La nostra redazione riceve lettere e testimonianze relative a storie che riguardano il mondo del lavoro. Decidiamo di pubblicarle non per dare un'immagine romantica del sacrificio, ma per spingere a una riflessione sulle condizioni e sulla grande disparità nell'accesso a servizi essenziali. Invitiamo i nostri lettori a scriverci le loro storie cliccando qui.
La lettera che segue la scrive una donna che dice di ritrovarsi molto nelle storie pubblicate nei giorni scorsi da Fanpage.it su tema lavoro. Anche lei, oggi 51enne, ha cambiato svariati lavori negli anni, sempre alla ricerca di qualcosa di dignitoso. "Sono una persona che non si tira indietro, ma evidentemente tutto questo non basta".
La lettera a Fanpage.it
Mi ritrovo in ogni racconto pubblicato, anche la mia è una storia di una lunga e sofferta disoccupazione. Di anni ne ho 51, dal 2008 sono alla ricerca di un lavoro stabile e con una retribuzione da poter vivere dignitosamente, ma il nulla.
La mia esperienza lavorativa inizia nel 1992 come addetta alle pulizie e servizio domestico alberghiero presso una casa di cura della mia città. Purtroppo dopo 17 anni per ragioni politiche, amministrative ed economiche la clinica chiude. E da qui inizia il mio calvario che dura da ben da 17 anni.
In quel periodo sono in maternità del secondo figlio, ma mi metto a cercare un lavoro ugualmente perché so che solo uno stipendio non può bastare. Inizio a inviare curriculum, ero molto più giovane e quindi con qualche speranza in più. Finalmente vengo contattata da un azienda multinazionale (call center), accetto il contratto per un mese con una paga mensile di 500 euro. Poco, troppo poco, ma resisto perché la promessa è di un indeterminato a 6 ore con paga mensile di 900 euro, sempre poco ma sufficiente per contribuire nel bilancio familiare.
Dura circa 13 anni, poi la situazione precipita: mi ammalo in seguito ad alcuni eventi traumatici che mi hanno profondamente segnato. Arrivai a pesare 33 kg. Ma vado avanti perché quel lavoro è tutto, accetto così qualsiasi cosa. Nel frattempo le commesse si perdono e il lavoro diventa un girare continuamente da un’attività all’altra, riducendo le ore si riduce lo stipendio. Entriamo in cassa integrazione.
Entro in Naspi a gennaio 2020, ci resto per un mese, felice di aver trovato lavoro e anche ben pagato, peccato che si sia rivelato poi un vero fallimento. Il contratto non è mai stato rispettato, gli orari completamente differenti da quelli proposti, turni insostenibili, vengo sfruttata per un mese. Poi entro nuovamente in Naspi e ci resto fino alla fine dei due anni. I giorni passano.
A gennaio 2022 "finalmente" sembra aprirsi uno spiraglio di luce: trovo lavoro come ausiliaria addetta alle vendite presso una nota catena alimentare, mi fanno un contratto di 7 mesi per 25 ore settimanali, la promessa è un indeterminato a 30 ore. Contenta, cerco di dare il massimo e ci riesco, ricevo complimenti, ringraziamenti, stavo bene. Tutto cambia ad agosto a un mese dal rinnovo: sembro non più capace di fare nulla, anche qui vessazioni, umiliazioni. A settembre mi dicono che il contratto non sarebbe stato rinnovato, non avevano più bisogno.
Da settembre 2022 non ho più trovato un lavoro, perché troppo vecchia e costosa per la mia esperienza, nel frattempo la Naspi è finita e per lo stato non sono abbastanza indigente da accedere ai sussidi. Dal 2012 ad oggi ho inoltrato oltre 11.000 curriculum. 84 candidature che non hanno avuto esito.
Eppure sono una che non si tira indietro, sono solare, amo il prossimo, sono anche volontaria in Croce Rossa, apprendo in fretta, so mettermi in gioco, ho una buona cultura, sono seria. Eppure tutto ciò evidentemente non basta.