Riceviamo e pubblichiamo la lettera di Carmine:
"Salve, la mia storia ha a che fare con i famosi ormai ‘buoni spesa'. Ho dovuto chiudere le mie due attività ben prima del lockdown perché per me era impossibile mantenere la distanza di sicurezza, e da allora non ho più reddito, con una moglie ed una bambina di sei mesi a carico. Risiedo a Cutro, piccolo paese calabrese che ha ricevuto circa 120mila euro dallo stato da erogare in buoni spesa vista l'emergenza attuale. Ho ricevuto una telefonata da un'addetta del comune che con fare molto duro mi diceva chiaramente che non avrei mai potuto averli visto che sono possessore di partita iva e che sicuramente avrei fatto richiesta del bonus, ma tralasciando i tempi biblici di erogazione del suddetto bonus, non è bastato neanche a coprire un terzo delle spese dell'attività (affitti, utenze, ecc).
L'assistente sociale ha invitato mia moglie (che ha ancora la residenza a Napoli) di fare domanda al comune di Napoli per i buoni spesa che però possono essere spesi solo nel comune che li ha erogati, quindi siamo al punto di partenza. Da due mesi siamo senza reddito, con una neonata in casa, ed il sindaco mi ha liquidato subito con un "non ne ha diritto! Provi ad inviarmi una pec"… cosa che ho fatto, ma alla quale non ho mai ricevuto risposta. Dai 120mila euro circa, ad oggi il comune di Cutro ha erogato i buoni spesa solo a 130 famiglie…
La domanda è: che fine hanno fatto i soldi rimanenti? È un piccolo comune ed i buoni ci sarebbero per tutti! Siamo stati completamente abbandonati a noi stessi, neonata compresa. Vorremmo che la nostra storia abbia riverbero perché già da qualche post sui social ci siamo resi conto che ci sono altre famiglie cutresi nella stessa situazione. Spero che mi possiate dedicare del tempo affinché i comuni inizino ad essere più trasparenti e che si possa sbloccare la situazione".