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“Da 6 anni vivo in Kenya. Qui ho scoperto l’hakuna matata e me ne sono innamorata”: la storia di Serena

Serena, 32 anni, è nata e cresciuta in un piccolo paese vicino a Busto Arsizio, in provincia di Varese. Sei anni fa ha deciso di trasferirsi in Kenya, a Watamu. A Fanpage.it ha raccontato la sua storia: “Quello che mi ha affascinato da subito è stato lo stile di vita di questo Paese, è stata una cosa viscerale”.
A cura di Eleonora Panseri
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Serena, 32 anni, italiana a Watamu (Kenya)
Serena, 32 anni, italiana a Watamu (Kenya)
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"Quello che mi ha affascinato da subito è stato lo stile di vita di questo Paese, è stata una cosa viscerale". A parlare è Serena, 32 anni, nata e cresciuta in un piccolo paese vicino a Busto Arsizio, in provincia di Varese. Sei anni fa ha deciso di trasferirsi in Kenya, a Watamu. A Fanpage.it ha raccontato la sua storia.

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Quando e perché ti sei trasferita in Kenya?

Sono arrivata qui nel 2018 per una vacanza, del Kenya non sapevo nulla ma da sempre sognavo di andarci. Fino a due anni prima ero fidanzata e non ho mai potuto scegliere dove andare. Ma appena ho avuto modo ho scelto il Kenya. E ho prenotato il safari con quello che ora è il mio attuale marito. Questa però non è una storia d'amore.

Serena, 32 anni, italiana a Watamu.
Serena, 32 anni, italiana a Watamu.

Quello che mi ha affascinato fin da subito è stato il Paese e lo stile di vita, è stata una cosa viscerale. Dopo un mese e mezzo sono tornata perché ero andata fuori di testa, pensavo solo a come trovare il modo di trasferirmi.

All'epoca non aveva un contratto fisso perché, dopo essermi diplomata in un'accademia di musical, facevo spettacoli, l'assistente alla regia e lavoravo nelle scuole. Tutte cose a chiamata. Quindi, sono rientrata per ripartire poco dopo: ho fatto altri 12 giorni in Kenya e mi sono informata su come sarebbe stato vivere qui, che possibilità ci sarebbero state.

Sono tornata in Italia e dopo due mesi ero di nuovo in Kenya. Ho iniziato a lavorare a questo progetto di turismo sostenibile: andavo in giro in zone poco conosciute, alla scoperta del territorio. Sono sempre stata una viaggiatrice, mi organizzavo tendenzialmente da sola ma anche io prima avevo fatto le classiche cose ‘da turisti'.

La tua famiglia e i tuoi amici come hanno reagito alla tua scelta?

All'inizio non avevo capito nemmeno io che sarebbe stata una cosa definitiva. Mi sono trasferita dopo 8 mesi dalla prima vacanza, ma per me all'epoca non era ufficiale. Mi ero semplicemente detta: "Va bene, inizio, provo 6 mesi e vediamo cosa succede", ma poi non sono più andata via. Avevo detto ai miei solo di voler fare un'esperienza e invece vivo qui da 6 anni.

Sognavo da tempo di fare un'esperienza all'estero ma avevo sempre qualcosa che mi teneva in Italia: il fidanzato, la famiglia, le solite cose. Invece con il Kenya è stato tutto molto naturale. Dato che non sapevo bene come muovermi, all'epoca chiamai tutti i tour operator di Watamu dicendo: "Ho 10 anni di esperienza in animazione, mi prendete?".

E così ho trovato un'agenzia che mi aveva fatto un contratto. Ma ho rifiutato la proposta prima della partenza definitiva perché mio marito aveva bisogno di una persona che si occupasse del back office dell'agenzia di safari e ho iniziato così.

E come vi siete conosciuti?

Avevo prenotato con lui il safari su Tripadvisor la prima volta che sono arrivata in Kenya. All'inizio non mi stava nemmeno tanto simpatico, per questo dico che non è una storia d'amore (ride, ndr), tutto è nato con il tempo. Lui era diventato il mio riferimento principale e lo sentivo tutte le volte che sono tornata prima di trasferirmi.

E piano piano abbiamo iniziato a frequentarci. Anche perché non credevo minimamente a nessun tipo di relazione a distanza, non ci avevo neanche pensato. Per me era una cosa impossibile, veramente impossibile. Lui è nato nel nord del Kenya ma è cresciuto qui a Watamu. Faceva il beach boy ed è stato uno dei pochi che è riuscito veramente ad avere successo perché ha grandi doti imprenditoriali.

Serena, 32 anni, italiana a Watamu.
Serena, 32 anni, italiana a Watamu.

Ancora mi chiedo come sia possibile, arrivando da una realtà come la sua, che sia riuscito a diventare quello che è oggi. Soprattutto nelle zone turistiche, i locali sanno che ci sarà sempre qualcuno che gli darà qualcosa e vivono un po' di rendita.

Per questo io cerco di "educare" i turisti, spiego che non è regalando un pacco di farina o di biscotti che si aiuta l'Africa. Se non la cambia il governo, non può cambiarla nessuno. E non è neanche giusto che noi proviamo a farlo in un modo tutto nostro.

Quali sono le cose più belle della vita lì?

