Il guaio è che adesso dovremo anche sorbirci le loro dichiarazioni soddisfatte sulle "liste pulite" per le politiche, sull'esclusione degli impresentabili, sulla trasparenza che ha guidato la scelta delle candidature. Come se nulla fosse successo, come se queste settimane di delirio non contassero nulla, non avessero una enorme valenza, simbolica e politica. E non ci riferiamo solo alla tragicommedia del PDL, in Campania in particolare. In quel caso si raggiungono vette altissime, con sceneggiate ai limiti del paradossale, comportamenti puerili ed un clima da "cospirazione perenne", ben evidenziato dalle vicende Cosentino e Dell'Utri. Fino a ridursi alle 19:59 per la consegna delle liste nelle due circoscrizioni campane. E "Mastro Silvio" (come con sprezzo del ridicolo lo definisce Libero) avrà anche fatto (in parte) pulizia, ma ha scaraventato nuovamente il partito sull'orlo del ridicolo, come hanno notato in tanti. Prima di tutto perché è molto difficile essere intransigenti con inquisiti ed impresentabili con una condanna a 5 anni di reclusione sul groppone. Ma anche perché le scelte "dolorosissime" delle esclusioni di Cosentino e Dell'Utri sembrano dettate più da calcoli elettorali (i benedetti sondaggi di Casa Berlusconi, insomma) che da una reale volontà politica. Ed infine perché non mancano certamente i miracolati di lusso, su tutti Razzi e Scilipoti, sistemati (in posti tutt'altro che sicuri, va detto) nelle liste abruzzesi (?) e calabresi (?). Così, in quanto in fondo (e grazie al Porcellum) una regione vale l'altra e un posto in Parlamento non si nega a nessuno.
Una questione, quella dei catapultati, che, dando uno sguardo alle liste presentate, investe anche il Partito Democratico. Che avrà anche fatto le primarie (con colpevole ritardo, lo ribadiamo), avrà anche eliminato all'ultimo secondo personaggi "scomodi" (Crisafulli e Papania, su tutti), ma rimane ancorato ad un modello tradizionale, in cui "l'apparato" conserva un ruolo fondamentale. E soprattutto (vale tremendamente anche per Sel), resta un partito con enormi problemi a livello territoriale, con vere e proprie macchine del consenso – tesseramento che conservano un ruolo determinante.
È la logica della politica, si dirà. Quella a cui non è riuscito a sottrarsi nemmeno Mario Monti, ormai perfettamente a suo agio nei panni dell'uomo politico mediatore di interessi e conciliatore di conflitti. Con il risultato interessante di fondere una lista priva di politici, con la vecchia guardia di ultraventennali frequentatori di Montecitorio e Palazzo Madama. Insomma, il rinnovamento…ma anche la tradizione.
Di quanto sia annacquata la Rivoluzione Civile di Ingroia non sarebbe nemmeno il caso di parlare. L'uomo che "non avrebbe accettato ingerenze dai partiti" se ne è invece accollati ben 4, tutti più o meno in coma profondo. Con tanto di sempreverdi – semprepresenti della politica. Scelte destinate a far passare in secondo piano anche altri aspetti più interessanti del progetto e forse a mettere la parola fine alla ricostruzione del fronte dei non allineati.
E senza nemmeno toccare l'argomento "cooptazione", che resta una piaga dell'intera politica italiana. Nessun partito escluso. Compreso il Movimento 5 Stelle che ha inscenato parlamentarie ai limiti del grottesco e manderà in Parlamento candidati che non sarebbero stati eletti nemmeno al consiglio comunale di un paesino di 5000 abitanti. Senza peraltro rinunciare a "deroghe" e favori più o meno esliciti, come denunciato da molti militanti.
Insomma, nella rincorsa alla poltrona l'Italia (non solo la politica) dà il peggio di se. Con isterismi ed intrallazzi, con ricatti e forzature, con scelte senza alcuna logica e mosse studiate nei minimi particolari. Con politici o aspiranti tali disposti a tutto pur di ottenere un posto al sole. Ed è sempre più arduo resistere alla tentazione populista e qualunquista di immaginare che si tratti di persone più interessate al loro particulare che al benessere del Paese.