Daouda Diane, l’operaio ivoriano scomparso in Sicilia: denunciava lavoro nero e caporalato
Si chiama Daouda Diane e dal 2 luglio scorso non si hanno più sue notizie. Il 37enne di origini ivoriane viveva ad Acate, in provincia di Ragusa, dove lavorava come mediatore culturale e dove ogni tanto riusciva a racimolare soldi extra facendo dei lavoretti come muratore. Nelle ultime tre settimane però nessuno lo ha più visto né sentito: Daouda sembra scomparso nel nulla, ma i famiglia non credono a un suo allontanamento volontario e chiedono che venga fatta luce sull'accaduto.
Daouda Diane infatti spesso denunciava le condizioni lavorative dei tanti immigrati che arrivano in Italia e che spesso sono costretti a lavori in nero senza alcuna sicurezza. Lo raccontano i suoi famigliari, il fratello e la moglie Awa, ai quali il 37enne inviava spesso dei video per raccontare le condizioni in cui era costretto a lavorare come operaio, così come tanti altri suoi colleghi. “Molte volte – spiega la moglie in un'intervista rilasciata ad Agi – si lamentava delle condizioni difficili in cui era costretto a lavorare. Diceva che non è vero quello che si sente in giro sullo stato dei lavoratori immigrati. In Italia si lavora in condizioni disumane e spesso si rischia anche la vita”.
In Italia da più di cinque anni dove risiedeva con un regolare permesso di soggiorno, Daouda riusciva a vivere dignitosamente e ad aiutare la sua famiglia rimasta in Costa d'Avorio inviando loro dei soldi. Ed è proprio nel suo paese di origine che aveva programmato di tornare il 22 luglio dopo anni trascorsi lontano da casa, ma dal 2 luglio nessuno lo ha più visto né sentito, né i colleghi al lavoro né i suoi famigliari al telefono. Il timore della moglie è che possa essergli accaduto qualcosa proprio al lavoro, magari un incidente, o che qualcuno lo abbia ucciso forse perché aveva visto o sentito qualcosa.
Nei giorni precedenti alla scomparsa, il 37enne stava lavorando senza contratto come muratore in un cantiere edile. Nella sua abitazione sono stati rinvenuti sia il passaporto che il biglietto aereo acquistato per tornare a casa: secondo i famigliari non si sarebbe mai allontanato senza i documenti. “Era euforico all'idea di rivedere me e suo figlio dopo cinque anni trascorsi a lavorare in Italia e per questo non ci spieghiamo come mai si possa pensare a un allontanamento volontario – prosegue la donna – consegnateci mio marito o il suo corpo su cui pregare”.
Domani, venerdì 22 luglio, si terrà una nuova manifestazione a Ragusa organizzata da USB per chiedere delle indagini sulla scomparsa di Daouda: “Torneremo in piazza a manifestare affinché venga fatta giustizia sul caso di Daouda – si legge nel post condiviso sui social – un lavoratore ivoriano recatosi un giorno nel suo posto di lavoro e mai più ritornato a casa. Non si può sparire per il pane! Invitiamo tutte le organizzazioni sindacali e politiche alla presa di posizione”.