Crema, lo sfogo di un medico: “Ho preso il Covid in prima linea, Regione riconosca il mio impegno”
Sono rimasti rinchiusi a lavorare negli ospedali lombardi anche oltre 12 ore al giorno, sigillati da capo a piedi da tute che impediscono la traspirazione. Protetti – quando possibile – da mascherine, occhiali e guanti, con la costante paura che un solo movimento sbagliato potesse innescare un effetto domino nel contagio da Covid. Medici e paramedici sono stati impegnati per mesi sui fronti più caldi dell’emergenza. E se durante la fase critica della pandemia sono stati chiamati “eroi” e “angeli”, ora non tutti possono godere dello stesso riconoscimento per il lavoro svolto in prima linea. Infatti, i medici extramoenia e gli specializzandi sono stati esclusi dal cosiddetto bonus previsto per il personale sanitario lombardo.
Il bonus non riconosciuto
Si tratta di 123 milioni (41 stanziati dal Governo e 82 da Regione Lombardia), che verranno erogati sotto forma di premio direttamente nella busta paga del mese di giugno. Un incentivo, una tantum, che a seconda della tipologia di attività svolta durante la fase acuta dell’emergenza varia dai 375 euro lordi ai 1.730. Questo premio economico, però, non verrà riconosciuto ai medici in regime extramoenia e cioè a quei medici assunti a tutti gli effetti dall’azienda ospedaliera nella quale operano, ma che sono titolati a svolgere una attività di libera professione all’interno di studi privati esterni all’ospedale.
L'amarezza dei medici di serie B
"Anche noi abbiamo svolto il nostro lavoro nei reparti Covid, con la stessa dedizione, professionalità e sottoposti ai medesimi rischi dei nostri colleghi – racconta a Fanpage.it il dott. Stefano Passerini, otorinolaringoiatra dell’ospedale di Crema -. Anche noi ci siamo ammalati, io personalmente ho contratto il virus operando in corsia tra i pazienti colpiti da Coronavirus. Dalle istituzioni, però, siamo considerati medici di serie B. Insieme agli specializzandi, siamo stati bollati come inutili e invisibili”.
La struttura di Crema si aggiudica il terzo posto sul podio tra gli ospedali in Lombardia che hanno trattato il maggior numero di pazienti Covid. “Tutti i reparti chirurgici dell’ospedale di Crema sono stati convertiti in reparti Covid. Noi tutti, senza alcuna distinzione in termini contrattuali, abbiamo fatto il nostro dovere: ed è giusto così. Dopotutto siamo tutti medici. Non è certo una premialità, una gratificazione economica, che viene a mancare: ciò che ferisce è la mancanza del riconoscimento di una dignità professionale e del lavoro svolto con dedizione nei mesi critici dell’emergenza sanitaria”. La discriminante non può di certo essere l’introito derivante dalla libera professione all’interno del proprio studio privato. “A causa del lockdown, gli studi privati dei medici specialistici sono rimasti chiusi e senza pazienti. Il mio studio poi è rimasto chiuso per quasi 3 mesi perché ho contratto il virus”.
Extramoenisti in cerca di chiarezza anche a Monza
Anche i medici extramoenia dell’Asst di Monza si stanno mobilitando e chiedono chiarezza sulla questione. L’obiettivo comune è di ottenere gli stessi riconoscimenti dei colleghi intramoenisti, soprattutto alla luce del fatto che Regione Lombardia ha scelto di premiare anche gli amministrativi che hanno operato in smart working.
La posizione di Regione Lombardia
“Purtroppo il decreto legislativo 502 del ’92, che tratta il rapporto esclusivo di dirigenti sanitari e il contratto collettivo della sanità, prevede che coloro che hanno un rapporto di lavoro non esclusivo non possono usufruire del premio di risultato – ha spiegato Guido Gallera, assessore al Welfare di Regione Lombardia – Noi abbiamo chiesto al ministero una interpretazione estensiva della norma che ci consenta di assegnare anche ai medici in regime extramoenia, che hanno lavorato giorno e notte bei reparti di terapia intensiva, semintensiva, nei reparti di pneumologia, per sconfiggere il Covid e salvare la vita alle persone. Le risorse ci sono, le abbiamo già accantonate: il Governo deve solo autorizzarci a attribuirle”. Il quesito da parte di Regione Lombardia al Ministero della Salute è stato protocollato lunedì 6 luglio. Dagli uffici del viceministro, nella giornata di ieri, ci hanno fatto sapere che approfondiranno nei prossimi giorni l’argomento, anche in termini legislativi.