Crollo Ponte Morandi, l’ex consigliere di Aspi: “Mi dissero che era a rischio otto anni prima”
"Durante una riunione emerse che il Ponte Morandi aveva un difetto originario di progettazione e che era a rischio crollo. Chiesi se ci fosse qualcuno che certificasse la sicurezza e Riccardo Mollo mi rispose ‘ce la autocertifichiamo' ", lo ha dichiarato in Tribunale a Genova Gianni Mion, ex Amministratore delegato della holding dei Benetton Edizione, ex consigliere di amministrazione di Aspi e della sua ex controllante, Atlantia. Le scottanti rivelazione di Mion durante una udienza del processo sul disastro del 2018 i cui morirono 43 persone.
La rivelazione fa riferimento a una riunione avvenuta del 2010, ovvero otto anni prima del crollo del Ponte Morandi di Genova. Per Mion dunque i vertici dei Aspi sapevano che il viadotto Polcevera aveva un difetto di progettazione ma nessuno sarebbe intervenuto, nemmeno lui. "Non dissi nulla e mi preoccupai. Era semplice: o si chiudeva o te lo certificava un esterno. Non ho fatto nulla, ed è il mio grande rammarico" ha ammesso Mion.
Secondo lo stesso Amministratore, alla riunione avrebbero partecipato tutti i vertici di Aspi: oltre al direttore generale di Aspi Mollo, l'ad di Aspi, Giovanni Castellucci, Gilberto Benetton, il collegio sindacale di Atlantia e, secondo il ricordo del manager, tecnici e dirigenti di Spea. Dopo queste frasi, l'avvocato Giorgio Perroni, che difende l'ex direttore del Primo tronco di Autostrade, Riccardo Rigacci , che è indagato insieme ad altre 58 persone, ha chiesto di sospendere l'esame di Gianni Mion e di iscriverlo nel registro degli indagati. L'esame di Mion in Aula però è andato avanti e i giudici hanno detto che si riservano sulla richiesta avanzata da Perroni.
"Fu fatto un errore da parte di Aspi quando acquistò Spea, la società doveva stare in ambito Anas o del ministero, doveva rimanere pubblica. Il controllore non poteva essere del controllato" ha proseguito Gianni Mion aggiungendo che dopo le intercettazioni e il crollo nella galleria Bertè aveva Ela sensazione che nessuno controllasse nulla. La mia idea è che c'era un collasso del sistema di controllo interno e esterno, del ministero non c'era traccia. La mia opinione, leggendo ciò che emergeva, è che nessuno controllasse nulla".
A confermare indirettamente che i pericoli venivano sottostimati da Spea, società controllata da Aspi che si occupava della sorveglianza, è stato anche l'attuale amministratore delegato di Autostrade, sentito oggi come teste nel corso del processo. "Il livello di degrado della rete era sostanzialmente peggiore di quanto era emerso da ispezioni di Spea. Nel 2019 si era partiti con la verifica di 33 opere con due società esterne poi si è passati a 66. Ma vedendo la non omogeneità dei punteggi abbiamo esteso i controlli a tutta la rete" ha spiegato l'Ad, aggiungendo: "Nel 2020 abbiamo visto un incremento dei coefficienti di rischio anche di oltre il 200% rispetto a quelli rilevati da Spea mentre nel 2019 era del 50%" ha rivelato l'ad parlando del cambio di passo di Aspi dopo il suo arrivo come amministratore delegato e direttore generale. "Il livello di degrado della rete era sostanzialmente peggiore di quanto era emerso da ispezioni di Spea. Nel 2019 si era partiti con la verifica di 33 opere con due società esterne poi si è passati a 66. Ma vedendo la non omogeneità dei punteggi abbiamo esteso i controlli a tutta la rete".
Si tratta di affermazioni che confermano quanto sostenuto dalla Procura di Genova secondo la quale nei 50 anni di vita del viadotto, Autostrade non avrebbe mai chiesto il parere di esperti sullo stato di salute dei cavi primari del ponte, quelli che lo tenevano in piedi. Per la magistratura, gli allarmi però esistevano nonostante i "semplici controlli superficiali" effettuati sul ponte visto che era evidente che la corrosione fosse già in atto. Considerazioni che, secondo il Comitato per i parenti delle vittime del Ponte Morandi, confermerebbero che la tragedia poteva essere evitata.
"Mi chiedo come si possa stare zitti quando si hanno tra le mani informazioni di gravità come questa e come certe persone possano dormire sonni tranquilli" ha dichiarato Egle Possetti, presidente del comitato ricordo vittime del ponte Morandi, aggiungendo: "Se fossi stata al suo posto e avessi saputo lo stato delle infrastrutture non sarei stata zitta e avrei fatto il diavolo a quattro e avrei anche fatto in modo che il problema emergesse. Speriamo che qualcuno paghi".