dove Michele la raggiunge per due giorni a settimana. Anche lei è ignara dell’altra relazione.

Il corto circuito

Non è un caso se Michele sceglie di ‘scindere' la sua vita in due città, due donne, due case. È il suo modo di elevarsi al di sopra degli altri, di vivere una vita non convenzionale. Ossessivo e narcisista, Michele Profeta è convinto di poter avere tutto ciò che vuole passando sopra le regole del sentire comune, ma anche della legalità. Già con le prime truffe la sua natura ambigua e manipolatoria si era manifestata ma ora, spinto da quella nevrotica forma di ambivalenza, Profeta mette a punto un'altra truffa, la più grande.

I delitti delle carte da gioco

Dopo aver ridotto drasticamente il suo tenore di vita, vuole recuperare con un colpo magistrale. Questa volta i soldi glieli darà lo Stato: 12 miliardi, ne più ne meno e se non glieli daranno, si lascerà alle spalle una coda di cadaveri. Lascia un biglietto anonimo in una stazione di polizia a Milano minacciando di uccidere vittime a caso se non avesse avuto i soldi e lascia le istruzioni per mettersi in contatto con lui. È il 12 gennaio 2001. Sulle prima la polizia pensa a un mitomane e lascia correre. Profeta, però, fa sul serio e il 29 gennaio 2001, a Padova lascia un altro genere di messaggio. In via Marghera viene ritrovato un taxi parcheggiato con un uomo agonizzante: è il tassista Pierpaolo Lissandron. Nel suo cranio c'è un proiettile calibro 32 sparato con una ‘Iver Johnson'; accanto al suo corpo, due carte da gioco: un re di cuori e uno di denari.

È la firma di Profeta, serial killer al suo esordio, assassino anomalo che uccide per scelta, non per bisogno. Quando in un'altra stazione di polizia compare un nuovo biglietto, si apre ufficialmente un caso. Il 10 febbraio 2001, appena 12 giorni dopo l'omicidio del tassista (il numero 12 ricorre spesso nella storia criminale di Profeta), l'agente immobiliare Walter Boscolo, 37 anni, viene trovato morto in un appartamento di Padova: un colpo alla nuca. La pistola, naturalmente è una ‘Iver Johnson'. Stavolta però il killer, oltre alle due carte da gioco che costituiscono la sua firma rituale, ha lasciato un'altra traccia di sé. L'assassino era in quella casa perché si era finto un potenziale acquirente, dunque, sull'agenda dell'immobiliarista doveva esserci il suo nome: "Signor Pertini", si legge sul libretto. Dopo qualche ricerca gli investigatori scoprono che il fantomatico Pertini aveva preso un altro appuntamento con un agente. Anche lui lo aveva portato a visitare una casa, ma in compagnia di un amico, dunque facendo saltare il suo piano che prevedeva una sola vittima. Qualcuno, dunque, aveva visto il killer e poteva riconoscerlo.

L'arresto

Mentre la stampa titola sul ‘serial killer' di Padova, riferendogli anche altri delitti avvenuti a Padova in quei mesi, la scheda telefonica dalla quale Profeta aveva chiamato Boscolo viene rintracciata. Profeta viene rintracciato e arrestato. È il 16 febbraio 2001, ‘il mostro' è stato preso in poco più di due mesi e Padova può tornare a dormire sonni tranquilli. Non altrettanto possono fare le due ‘mogli' di Michele, entrambe distrutte dalla scoperta della reciproca esistenza.

Una fine ‘epica'

In tribunale il riconoscimento del testimone, i rilievi balistici e altre granitiche prove mandano Profeta in carcere a vita. Nelle quattro mura di una cella, il delirio paranoide e narcisistico si spegne, Profeta diventa quello che doveva essere. Si dà agli studi universitari, tiene i contatti con la famiglia, che lo sostiene, e legge libri. Muore sotto gli occhi del professore davanti al quale stava sostenendo un esame di filosofia, sorpreso da un infarto, forse, per una volta, davanti a un'emozione autentica.

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