Come ogni sabato dovrei scrivere di Covid ma non ci riesco. La Russia ha dichiarato guerra e ha invaso l’Ucraina. Le truppe russe avanzano via terra su tre fronti cingendo Kiev in una tenaglia. Esplosioni, bombardamenti, colpi di mortaio, si contano decine di morti anche tra i civili.
Mentre tento di scrivere di Covid non riesco a non guardare le immagini e i video che circolano su Twitter con l’hashtag #RussiaUkraineConflict. La capitale ucraina è sotto assedio, i militari russi sono a pochi chilometri dalla città, la popolazione civile è rifugiata nei sotterranei della metropolitana. Donne e bambini tentano di lasciare la città verso Ovest, verso l’Europa, unica via di fuga da Kiev. Papà e mariti salutano trattenendo a stento le lacrime, l’ordine per gli uomini è di non lasciare il paese. Il governo ucraino distribuisce 10mila fucili alla popolazione, il sindaco di Kiev dichiara che non c’è altra scelta che scendere in strada e combattere, i giornalisti nella notte vengono evacuati dal centro di Kiev e trasportati in un luogo segreto e forse più sicuro.
Sui social imperversano le immagini delle colonne di automobili in fuga, come quelle di chi invece tenta di fuggire a piedi. “Almeno un milione di profughi” dicono i tg. Arrivano le immagini dei primi palazzi distrutti, dei missili caduti a terra, di persone ferite e sanguinanti, di disperazione. Sono le immagini della guerra. Immagini che forse avevamo dimenticato dai tempi dell’ex-Jugoslavia e che adesso ripiombano all’improvviso nel cuore dell’Europa.
Dovrei scrivere di Covid ma così è impossibile. Sono bastate 24 ore di guerra per metterci alle spalle due anni di pandemia. Si è passati da una tragedia all’altra in un batter d’occhio, senza riprendere fiato, con una velocità e una continuità disarmanti.
Continuità nella conta quotidiana dei numeri della tragedia: i casi positivi rimpiazzati dai feriti, gli ospedalizzati e i morti per covid da quelli provocati dai combattimenti. Continuità nelle immagini di strade deserte e del coprifuoco: prima per proteggersi dal virus, ora dalle bombe. Continuità nelle scene dei supermercati presi d’assalto. Continuità negli scenari di guerra e di sofferenza, di ospedali strapieni, di famiglie distrutte.
Continuità nell’arroganza dei potenti, dominatori di un mondo dove vale sempre la legge del più forte: prima per accaparrarsi i vaccini, ora per rovesciare un governo ed impadronirsi di uno stato in barba a tutte le convenzioni internazionali. Continuità nel perpetrare scelte politiche sbagliate, che per anni hanno diminuito i finanziamenti alla sanità pubblica e aumentato quelli alle spese militari. Il risultato di tali politiche è davvero paradossale: siamo impreparati ad affrontare pandemie ed emergenze sanitarie ma in compenso siamo sempre pronti a fare una guerra. Continuità nel richiedere un’Europa forte ed unita e nel rimanere puntualmente delusi: ieri per la gestione della pandemia, oggi per rispondere alla follia russa.
Cambia la comunicazione, cambiano gli scenari ma non cambia il lessico linguistico: se prima il nemico era il virus, ora il virus è “l’Ucraina da denazificare”. Se prima il nemico era invisibile e silenzioso, oggi è sotto gli occhi di tutti, si illumina e rimbomba.
Oggi avrei dovuto scrivere dei cosiddetti effetti collaterali prodotti dalla pandemia, quelli di una sanità stremata e al collasso, con liste d’attesa infinite e personale insufficiente per poterle smaltire. Avrei dovuto scrivere dell’allarme lanciato dalla Società italiana di chirurgia (Sic) per la drammatica riduzione degli interventi chirurgici in tutta Italia a causa del Covid. Avrei dovuto parlare delle 14 milioni di visite specialistiche perse in due anni di pandemia, dei 2 milioni di ricoveri rinviati, delle 600mila operazioni chirurgiche rimandate e dei 4 milioni di screening oncologici mai effettuati. Un vero e proprio lockdown di interi reparti ospedalieri, che ha spesso costretto tanti malati a rimandare visite e controlli aggravando le loro condizioni di salute.
Avrei dovuto scrivere degli effetti collaterali del Covid e invece ci troviamo a parlare di quelli della guerra, delle borse che cadono a picco, dei prezzi di gas e petrolio che salgono alle stelle, dell’economia che rallenta e dello spread che torna a salire.
Avrei dovuto scrivere di Covid e invece sto scrivendo di guerra, con una pandemia che ancora non è finita e un’assurda aggressione militare che chissà per quanto durerà ancora.