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Crocifissa a Firenze: chi è Riccardo Viti, l’uomo che ha seviziato e ucciso Cristina

Riccardo Viti è stato condannato a vent’anni di carcere per aver seviziato sessualmente con un bastone la giovane Andrea, 26 anni, causandone la morte. La ragazza è morta ‘crocifissa’ a una sbarra di ferro il 6 maggio 2016 a Ugnano (Firenze).
A cura di Angela Marino
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Riccardo Viti, idraulico di 59 anni, è stato condannato in via definitiva a vent'anni di carcere per avere ucciso Andrea Cristina Zamfir, nota alle cronache dell'orrore come la ‘donna crocifissa' a Firenze. Pronunciata al termine di un processo celebrato con rito abbreviato, la condanna si basa tutta sulla risposta a un solo interrogativo: Viti, 55enne con un vissuto difficile e reo confesso del delitto, sapeva cosa stava facendo quando ha ucciso? Per rispondere a questa domanda, i giudici hanno scandagliato tutta la storia dell'idraulico fiorentino.

Riccardo Viti nasce nella periferia di Firenze 55 anni fa. Suo padre, titolare di una ditta di idraulica  – come ricostruisce la consulenza psico-criminologica della psicologa, Luisa D'Aniello – è completamente votato al lavoro, tanto da spogliarsi del ruolo educativo per consegnarlo esclusivamente alla moglie. Per la donna crescere quell'unico figlio diventerà il più importante compito di un'intera vita e, proprio a fronte di quel ‘sacrificio', Riccardo svilupperà una divorante ansia di compiacere la mamma, quasi che volesse ricompensarla della sua dedizione con un esemplare modello.

Una madre ingombrante

La stessa ansia di approvazione viene proiettata sugli altri. Nello sforzo di compiacere tutti Riccardo diventa un ragazzo servile e passivo, senza, peraltro raggiungere il suo obiettivo. Agli altri, infatti, Riccardo Viti non piace, appare ai loro occhi come ‘ridicolo, grottesco e banale'. A scuola si guadagna subito ‘ lo stigma del ritardato' perché mancino in un periodo storico – gli anni Sessanta – in cui i sinistri erano considerati studenti da correggere. Diventa quindi un adolescente senza amici, fidanzata né alcuna figura di riferimento a parte la madre, per la quale prova sentimenti contrastanti di gratitudine e rabbia. La sua frustrazione risiede nel fatto di disattendere continuamente le aspettative di una madre esigente.

I fallimenti

Intanto Viti si diploma alle scuole serali come ragioniere ed entra – per volere dei suoi – nell'azienda di famiglia. Allo stesso tempo comincia ad arbitrare delle gare di karate, perseguendo, almeno una volta nella vita, i propri desideri, ma anche lì i risultati sono disastrosi, tanto che la carriera di arbitro si fermerà ai livelli più bassi. Dopo qualche anno lascia l'azienda di famiglia per un impiego in un'impresa edile, ma anche lì Viti fa un errore dietro l'altro rimanendo in breve tempo disoccupato.

Le donne

Con le donne disagi e blocchi sono anche più invalidanti. Viti si sposa nel 2005 con una donna (già madre di un figlio) di nazionalità ucraina, ma resta a vivere con i suoi. È qui, nella sfera psico-sessuale che sedimentano quelle pulsioni sadiche che porteranno ai tragici fatti del 5 maggio 2016. Per il Riccardo Viti adulto, infatti, il sesso è gratificante solo quando infligge umiliazione all'altro e per questo, l'uomo rivolge le sue pulsioni a sconosciute schiave del sesso, ora a Prato, nei dintorni della stazione dove sua moglie lavorava, ora a Firenze, dove adesca prostitute nella zona delle cascine.

Il sesso

Con il passare del tempo, durante gli incontri a pagamento, comincia a fare richieste sempre più precise. Viti non si accontenta più di sculacciarle, come faceva in principio, vuole legarle con il nastro adesivo, le penetra con un bastone che si porta dietro, in auto. Prende l'abitudine di appartarsi con loro nella zona di Ugnano, dove da piccolo andava con i genitori, le fa denudare, le lega e poi, dopo averle seviziate con un bastone, le lascia nude e urlanti. "Volevo evitare che mi rincorressero" dirà poi.

Il picco dell'escalation

Una delle tante sere passate a girovagare in cerca di giovani prostitute si imbatte in Andrea Cristina Zamfir, 26 anni, mamma di due bambini. Come tante connazionali Andrea era venuta dalla Romania in cerca di opportunità, e invece in Italia aveva trovato il marciapiede. Le chiede di salire in auto e la porta a Ugnano, nella zona che conosce bene e dove, ai piedi del cavalcavia, c'è una grossa sbarra orizzontale. La fa denudare e poi le ferma i polsi con le braccia spalancate, in posizione ‘crocifissa', dall'auto intanto prende il legno. Il giorno dopo Andra verrà trovata senza vita con il bastone confitto nel retto. A ucciderla, l'emorragia scatenata dal trauma.

L'epilogo

Qualche giorno dopo Riccardo Viti si troverà davanti al pm a rispondere alla stessa domanda intorno alla quale è ruotata la sentenza: "Lei sa che se avesse tolto il bastone la ragazza sarebbe ancora viva?" chiede il magistrato.

"Sì, lo so".

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