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Cuore zingaro, bruciano i campi: reportage sul popolo rom [VIDEO]

Una falsa accusa di stupro causa l’assalto al campo rom di Torino, un’oscura vicenda di rapimento a Ponticelli porta alla distruzione con bombe molotov di cinque insediamenti. Un filo rosso lega l’intolleranza verso gli ultimi e lo spaventoso baratro della povertà.
A cura di Alessio Viscardi
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Nei primi giorni del dicembre 2011, una quindicenne di Torino finge di essere stata stuprata da due "zingari". Viene organizzata una fiaccola di protesta e un gruppo di ultras della Juventus assalta un vicino campo rom, dandolo alle fiamme senza l'intervento delle forze dell'ordine. Nel maggio 2008, una sedicenne rom viene sorpresa in casa da una donna della periferia di Napoli, denuncia il tentativo di rapimento della sua figlia neonata e subito scatta l'azione punitiva: centinaia di persone prendono si recano ai cinque campi rom presenti a Ponticelli e li distruggono con bombe molotov. La polizia non interviene.

Cuore zingaro, bruciano i campo: reportage sul popolo rom

A Napoli ci sono oltre quattromila rom, di cui soltanto duemila censiti dalla questura, stipati in diversi campi collocati tra Ponticelli, Barra, Scampia, Gianturco e Capodichino. Paola Romano, un'attivissima operatrice dell'Arciragazzi di Napoli, ci racconta che dopo i fatti del 2008 circa trenta bambini rom non poterono più frequentare la scuola: “Successe alla fine dell'anno scolastico, i piccoli dovettero scappare in altri campi e fu difficile inserirli nuovamente in un percorso formativo”. Terrore, c'era terrore nel campo: “Anche gli uomini grandi e grossi avevano gli occhi pieni di paura”. Gigi Mete, dell'associazione NE:A, ci ricorda come “in Italia, la questione rom è stata affrontata sempre come una questione di ordine pubblico attraverso politiche securitarie”.

rogo al campo rom

“Lo Stato era assente – racconta Antonio Romano, della Caritas di Ponticelli – I campi erano cresciuti tantissimo, c'erano troppi rom e le persone del quartiere si lamentavano della loro presenza”. Fu una vera e propria “guerra dei poveri” tra i napoletani di periferia, arrabbiati e disoccupati, e gli “stranieri” che vivevano in quei campi da anni. Il rapimento? Una finzione, un fraintendimento cresciuto tanto da diventare rivolta popolare, forse fomentata dagli interessi degli speculatori e della malavita che sui terreni di Ponticelli aveva intenzione di costruire nuove abitazioni. “Lì mi sentivo bene, adesso sto male… a volte mi viene da piangere” ci confida una bambina rom che ha vissuto quegli attimi concitati quando era piccolissima. A causa dell'incendio e dei numerosi trasferimenti, ha dovuto cambiare più di quattro scuole. “Un dramma per i bambini – ci dice Paola Romano – che hanno già difficoltà ad inserirsi a causa della diffidenza delle persone verso i rom”.

campo rom di ponticelli

Vivere in un campo rom è difficile: manca l'acqua, spesso presa abusivamente da cimiteri e altre infrastrutture che si trovano in zona oppure trasportata per chilometri in secchi e altri contenitori. I campi più fortunati sono dotati di un generatore elettrico gestito dal capo. Il problema igienico è enorme: fuori ai campi vengono costantemente sversati abusivamente rifiuti, talvolta anche speciali. Siamo stati all'ingresso del campo di Barra con un cittadino del posto -Salvatore Dolce. Lì abbiamo trovato centinaia di metri rifiuti industriali che si alternano agli scarti dei napoletani. Materiale derivante dalla rottamazione delle automobili, residui di edilizia, vestiti e scarpe. Ancora più grave la situazione al campo rom di Ponticelli, lì dove sono stoccati i rifiuti provenienti dalla bonifica (mai terminata) della Statale del Vesuvio, effettuata dalla società regionale Astir – ora sull'orlo del fallimento.

pupazzo in campo rom

I rom sono sopravvissuti per decenni raccogliendo rame, ferro e altri materiali riciclabili. Oggi, con le nuove leggi, questa pratica è vietata. Molte donne rom vanno a “caritare”, perché – ci spiega Paola – per loro chiedere la carità è un lavoro, ma lo fanno con molta umiliazione personale e lontano dai luoghi dove vivono e dove i propri bambini vanno a scuola: “Stiamo battendoci per fare in modo che le madri non portino i propri figli a chiedere l'elemosina e ci stiamo riuscendo”. Il fenomeno della prostituzione, non molto diffuso tra le donne, sta prendendo piede tra gli uomini rom – spesso pagati per avere rapporti omosessuali da italiani: “Lo fanno – racconta Paola con la voce rotta dall'amarezza – per mantenere la propria famiglia”.

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