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Cristina, seviziata e poi crocifissa sotto a un cavalcavia: idraulico condannato a 20 anni

Andrea Cristina Zamfi è stata trovata “crocifissa” sotto un cavalcavia della A1 a Ugnano, frazione di Firenze. La giovane è morta per le sevizie sessuali subite con un paletto di legno. Per il suo omicidio è stata confermata la condanna a 20 anni di carcere per l’idraulico Riccardo Viti. In passato Viti aveva seviziato altre 5 prostitute nello stesso modo.
A cura di Angela Marino
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Via del Cimitero di Ugnano, Firenze ovest. La mattina del 5 maggio 2014, nella strada a pochi chilometri dal'Arno, un ciclista si imbatte in una scena macabra. Sotto il cavalcavia dalla A1 c'è un corpo bianco e nudo attaccato per i polsi a una sbarra. Sembra un manichino, in realtà è una donna di 26 anni: è stata "crocifissa".  Sul ciglio di una strada nella frazione di Mantignano, a circa un chilometro da dove si trova il corpo ci sono gli abiti della vittima e i suoi documenti. Si chiamava Andrea Cristina Zamfir, romena, faceva la prostituta. Quando i carabinieri giungono sul posto collegano immediatamente il caso richiama un episodio avvenuto circa un anno prima a Scandicci: un'altra prostituta fu trovata, viva, legata per le braccia dopo aver subìto sevizie sessuali. A Firenze c'è un nuovo mostro.

Uccisa con un paletto di legno

Dopo più di vent'anni dal caso del "mostro di Firenze", la Toscana torna sulle pagine dei giornali per un altro killer sadico che brutalizza e uccide le donne. Intanto l'autopsia chiarisce le cause della morte della giovane Andrea: è stata stroncata da una emorragia causata da un corpo estraneo che il killer ha usato per penetrarla. Si tratta di un paletto di legno che è stato spinto così forte da lesionare gli organi interni, causando una emorragia così intensa da cagionare il decesso in pochi minuti. Il "mostro di Ugnano", però, ha lasciato sulla scena i suoi strumenti di tortura: i carabinieri trovano nei pressi del cavalcavia un flacone di lubrificante, una fascetta di plastica da elettricista e un pezzo di nastro adesivo, lo stesso con cui le ha legato i polsi a una sbarra. Questa volta, a differenza del mostro di Firenze, i delitti non si reiterano, tanto da far pensare a un unico caso, un incidente. Il "bruto" non uccide, sevizia le sue vittime e poi scappa. Questo il profilo psicologico dell'uomo che avrebbe ucciso Andrea e che non è, evidentemente, un serial killer esperto, tanto che appena 5 giorni dopo viene arrestato: Riccardo Viti, un idraulico fiorentino di 55 anni viene prelevato dagli agenti della Squadra Mobile nella sua abitazione in via Locchi, a Firenze. Non si oppone all'arresto, anzi, fa subito delle ammissioni. Il Dna sulla scena lo inchioda, in più, le telecamere di videosorveglianza lo mostrano alla guida del furgone in compagnia di Andrea. "Ho fatto una bischerata" dice subito agli inquirenti.

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La confessione

Il mostro è un uomo normale, regolarmente sposato, vive in casa con la moglie e il figlio di lei. La notizia del suo arresto fa emergere altri episodi di violenza: quella non era la prima volta che Viti seviziava una prostituta. Un'altra donna di origini rumene lo accusa di averla legata, seviziata e abbandonata sanguinante mentre invocava aiuto. Altre quattro donne si fanno avanti dicendo di essere state violentate dal "mostro". Gli episodi si collocano tra il 2011 e 2014. Intanto emerge un altro particolare scioccante: per il suo rituale sadico Viti adoperava un "kit", ovvero una valigetta rigida di colore scuro contenente scotch, corde, pali di legno, lubrificante. "Ho cominciato anni fa a frequentare prostitute – confessa agli inquirenti –  Ci andavo perché io con le donne non sono mai stato fortunato e sono sempre stato rifiutato. Leggevo giornalini e ho cominciato ad avere la fantasia erotica del sadomasochismo, mi sono organizzato con nastri e corde per legare le prostitute".

Cristina, morta per 30 euro

Viti confessa subito l'omicidio di Andrea. "Dopo che la ragazza ha cominciato a urlare – dice – mi sono fatto prendere dal panico e non ho pensato ad estrarre il legno che le avevo spinto dentro con veemenza. "Mi rendo conto di aver fatto una grossa sciocchezza". Davanti agli inquirenti Viti definisce "una grossa sciocchezza" l'omicidio della 26enne, assicurando di non avere avuto l'intenzione di uccidere. Anzi, l'idraulico e giudice di gare karate giustifica così l'uso di pali di legno e altri oggetti "spiegavo alle ragazze che non essendo io dotatissimo dal punto di vista sessuale, le avrei penetrate con un bastone". "Se la prostituita strillava – racconta Viti – la lasciavo lì legata e nuda e scappavo per la paura". Poi torna su quanto accaduto con Andrea: "Le ho spiegato cosa volevo fare, ha acconsentito e abbiamo pattuito la somma di 30 euro". "Lei ha cominciato a strillare – racconta – sono scappato e le ho lasciato il bastone dentro. L’operazione è durata una decina di minuti".

Il processo e la condanna a 20 anni

Inizia il processo per l'omicidio volontario aggravato della 26enne Andrea Cristina. La difesa spinge per la tesi dell'incidente e chiede la derubricazione del reato in omicidio preterintenzionale o in omicidio colposo aggravato dalla colpa cosciente. Eppure Viti viene giudicato consapevole e lucido tanto che la Procura chiede l'ergastolo. "Sapeva che quello che faceva era pericoloso e che gli strumenti usati potevano provocare alle vittime lesioni gravissime" dice il pm Eligio Paolini secondo il quale l'imputato resta "un sadico sessuale", "un predatore". Infine, la Corte di Assise di Appello di Firenze ha confermato la condanna a 20 anni di reclusione per Viti che resta recluso in una cella a Sollicciano, isolato per proteggerlo da eventuali ritorsioni da parte degli altri detenuti, in attesa del verdetto della Cassazione.

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