Crisanti sulle discoteche: “Ok a riaprirle, ma prima terza dose di vaccino a tutti”
"Riaprire le discoteche? Possibile, ma a patto che le autorità sanitarie organizzino la somministrazione della terza dose di vaccino per tutti". A dirlo, in un'intervista rilasciata a Fanpage.it, il professor Andrea Crisanti, professore di microbiologia all’Università di Padova. Secondo lo scienziato nei prossimi mesi potrebbe essere necessario iniettare una dose aggiuntiva di vaccino non solo alle fasce di popolazione più vulnerabili, ma anche a tutte le altre per non rischiare un nuovo incremento dei contagi come sta avvenendo nel Regno Unito e in Israele.
Il CTS ha dato l’ok alla riapertura delle discoteche al 35% di capienza. Secondo lei è una decisione saggia?
È molto importante partire da una riflessione: in Italia la popolazione si è vaccinata in ritardo rispetto al Regno Unito e a Israele, quindi può ancora beneficiare di una protezione alta che tuttavia andrà a scemare nei prossimi 2-3 mesi, quelli invernali. Iniziative come la riapertura delle discoteche sono giustificabili solo se le autorità sanitarie intendono estendere a tutti la somministrazione della terza dose, altrimenti rischiamo tra un po' di trovarci nella stessa situazione dell'Inghilterra, con 30mila contagi e 150 morti al giorno. A questo punto si pone un tema di natura etica: è giusto, ed è sostenibile, sacrificare in un anno decine di migliaia di vite di persone fragili per permettere agli altri di condurre la parvenza di una vita "normale"? Secondo me no, ma questo è un tema squisitamente politico e non più scientifico.
Pensa quindi che la terza dose vada estesa anche alle persone non fragili?
Penso di sì. I dati che ci arrivano dal Regno Unito e da Israele sono piuttosto chiari: i vaccini attualmente prodotti conferiscono una protezione di 6/7 mesi dal contagio, ma dopo questo periodo si torna ad essere molto esposti all'infezione. Credo che alla luce di questo vadano rivisti anche i criteri del green pass: oggi una persona che si è vaccinata 6/7 mesi fa è in grado di infettarsi e di trasmettere, ma con il certificato verde può accedere a molti luoghi. Penso che questo rischi di rivelarsi un errore, oltre che un argomento che i no vax spenderanno per la loro propaganda.
Moderna ha annunciato che aprirà una fabbrica in Africa. È questa la strada da seguire per poter vaccinare anche i paesi poveri? Ed è d'accordo sulla sospensione dei brevetti?
Questa della sospensione dei brevetti mi sembra una posizione demagogica, perché non è assolutamente sufficiente per garantire subito di poter mettere in produzione dei farmaci: servono tecnologie che purtroppo non si improvvisano dall'oggi al domani e di cui non tutti sono dotati. L'iniziativa di Moderna è utile, ma i vaccini a mRna non sono adatti ai paesi africani.
Come mai?
Ci sono problemi di varia natura da tenere in considerazione: in molti paesi poveri mancano infrastrutture, non c'è acqua corrente, non esiste un'anagrafe, manca l'elettricità ed è quindi impossibile rispettare la catena del freddo necessaria per conservare i vaccini a Rna messaggero. Servirebbe quindi un nuovo vaccino specifico a una sola dose, con costi più bassi, con esigenze di conservazione diverse e che conferisca una protezione di maggiore durata. Non a caso i vaccini impiegati per le malattie che abbiamo debellato, cioè vaiolo e poliomelite, hanno esattamente queste caratteristiche.
Quindi secondo lei servirebbe un altro vaccino?
Lo sviluppo di un vaccino con le caratteristiche che ho elencato dovrebbe essere la priorità di ogni paese. Le faccio un esempio importante, quello sul vaccino contro la febbre gialla: è il migliore che sia stato mai sviluppato perché conferisce con una sola dose una protezione di 10 anni, con effetti collaterali in un solo caso su un milione. Ebbene, questo vaccino richiede la catena del freddo a 4 gradi, e questo è stato un ostacolo quasi insormontabile per la sua distribuzione in Africa. È per questo che la febbre gialla non è stata ancora debellata nel mondo. Una vaccinazione è una misura di sanità pubblica influenzata da fattori politici, economici e sociali. Non si può non tenerne conto.