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Cuore nero, il cammino dei rifugiati dalla primavera araba all’inverno italiano [REPORTAGE]

Dalle rivolte della primavera araba ai Centri di Identificazione in Italia, migliaia di immigrati clandestini arrivano via mare per fuggire da un’Africa sempre più instabile e si ritrovano prigionieri. Abbandonati dallo Stato, il 90% delle richieste di asilo politico viene rigettato.
A cura di Alessio Viscardi
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Cuore nero, cuore zingaro #2 – dalla primavera araba all'inverno italiano

25 mila immigrati morti nel Mar Mediterraneo nella speranza di raggiungere l'Italia, per poi finire nei CIE oppure in alberghi senza alcuna tutela. Ecco dove finiscono le rivoluzioni del Nord Africa

"Abbiamo fatto affiggere dei manifesti di lutto in tutta Casal di Principe – ricorda Renato Natale, presidente dell'associazione Jerry Essan Masslo – con il quale partecipavamo al dolore delle 20 mila famiglie che hanno perso un parente in quel grande cimitero che è il Mar Mediterraneo. Morti a causa della nostra indifferenza e delle nostre leggi, è una strage". Mentre tutto il mondo si emozionava per quello che stava accadendo da piazza Tahrir a Sirte, migliaia di immigrati affogavano nelle acque davanti alle coste di Lampedusa.

Cuore nero, dalla primavera araba all'inverno italiano

La primavera araba vista da Lampedusa

Il 17 dicembre 2010, un ambulante tunisino si dà fuoco per protesta contro la corruzione della polizia di Ben Ali. Il suo nome era Mohamed Bouazizi e il suo gesto disperato diede inizio alla primavera araba: una serie di sommosse che hanno coinvolto i principali paesi del Maghreb (Tunisia, Egitto, Libia) portando alla caduta e alla morte di dittatori che da decenni detenevano un potere assoluto nella regione.

Assieme alle rivolte, è ripartito dalle coste di Tunisia e Libia un flusso migratorio di disperati in cerca di salvezza dalla fame e dalle angherie della guerra civile. Nella conferenza stampa di Ferragosto, l'ex-ministro dell'Interno, Roberto Maroni, ha esposto i dati sull'emergenza immigrazione del 2011: 48 mila migranti giunti sulle coste italiane fino al 31 luglio, la maggior parte a Lampedusa, quasi 25 mila i tunisini, 23 mila quelli provenienti dalla Libia. Tra questi ultimi, non ci sono soltanto i cittadini del paese governato con pugno di ferro da Muammar Gheddafi fino alla sua esecuzione nelle strade di Sirte, ma anche lavoratori provenienti dall'Africa sub-sahariana. Persone giunte da tutto il continente per trovare un'imbarcazione e fuggire in Europa, ma rimaste imprigionate nel paese del Colonnello a causa degli accordi stretti tra Italia e Libia sul controllo dell'immigrazione clandestina.

Centro di accoglienza di Lampedusa pieno di immigrati

Nel marzo 2011, la situazione nel Centro di Identificazione di Lampedusa è sfuggita di mano, sfociando in una enorme emergenza umanitaria: quasi 6 mila stranieri sono arrivati sull'isola, contro una popolazione locale di meno di 5 mila abitanti. Si sono susseguiti fughe dal CIE, incendi e scontri con la polizia. All'interno del Centro, migranti e giornalisti hanno denunciato condizioni di vita disumane: sovraffollamento, mancanza di servizi igienici e nessuna cura sanitaria. L'allora presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, in una roboante conferenza stampa, dopo aver annunciato di aver preso casa sull'isola, promette di mandare via i migranti in sessanta ore. Navi da crociera e imbarcazioni militari vengono adoperate per portare in altri Centri di Accoglienza i richiedenti asilo.

Clandestino fuorilegge: dietro mura alte 5 metri

L'ex Caserma di Caserta diventata CIE

Più di 400 immigrati vengono mandati in Campania, rinchiusi nella ex-caserma militare Andolfato in provincia di Caserta. Una vera e propria prigione, circondata da mura alte cinque metri, sorvegliata da militari. I migranti vengono alloggiati in una tendopoli di fortuna allestita nel cortile interno della caserma, senza poter avere nessun contatto col mondo esterno.

Fin dal loro arrivo all'Andolfato, il 18 aprile 2011, la condizione di vita dei migranti desta preoccupazione nelle associazioni umanitarie, che pochi giorni dopo organizzano proteste all'esterno del sito militare per chiedere la liberazione degli stranieri trattenuti illegalmente dalle forze dell'ordine italiane. Inizialmente, la caserma non ha statuto giuridico: non è un CIE, non è un CARA, e non vengono spiegate ai rifugiati le procedure per richiedere un permesso di soggiorno per motivi umanitari. "Dopo aver rischiato di morire attraversando il mare, questi giovani si ritrovano rinchiusi in una gabbia" urla un'attivista, mentre un altro ribatte: "Tutto il mondo ha applaudito queste persone quando si sono ribellate ai tiranni in Tunisia e in Egitto, eppure appena sono arrivate in Italia sono diventate subito degli sporchi clandestini". L'apertura di CIE temporanei come quello si Santa Maria Capua Vetere pesa per 6 milioni di euro sulle casse dello Stato, come denunciano i comitati cittadini.

