è iniziato un percorso volto a promuovere con dinamismo la nostra lingua, anche grazie al coinvolgimento del settore privato. C’è una domanda di italiano crescente e diversificata nel mondo ma occorre trovare formule innovative per intercettare un pubblico sempre più numeroso. Una tra queste, ad esempio, riguarda la creazione dell’albo degli studenti di italiano, strumento capace di creare un vero e proprio network di persone che si esprimono tra loro in italiano.
Ecco. Ha detto queste, e altre formule elogiative per la nostra lingua che parlerebbe, secondo lui “a un pubblico” da intercettare con delle formule “innovative”. Proprio come si dice per i canali tv. Inoltre, a dispetto delle raccomandazioni e dei dati entusiasti provenienti dai maggiori istituti di cultura italiana nel mondo (che ricevono sempre meno finanziamenti però), in Italia abbiamo un insormontabile ostacolo: primo fra tutti il provincialismo e la preminenza della burocrazia sulla politica che impediscono di darci un lustro linguistico, e quindi anche una identità culturale, proprio di questi tempi in cui siamo invece appesi a simboli stereotipati come unica fonte di salvezza contro “lo straniero e il diverso che avanza”.
Così, da una parte, è tutto un celebrare valori e simboli, difesi come fortezze contro i barbari: dalla famiglia tradizionale al crocifisso appeso nelle aule scolastiche, al presepe e la santa messa a scuola, compresi pizza e panettone. Dall'altra parte, non si era mai assistito nell'era contemporanea a un momento simile di auto cancellazione culturale che in Italia si concretizza – tra le altre cose – proprio con la continua sostituzione della lingua italiana proprio da parte di politica e istituzioni con parole prese in prestito dalla lingua inglese ma che spesso in inglese non significano nulla.
Due recenti campagne istituzionali sono state segnate da questo “italianglish” orrendo: il portale “VeryBello!” lanciato dal ministro dei beni culturali Dario Franceschini insieme al ministro delle politiche agricole, Maurizio Martina, e al commissario Expo, Giuseppe Sala, per pubblicizzare gli eventi dell’Expo. Il ministro Franceschini particolarmente attaccato nei social per questo uso improprio della lingua italiana, a tal proposito, cinguettava felice che grazie alla pubblicità negativa si era totalizzato un gran numero di accessi. Riconfermando così tutto il provincialismo e la mancanza di percezione del ruolo da cui scaturiva appunto quel marchio infelice.
Anche l'amministrazione capitolina si è rifatta la facciata per comunicare. “Per l'identità”, hanno detto, smontando la lupa dallo scudo di Roma capitale e inserendo un oscuro “Rome & you”. L'Ansa ha fatto un sondaggio: è risultato che il marchio non sia piaciuto al 95% dei romani. Ma l'aspetto più oscuro oltre all‘italianglish, metà italiano e metà inglese, si potrebbe chiamare inglesorum. Cioè un inglese usato per nascondere cose che la politica preferisce non far capire. Un po' come approvare le leggi di notte, un po' come un tempo il potere usava il latinorum. E un po' come eravamo abituati dai brocarda giuridici che hanno infestato l'immaginario collettivo durante l'era Berlusconi.
Qualche mese fa il regista inglese Ken Loach, in Italia per promuovere il suo ultimo film, cercava di informarsi sulla riforma del “jobs act”. Non riuscendo a capire il senso dell'espressione (peraltro in Italia è pronunciata jobzètt) disse: “in inglese questa frase non esiste. Noi la chiamiamo riforma del lavoro. Ma poi, perché usate l'inglese? Perché continuate a farvi colonizzare in questo modo terribile?”