Dario Del Fabro, malato di Sla: “Mi hanno negato le cure: è il mio ultimo Natale”
“Questo sarà il mio ultimo Natale. La mia vita è giunta al capolinea. Da quasi quattro anni sono ammalato di Sla, malattia incurabile che ha reso la mia esistenza un calvario improponibile. Auguro a tutti voi un futuro ricco di salute. Lascio due fotografie in ricordo dei tempi felici”. Sono le parole usate, in un post scritto sul suo profilo facebook, da Dario Del Fabro, ex giocatore di rugby di 62 anni malato si sclerosi laterale amiotrofica. Parole che consentono al tema dell'eutanasia e del diritto all'autodeterminazione dei malati di irrompere nuovamente nel dibattito pubblico. L'uomo, intervistato dal Messaggero Veneto, ha raccontato l'evoluzione della sua malattia rivelando che il tribunale di Udine gli ha negato la possibilità di curarsi con un farmaco sperimentale e di aver pensato all’eutanasia. “Non l’ho fatto per i miei figli”, spiega.
Il 62enne è stato in gioventù un giocatore di rugby di buon livello, militando anche in Serie B prima di gestire una nota palestra a Udine. Dopo la diagnosi di Sclerosi laterale amiotrofica l'uomo ha cercato di percorrere la via stretta delle cure sperimentali, ma un giudice ha detto no alla somministrazione di una medicina di ultima generazione. “Si chiama GM 604 – spiega Del Fabro – ed è un farmaco testato negli Stati Uniti. Il problema è che nel 2016 era ancora in fase di sperimentazione”. Il legale calabrese Fabio Trapuzzano, continua Del Fabro, “è tuttavia riuscito a ottenere per sei pazienti il via libera alla sua adozione da parte di altrettanti tribunali, da Napoli a Macerata“.
Il giudice civile del tribunale di Udine non ne consentì però l’utilizzo: “Il ricorso, urgente e cautelare, è stato rigettato. Nel motivare l’ordinanza, il giudice ha parlato di efficacia non comprovata del farmaco e sostenuto la necessità di uno studio di dimensioni più ampie – dice – Trattandosi di decisione lasciata alla discrezione del giudice l’avvocato mi aveva consigliato di spostare la residenza a Napoli. Mi rifiutai, sbagliando. Lo feci per non tradire la mia udinesità e questo è il risultato”. L'ex atleta confessa di aver valutato anche l’eutanasia: “A un certo punto, ho pensato anche all’ipotesi di andare in Svizzera. A una morte assistita, sì, perché questa è una vita insopportabile e anche le cose più banali diventano una fatica. Si dipende in tutto e per tutto dagli altri. Poi, però, ci ho ripensato: non è una scelta che intendo fare, prioritariamente per i miei figli”.