Sicuramente lo stile di vita, l'hakuna matata (una possibile traduzione è ‘vivere senza pensieri', ndr) che però ha i suoi pro e contro. Per esempio, con le persone con cui lavoro io impazzisco perché vale davvero in tutto e per tutto. Qua i tempi sono dilatati ed è tutto molto lento. Però sono riuscita a staccare dai ritmi che avevo quando lavoravo a Milano.

In più, sono una grandissima amante degli animali e della natura, così come di tutto quello che è completamente diverso da me. Ed è bellissimo il fatto che se ho due giorni liberi posso prendere una jeep e andare nella savana. Penso di aver fatto più di 50 safari.

Serena, 32 anni, italiana a Watamu.
Serena, 32 anni, italiana a Watamu.

Ci sono tanti che dicono: "Ho fatto il safari una volta, non lo faccio più". Invece, se sei un appassionato e ti piace la natura, ogni safari è a sé, anche se fai sempre lo stesso giro. Il bello degli animali liberi in natura è proprio questo.

Quali sono invece gli aspetti negativi?

Una cosa negativa è che, soprattutto nelle zone con molti turisti, questi vengono visti un po' come persone da "sfruttare". Con il fatto che sulla costa la popolazione è più povera, i locali nascono e crescono con questa idea e convivere con questo aspetto non è molto bello. Ora io mi sono fatta la corazza e so come muovermi ma all'inizio tutto quello che mi succedeva era sconvolgente perché capivo quanto profonda fosse questa diversità, legata al passato colonialista che li ha resi così.

Le persone come sono?

Molto ospitali, sempre disponibili per un sorriso e un saluto, anche rivolto a chi non conoscono.

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Come va con il cibo? Cosa si mangia?

Allora, bisogna dire che qui non c'è molto la cultura del cibo. Hanno piatti fissi, cibo povero che sostanzialmente deve riempire la pancia. A livello culinario quindi non c'è molto. Mangiano polenta tutti i giorni, verdure, carne stufata, il riso pilau. E tanti snack che prendono per strada, come le pannocchie e il pollo con le patatine. Più di questo non si trova.

C'è pochissima varietà ed è per questo che nella struttura che gestisco con mio marito facciamo un mix. All'estero io non sono mai andata a mangiare italiano, ma qui non ci sono molto alternative. Si tratta un po' di piatti di fortuna, si cucina con quello che si ha.

Watamu com'è a livello sicurezza?

Sinceramente io mi sento più tranquilla qui che a Milano in questo momento storico. Ovviamente, non bisogna mai abbassare la guardia, come però non l'abbasserei da nessuna parte. Io ritengo che non c'è nulla di cui avere paura.

Certo, se si vuole girare di notte, magari è più sicuro avere un contatto e non affidarsi a gente che non si conosce. Ma sono le classiche cose di cui bisogna tenere conto sempre e ovunque. Io mi sento al sicuro.

C'è un episodio che ti ha fatto dire: ‘Ho fatto la scelta giusta'?

Non c'è un episodio particolare, ma è una consapevolezza l'ho maturata in questi anni perché ho avuto feedback positivi che mi hanno fatto capire che devo continuare a dedicarmi all'informazione e all'assistenza delle persone che vengono ospiti da noi.

Serena, 32 anni, italiana a Watamu.
Serena, 32 anni, italiana a Watamu.

Quando ero venuta qui la prima volta, non avevo trovato sul Paese un'informazione chiara e corretta e ora, nel mio lavoro, ho puntato tutto su questo perché le persone chiedono sempre più esperienze locali e autentiche.

Ti manca l'Italia?

Tendenzialmente no, non ho mai avuto questa mancanza perché riesco a sentire la mia famiglia tutti i giorni. Anche se a volte ho proprio bisogno di tornare, non tanto perché mi manca l'Italia, ma perché sento proprio il bisogno di fare cose che non siano solo natura, come un giro per negozi, per esempio.

A chi potrebbe essere adatto un posto come il Kenya?

Sicuramente bisogna essere persone che si sappiano adattare molto, ma non basta. Qui io sto facendo un percorso di crescita personale sotto tutti gli aspetti, psicologico e spirituale. Perché per stare qui bisogna essere persone profondamente centrate con se stesse, le influenze sono tante e anche molto negative. Bisogna essere pronti a mettersi in gioco e crescere a tutti i livelli.

È un concetto difficile. Diciamo che quando si arriva qui si vedono tutte le schifezze che ci sono nel mondo, come il riciclaggio di denaro o le associazioni che truffano chi fa donazioni. Se in Italia si fanno queste cose, ma di nascosto, qui è tutto più vero e avviene alla luce del sole.

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Ognuno qui vive per bastare a se stesso e vengono a mancare alcuni aspetti a cui stiamo abituati. Mamma Africa ti schiaffa in faccia la realtà, nel bene e nel male. Bisogna imparare a proteggersi perché si vedono tante cose negative. Quando uno si trasferisce e passa l'euforia del momento, si comincia a notarle tutte.

A quel punto, o scappi e non torni più, succede a tanti, oppure decidi di rimanere. Ma devi trovare davvero la tua strada e capire come sopravvivere. Indubbiamente bisogna avere una grande voglia di vivere qui, è un Paese bellissimo, e amare quello che si fa. Se non ci fosse una grande ‘causa' che ti fa rimanere, non sarebbe facile.

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