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“Da 11 anni vivo a New York, il Covid ha cambiato tutto e ho realizzato il mio sogno”: la storia di Manuele

Manuele ha 40 anni, è nato e cresciuto a Comacchio, in provincia di Ferrara. Undici anni fa si è trasferito a New York ed è riuscito a realizzare il sogno che coltivava fin da bambino: comporre musica per film e videogiochi. “È stato un percorso doloroso. Ma tutta la fatica è stata ripagata e ora faccio quello che più amo”, ha raccontato a Fanpage.it.
A cura di Eleonora Panseri
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A destra, Manuele, 40 anni
A destra, Manuele, 40 anni
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Manuele ha 40 anni, è nato e cresciuto a Comacchio, un piccolo comune in provincia di Ferrara. Undici anni fa si è trasferito a New York e, dopo tante peripezie, è riuscito a realizzare un sogno che coltivava fin da bambino: comporre musica per film e videogiochi.

"È stato un percorso doloroso. Se mi chiedessero: ‘Lo rifaresti?', direi di no. Ma tutta la fatica è stata ripagata e ora faccio quello che più amo" – ha raccontato Manuele a Fanpage.it – "New York è fatta per chi ha un sogno ben definito e chi ha una direzione. La questione è questa: la città ti mangia. Ma se hai un'idea precisa e continui a crederci, riesci a raggiungerla".

Quando e perché sei arrivato a New York?

Sono arrivato a New York 11 anni fa, nel 2013. Avevo il sogno di spostarmi qui fin da quando ne avevo 15 perché da sempre sono appassionato di musica e volevo comporre per film e videogiochi. La ‘Grande Mela' quindi era davvero la città dei sogni.

Io vengo da Comacchio, in provincia di Ferrara, dove prima di partire lavoravo come commesso in un negozio di animali. Ho fatto anche diversi altri lavori perché nel frattempo studiavo pianoforte e armonia al Conservatorio. Sono riuscito a entrare tardi, avevo già 21 anni ed è stata un po' dura. Ma fortunatamente ho avuto insegnanti che avevano capito quanto amavo la musica, sono riuscito a dare l'esame e dà lì è iniziata la mia avventura.

Manuele, 40 anni, italiano a New York
Manuele, 40 anni, italiano a New York

Ho sempre avuto la passione per il piano e la musica classica, ma il mio grande amore era, in particolare, per la musica applicata. Ammiravo compositori come Ennio Morricone e John Williams. Dopo aver finito il Conservatorio ho iniziato a pensare che volevo tantissimo trasferirmi, ma non sapevo come fare. In quel periodo ho avuto anche la fortuna di incontrare quella che poi è diventata mia moglie e insieme abbiamo deciso di spostarci negli States.

Un mio caro amico all'epoca viveva a NY e mi disse: "Vieni, stiamo cercando un insegnante di pianoforte in una scuola". Non era il mio obiettivo, ma era comunque un'opportunità per mettere un piede negli Stati Uniti. Ho fatto un visto da studente, perché non avevo uno sponsor che mi permettesse di richiedere un visto di lavoro, e mi sono messo a studiare inglese, visto che non lo sapevo bene.

Insieme al mio amico abbiamo cercato di capire come trasformare il mio visto e fortuna ha voluto che un'accademia musicale mi notasse e mi offrisse di lavorare per loro. Così, dopo tante peripezie, ho ottenuto il visto per lavorare in un ambito specializzato. La scuola aveva due sedi, una in centro a Manhattan, e l'altra in Connecticut.

Ogni giorno facevo 7 ore di viaggio per andare e tornare. Se me lo chiedessero oggi non lo farei mai, ma all'epoca ero così felice dell'opportunità per poter continuare il percorso e arrivare a diventare compositore di musiche per film e videogiochi.

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Per quanto tempo è durata questa situazione?

Così è stato per 6 anni e poi è arrivato il Covid. A quel punto ho avuto una sorta di crisi, continuavo a produrre e provare a trovare spazi per fare quello che volevo ma non ricevevo risposte. Durante quel periodo sono diventato molto attivo sui social e questo mi ha portato a produrre contenuti ogni giorno. Tante persone si sono interessate, mi hanno scritto e sono riuscito ad avere il contatto di una compagnia che si occupa di musiche da trailer per film e videogiochi con aziende importanti.

Ho selezionato tre dei miei brani migliori, ho inviato la mail e la cosa pazzesca è che un'ora e mezza dopo mi arriva un contratto da collaboratore. Ero scioccato, non riuscivo a crederci, dopo aver affrontato così tante difficoltà mi sembrava di vivere in un film. Non so descriverti la sensazione, ma è stato incredibile.

Grazie a questo contratto ho potuto fare richiesta di un altro visto e ora creo musiche per loro. E mi stanno continuando a dare tante soddisfazioni anche i social, dove posto la mia musica e riesco a fare coaching online nell'ambito della produzione musicale. Questo mi permette di entrare in contatto con persone da tutto il mondo. Ho trovato anche dei progetti attraverso i social media.

