“Dall’Italia a Toronto, dove ho aperto uno dei primi club di padel del Canada”: la storia di Marco
"La vita a Toronto è molto interessante perché negli ultimi 10 anni la città è cambiata tantissimo. Ho conosciuto persone da tutto il mondo e ci sono molte opportunità di business, qui ho avviato la mia attività. Anche se spesso l'Italia mi manca". Marco Massarotto, 48 anni, è nato e cresciuto in Veneto ma vive in Canada dal 2010, quando si è dovuto trasferire dall'Italia per motivi di lavoro.
Dopo tre anni ha scelto di lasciare l'azienda in cui era impiegato ma restando a Toronto. Pochi mesi dopo essersene innamorato, ha ‘esportato' il padel in Ontario, aprendo il primo centro sportivo dedicato dell'intera provincia canadese, insieme all'ex calciatore Sebastian Giovinco. A Fanpage.it Marco ha raccontato la sua avventura.
Quando e perché sei arrivato a Toronto?
Io sono arrivato a Toronto nel 2010 per lavoro con un'azienda italiana di pannelli solari che voleva aprire una produzione anche qui. Ho deciso di partire come impiegato, sono rimasto con loro 3 anni. A quel punto potevo scegliere se tornare in Italia o se restare. Tra una scusa e l'altra, alla fine, sono rimasto qui per 14 anni.
Di cosa ti occupi adesso?
Ho fatto altri lavori nel frattempo ma ho sempre pensato di voler fare qualcosa di mio. Quattro anni fa mi sono innamorato del padel, l'ho visto a Miami per la prima volta e appena dopo la pandemia mi sono accorto del successo che ha avuto in Italia e in Europa. Quindi, ho aperto a giugno di quest'anno il primo centro sportivo indoor di padel in Ontario, il terzo in tutto il Canada, insieme a Sebastian Giovinco (l'ex calciatore italiano ed ex capitano del Toronto, ndr).
Toronto è forse uno dei posti più multietnici al mondo, ci sono moltissime culture diverse. Tra queste, c'è quella sudamericana, molto presente. Le persone sudamericane amano il padel e, quando hanno saputo che avevo aperto un centro, sono arrivati in massa. Abbiamo avuto un discreto successo e ora ci stiamo guardando intorno per aprirne almeno altri tre in parti diverse della città.
Cosa ami di più di Toronto?
La vita qui è molto interessante perché negli ultimi 10 anni la città è cambiata tantissimo, ci sono persone da ogni parte del mondo e vedo pochissimo razzismo, qui c'è una grande apertura. Ho conosciuto gente con culture diversissime che mi hanno arricchito molto. Tutti però sono innamorati dell'Italia, a volte non ci rendiamo conto di quanto piacciamo all'estero.
Qui poi ci sono tantissime opportunità per fare business, c'è una cultura molto diretta, simile a quella nordamericana, con poca burocrazia e orientata verso un'imprenditoria più veloce e semplice. Ci si mette in società anche con persone che non si conoscono perché la legge, se metti tutto nero su bianco, sai che ti protegge. Le regole funzionano, se fai stupidaggini vieni punito, c'è ordine ed è una cosa che mi piace molto.
Cosa invece non ti piace?
C'è più di un aspetto. Se da un punto di vista sono molto forti nel business e nella creazione di ricchezza, a loro mancano alcuni valori che da noi sono più marcati. Sono molto individualisti e orientati verso se stessi, hanno meno senso della comunità. Così come manca anche l'aspetto della cultura e della storia, che noi spesso diamo per scontato ma che è una ricchezza incredibile, perché sono una nazione molto giovane.
Un altra cosa che non sopporto è il clima, le temperature in inverno sono molto rigide e difficili da sopportare. Ora, per esempio, sono in Repubblica Dominicana e mi faccio qualche giorno al caldo. Si viaggia molto in questa stagione per migrare in posti con temperature migliori. Però, quando devi tornare a case a lavorare, svegliarsi con -15/-20 è dura.
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Cosa ti manca di più dell'Italia?
L'Italia mi manca moltissimo e per prime ti dico la famiglia e gli amici perché per me sono le cose più importanti del mondo. Poi quel senso di bellezza e di diversità che si trova in ogni luogo del nostro Paese. Da noi si è circondati da bellezza, non solo architettonica, anche naturale. Qui, a Toronto, quando giri ci sono centri commerciali e grattacieli, cose che trovi anche a New York o Boston. Da noi invece basta fare pochi chilometri e si trovano cose totalmente diverse: accenti, piatti, paesaggi.
Com'è il costo della vita?
Gli stipendi sono abbastanza proporzionati al costo della vita, esclusi gli affitti e la compravendita di appartamenti. Ci sono dei prezzi veramente incredibili, folli, costi che si trovano solo in centro a Venezia o a Cortina, per esempio. E continuano a salire. Tanta gente deve scegliere di fare una vita più modesta perché spende molto per l'affitto.
E a livello burocratico come funziona lì?
Il primo step è ottenere un permesso di lavoro, si entra solo con quello, se c'è un'azienda che vede in te una figura che qui non possono avere, con un valore aggiunto. Questo è già un filtro importante. Poi devi dimostrare di avere un po' di soldi in banca, che non è una cosa così scontata.
Una volta fatto questo, il percorso è abbastanza semplice perché qui c'è tanto lavoro e ci sono molte offerte. Dopo due tre anni, mi sembra, si può fare la richiesta della ‘residenza permanente'. Più o meno dopo lo stesso periodo di tempo, puoi fare la richiesta per la cittadinanza.
A chi consiglieresti Toronto e a chi invece la sconsiglieresti?
Credo che un ragazzo giovane uscito dall'università dovrebbe venire a fare un'esperienza qui, forse più che in altre città perché arrivando dall'Italia con la cultura, l'esperienza e la nostra forma mentis può trovare un terreno fertile per realizzare tante cose. Non a caso qui c'è una delle comunità italiane all'estero più grandi e sono innumerevoli i personaggi italiani che hanno fatto impresa e hanno creato imperi.
Al di là del ‘fare i soldi', resta comunque un'esperienza molto arricchente, che ti può aprire tanto la mente. Dopo si può anche scegliere di tornare ma sicuramente con delle conoscenze in più.
Non la consiglierei invece alle persone molto legate alle tradizioni e che soffrono la distanza dall'Italia, che non riescono ad andare fuori dalla loro ‘comfort zone‘. C'è un volo diretto d'estate, con 8/10 ore si è a casa, ma ci sono comunque costi alti. Quando dico che torno ‘spesso', intendo due/tre volte l'anno. E non è semplice.