Un albergo da chiamare "casa"

Le proteste dei cittadini e le rivolte dei migranti portano alla chiusura del CIE. La Regione Campania e la Protezione Civile stringono accordi con alberghi napoletani da utilizzare come Centri di Accoglienza per Richiedenti Asilo (CARA). Nella sola Provincia di Napoli sono ospitati 1500 rifugiati, 900 soltanto nella città. "Si trovano soprattutto negli alberghi della zona della stazione centrale" – conferma Vincenzo Annibale della Cgil Migranti. "Queste persone sono tutte fuggite dalla guerra in Libia, ma provengono dai paesi dell'Africa centrale: Nigeria, Mali, Ghana, Costa D'Avorio" precisa l'assessore alle politiche sociali del Comune di Napoli, Sergio D'Angelo, che denuncia con fermezza le condizioni di vita all'interno di queste strutture: "Queste persone non dispongono di assistenza sanitaria, né di assistenza legale, vivono nell'assoluto abbandono".

De Magistris e l'emergenza immigrati

"Una situazione che sei mesi fa non era critica rischia di trasformarsi in emergenza sociale e sanitaria" ribatte Annibale. Marica Visconti, della Onlus LESS, sottolinea come si sia scelto di adoperare misure inadeguate -come la sistemazione negli alberghi dei rifugiati- nonostante esista già la rete dello SPRAR (Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati) che "nel 2008 era riuscita a tamponare l'emergenza immigrazione". Il sistema SPRAR include oltre cento enti locali nella gestione di un'accoglienza di secondo livello che garantisce non soltanto mediazione culturale, assistenza linguistica e sanitaria, ma anche l'inserimento sociale e lavorativo dei richiedenti asilo e dei rifugiati che oggi sono costretti a vivere con buoni pasto da 2,5€ al giorno. Per l'emergenza del 2011, denuncia la Visconti, "si è preferito attivare un sistema parallelo bypassando le associazioni che da anni si occupano di migranti forzati e questa rete di enti locali", sciupando consistenti risorse pubbliche.

"Agli albergatori è stato proposto un pacchetto clienti consistente per un tempo prolungato – afferma Enzo Annibale – In questo periodo di crisi, hanno accettato, anche senza riuscire a espletare ai doveri di un CARA e non essendo in grado di espletare ai doveri burocratici relativi ai migranti".

“ Molto presto, emergenza sociale e sanitaria a Napoli ”
Sergio D'Angelo
"Alcuni alberghi non hanno voluto adeguarsi alle necessità dei migranti – denuncia l'assessore D'Angelo – Molto presto ci troveremo di fronte ad un'emergenza sociale e sanitaria, che metterà a rischio non soltanto la salute dei 900 rifugiati ospitati negli alberghi di Napoli, ma anche quella dei nostri concittadini".

Un rifugiato del Gambia che è fuggito dalla guerra in Libia -e che vuole rimanere anonimo- ci mostra la stanza nella quale vive da mesi in un hotel nei pressi della stazione centrale di Napoli. Si tratta di un piccolo locale molto scarno, con appena due brandine per dormire, un tavolino e un televisore. "Il 16 ottobre 2011 ero in Libia e non avevo modo di tornare al mio paese – ci racconta – perché non avevo più documenti. Così, sono partito per l'Italia. Il viaggio via mare è stato veramente difficile, poi sono arrivato a Lampedusa. Per me vivere in hotel è una buona cosa, d'altronde senza documenti non posso lavorare e non ho scelta".

I 1500 migranti che sono ospitati in Campania vengono sottoposti all'esame di commissioni che devono decidere se riconoscere loro lo status di rifugiato politico. Si tratta di un riconoscimento che viene dato abbastanza facilmente ai cittadini dei paesi dove sono in corso sommovimenti politici, come la Libia, ma che difficilmente viene accordato a chi in quel paese lavorava soltanto. Oggi, tutte queste persone cercano di raggiungere il nostro paese, ma non possono dimostrare di essere scappate perché perseguitate in patria. Quindi, per loro è molto difficile ottenere la protezione internazionale.

L'assessore D'Angelo denuncia che alcune commissioni, in Campania, arrivano a bocciare il 90% delle domande presentate dai richiedenti asilo. La commissione regionale di Caserta accetta solo una richiesta su cinquanta. Questo accade anche perché gli hotel non riescono a garantire nemmeno tutela legale agli ospiti: "Si presentano alla commissione come se andassero a una gita – ci racconta Omar, mediatore culturale per il Comune di Napoli – Nessuno spiega loro che devono preparare dei documenti e sostenere un colloquio". E questa non è soltanto una questione di diritti: "Prima di conoscere i tuoi diritti, tu devi sapere chi sei" e queste persone non lo sanno più.

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