Tutto questo però non sarebbe stato possibile senza tre donne incredibili: mia madre e mia suocera, che oggi non ci sono più, e mia moglie. Sono figure che mi hanno cambiato e che in questi anni non hanno mai smesso di credere in me e mi hanno spronato a non mollare.

Quali sono gli aspetti negativi e positivi della vita a New York? Hai mai pensato di voler tornare in Italia?

L'Italia resta l'Italia: è un Paese veramente unico, meraviglioso, ogni volta che torno capisco quanto sia prezioso essere nati in un posto così. È vero che gli Stati Uniti hanno tante opportunità, lavoro, connessioni, ma il rapporto umano è difficilissimo e spesso manca. Per le persone con un carattere un po' chiuso diventa una città complicata da vivere.

A New York ci sono circa 10 milioni di persone ora, ma tutti si sentono soli. E molte volte ci si abbatte perché la competizione è fortissima. Ci sono effettivamente tante opportunità, ma poche davvero buone. Ed è anche una città estremamente cara, i momenti in cui ho detto: ‘Mollo', è stato quasi sempre per la questione economica.

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Però è anche grazie alla competizione che sono riuscito ad arrivare dove sono. I ‘no' e le critiche ti fanno venire la pelle più dura e questo porta a sentirsi più convinti e sicuri, così come aperti al confronto. Io ricevo critiche ogni giorno nel mio lavoro! New York è sicuramente una città in cui crescere e avere grosse opportunità. Frank Sinatra diceva: "If you can make it there (a New York, ndr), you can make it everywhere" ("Se puoi farlo lì, puoi farlo ovunque"), ed è vero.

In più, qui è veramente un melting pot, è una delle cose più belle. Ci sono culture differenti, tutte che si amalgamano perfettamente. C'è anche tanto rispetto del lavoro, qui ogni cosa inerente alla crescita economica, sociale e personale è considerato lavoro e c'è molto rispetto del tempo della persona, gli si dà valore. E questa è la cosa che, se dovessi mai trovare in Italia, mi mancherebbe di più.

Ricordi degli episodi particolari della tua vita lì?

Anni fa la mamma di uno dei miei alunni mi chiese: ‘Di cosa ti occupi, oltre all'insegnamento?', visto che a New York tante persone fanno più di un lavoro. Io le risposi che facevo anche musiche per film e videogiochi e lei mi disse che era amica di un compositore famoso, Mychael Danna, che ha vinto un Oscar per il film Vita di Pi.

Mi diede la sua mail e lui mi rispose subito. Poco tempo dopo mi trovavo a Los Angeles per vedere un altro compositore, Christopher Young, che ha fatto le musiche per diversi film horror, come Drag me to Hell, e organizzai un incontro anche con Danna. Lui mi invitò nel suo studio e tra una chiacchiera e l'altra gli chiesi di poter tenere in mano l'Oscar. Mi sono riflesso dentro uno specchio, con in mano la statuetta, che non è più grande di una bottiglia di Coca-Cola, e vedere quell'immagine mi diede una carica pazzesca, in un periodo veramente buio.

Ti manca l'Italia? Di quale aspetto hai sentito la mancanza in questi anni?

Penso che si apprezzi veramente l'Italia solo quando la si lascia per un po'. È un posto incredibile perché si riesce a vivere la vita veramente nella sua qualità: si curano i valori umani, quello della famiglia e dell'amicizia, c'è il tempo di apprezzare le piccole cose e i piacere della vita.

A New York questa cosa non c'è, sei sempre connesso, questa è la città per eccellenza dove lavorare, fare soldi, fare carriera e avere grandissimi sogni. Ma riesce anche a stressarti all'inverosimile. Quindi, sì, l'Italia mi manca tantissimo. Anche se qui si mangia benissimo, ci sono fin troppi locali italiani, è proprio l'esperienza dello stare in Italia che mi manca, lo stile di vita. Non lo cambierei per niente al mondo.

Manuele, 40 anni, italiano a New York.
Manuele, 40 anni, italiano a New York.

A chi consiglieresti di costruire una vita a New York?

New York è fatta per chi ha un sogno ben definito e chi ha una direzione. Ho conosciuto tante persone che sono arrivate qui e che alla domanda: ‘Cosa sei venuto a fare?', non sapevano rispondere. Sono tornate indietro perché la questione è questa: la città ti mangia. Ma se hai un'idea precisa e continui a crederci, riesci a raggiungerla.

Io mi ritengo fortunato e privilegiato perché la voglia di fare musica per film e videogiochi l'ho sempre avuta, da quando ero bambino, e non è mai cambiata. Mia moglie a volte mi deve trascinare via dal computer perché sono sempre lì (ride, ndr). È quella la cosa che ti protegge dal rumore che ti circonda, metaforicamente e non solo, visto che a New York ce n'è davvero tanto!

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