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Crac Cirio: 15 anni di reclusione per Cragnotti, 8 per Geronzi – le richieste del Pm

Alle battute finali il processo per il Crac Cirio con la richiesta del Pubblico Ministero di condanna nei confronti di Sergio Cragnotti e Cesare Geronzi, rispettivamente a 15 e 8 anni di reclusione. Condanna richiesta anche per Giampiero Fiorani, l’ex presidente della Banca Popolare di Lodi.
A cura di Alessio Viscardi
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Alle battute finali il processo per il Crac Cirio con la richiesta del Pubblico Ministero di condanna nei confronti di Sergio Cragnotti e Cesare Geronzi, rispettivamente a 15 e 8 anni di reclusione. Condanna richiesta anche per Giampiero Fiorani, l'ex presidente della Banca Popolare di Lodi, per cui l'accusa punta a 6 anni di reclusione. 12 anni richiesti per Filippo Fucile, genero dello stesso Cragnotti, mentre per i figli Elisabetta e Andrea il Pm richiedere 6 anni. Per la moglie di Cragnotti, Flora Pizzichemi, la richiesta è di 6 anni. Coinvolto anche un ex dirigente della Banca di Roma, Antonio Nottola, per cui l'accusa chiedere 8 anni di reclusione.

Sono numerosi i reati su cui il processo si è incentrato, tutti riguardanti la bancarotta del gruppo Cirio. Sei anni di reclusione più pene accessorie sono stati chiesti anche per l'altro figlio di Cragnotti, Massimo, e per sua moglie Flora Pizzichemi, ma dietro le sbarre potrebbero finire anche numerosi amministratori della società come Emma Benedetti, Tommaso Farini, Luis Silva Pontes, Grazia Scartaccini, Lucio Velo, Giancluca Marini, Annunziato Scordo, Francesco Maria Matrone, Francesco Sommaruga, Angelo Fanti, Pietro Celestino Locati, Remo Martinelli, Giovanni Benevento e Ambrogio Sfondrini. Per tutti richiesta una pena di sei anni.

La richiesta di otto anni per Cesare Geronzi e Antonio Nottola è aggravata anche dalla interdizione perpetua dai pubblici uffici, interdizione legale e l'inabilitazione all'esercizio di impresa commerciale. Il crac della Cirio, assieme a quello di Parmalat, hanno dato il via a due delle più grandi speculazioni finanziarie italiane. Molti anni prima che venisse scoperta la lista Falciani, tanti risparmiatori si trovarono derubati dei propri averi. Fortunatamente, nel decreto Milleproroghe 2011 una norma impedisce alla Parmalat di distribuire dividendi oltre il 50% dell’utile, dando una piccola rassicurazione che fatti del genere non vengano a ripetersi in futuro.

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