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Covid 19

Covid-19 e Green pass. Un ristoratore: “Io non lo chiedo”, ma a Catania tutto fila liscio

“No green pass”, “Stia tranquilla, io non chiedo niente”: Fanpage.it ha fatto un giro per il centro storico di Catania nel primo giorno di obbligatorietà della certificazione verde e, nel capoluogo etneo, ciascuno la vive a modo suo. Due clienti: “È una discriminazione, se ce lo chiedono noi andiamo via”.
A cura di Luisa Santangelo
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Il cartello "No green pass" di un ristoratore catanese
Il cartello "No green pass" di un ristoratore catanese
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"Stia tranquilla, io non chiedo niente". Poi il ristoratore si allontana, va alla cassa, prende un cartello: "Lo vuole sapere come la penso?", dice, mostrando la scritta "No green pass" nera e rossa. "Io sono vaccinato, eh", puntalizza. Però la certificazione verde ai clienti che volessero pranzare o cenare all'interno del suo locale non vuole chiederla. Il primo giorno di green pass obbligatorio per bar e ristoranti (per i posti a sedere al chiuso) a Catania viene vissuto da ognuno a modo suo. Tra chi è ligissimo alle regole e piazza due persone di fronte alla porta d'ingresso per controllare il green pass pure alle ragazze che vogliono usare il bagno senza consumare; e chi, invece, dichiara placida: "Io chiedo il foglio: poi se è vero o è falso non è responsabilità mia".

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Il 22 luglio il governo ha stabilito le nuove regole per entrare in bar, ristoranti, palestre, piscine, musei, cinema e molti altri luoghi: necessario il green pass per tutti gli over 12. Non importa se con il vaccino, un certificato di guarigione o un tampone negativo recente. Nel capoluogo etneo il tema si affronta con serenità: "Abbiamo solo tavoli all'aperto", spiega qualcuno. "La sala interna l'abbiamo chiusa e lavoriamo solo nel dehors", continuano altri. "Da noi è andato tutto molto tranquillamente – afferma Marco Timpanaro, tra i fondatori di un popolare ristorante nei pressi dello storico mercato del pesce – I nostri clienti del pranzo sono per lo più turisti, tutti già pronti con il codice nell'app. E l'applicazione per noi ristoratori è molto reattiva". Il riferimento è all'app VerificaC19, promossa da Palazzo Chigi per aiutare gli esercenti a verificare la regolarità del certificato verde, a cui però negli app store se ne sono già accodate altre di simili, non ufficiali.

"Abbiamo scaricato l'app e faremo i controlli, ma certamente non ne siamo contenti", replica Roberto Tudisco, leader del movimento Ristoratori siciliani indipendenti. "Non c'entra niente essere contro il vaccino – commenta – Se il governo vuole vaccinare tutti mandi le lettere, controlli tramite i codici fiscali, usi i mezzi che ha. Ma non può scaricare ogni cosa su di noi. Che influenza avremo noi nella non diffusione di questo virus?". Per lui il punto è uno: "Siamo stati usati sempre come capro espiatorio. Veniamo da anni complicati e si continua a complicarci le cose. Siamo giunti alla conclusione che qualcuno nel governo odia la nostra categoria. Mollateci", urla.

"Per fortuna a Catania godiamo di questo clima torrido – sorride – quindi si sta fuori e uno spazio all'aperto ce lo abbiamo più o meno tutti. Ma se i clienti volessero stare al chiuso? Non siamo sceriffi. Se qualcuno prende male il rifiuto e attacca noi?". Tra le vie del centro di Catania, all'ora di pranzo del 6 agosto, la maggior parte dei clienti sembra ben lieta di mostrare il green pass. "Noi no – interviene una coppia di romani in vacanza – Abbiamo pranzato all'esterno, quindi nessuno ci ha domandato niente. Ma se ce lo avessero chiesto, saremmo stati contenti di andare da un'altra parte. È una grave discriminazione". E, aggiunge lui: "Il nazismo è cominciato così". Alla domanda se sono vaccinati i due replicano: "Neanche lei ha alcun diritto di chiederlo".

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