In collaborazione con Francesco Luchetta
Il 4 gennaio in Italia è stato approvato l’obbligo vaccinale per gli over 50 ed è ora di misurarne gli effetti. Nell’ultima settimana abbiamo abbattuto, un giorno dopo l’altro, i precedenti record di somministrazioni giornaliere di vaccini, arrivando a 700 mila dosi giornaliere. Si tratta di un segnale importante che ci indica due cose: che le persone si vaccinano e che la struttura organizzativa degli hub vaccinali migliora nel tempo. Negli ultimi sette giorni le prime dosi somministrate sono state oltre 500 mila (+55% rispetto alla settimana precedente): un numero importante, che lascia prevedere tra i due e i tre milioni di nuovi vaccinati nel prossimo mese. Bene anche le seconde dosi, più che raddoppiate nell’arco di sette giorni, e le terze, con oltre 3,5 milioni di somministrazioni.
Veniamo ora al dato relativo agli over 50. Come mostra il Grafico 1, dal giorno dell’entrata in vigore dell’obbligo vaccinale si registra un’impennata di prime dosi somministrate per questa fascia d’età, passate da circa 5000 alle oltre 15.000 giornaliere. Il dato, letto così, può sembrare positivo; ma se lo si paragona al dato degli under 50 si vede che la crescita dei vaccini nello stesso periodo di tempo è molto simile, e sembra più dovuto alla fine delle vacanze che all’obbligo vaccinale. Come vi abbiamo raccontato la settimana scorsa, il 4 gennaio gli over 50 non vaccinati erano poco più di due milioni e sarebbero bastati tre o quattro giorni per vaccinarli tutti con prima dose, se solo si fossero riversati negli hub vaccinali. Per ora così non è stato ma continueremo a monitorare l’andamento nel corso delle prossime settimane.
Grafico 1: prime dosi giornaliere per over 50 (linea rossa) e 12-49 anni (linea blu)
A riempire gli ospedali sono i non vaccinati
Dopo essere stato invocato a lungo da una larga parte della comunità scientifica italiana, finalmente l’obbligo vaccinale è arrivato, seppur per i soli over 50. Anche in questo caso il giudizio di merito dipende dall’osservatore: c’è chi dice che sia arrivato troppo tardi e che servirà a ben poco, chi invece applaude rivendicando di essere il primo Paese in Europa ad averlo introdotto, sfidando i vari ostacoli politici e normativi. Sta di fatto che dal 4 gennaio l’obbligo esiste e allora una domanda sorge spontanea: se lo avessimo introdotto sei mesi fa, e oggi avessimo tutti gli over 50 vaccinati con ciclo completo, quale sarebbe l’attuale situazione nelle terapie intensive (TI) italiane?
Per rispondere siamo partiti dai dati dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss) che mostrano l’incidenza dei ricoveri in TI per età e stato vaccinale, per il periodo 19 novembre – 19 dicembre 2021 (Grafico 2). Il colpo d’occhio è clamoroso e non servirebbe nemmeno commentarlo, ma lo facciamo per chi ha meno dimestichezza con grafici e numeri. Tra gli over 80 sono finite in TI 39 persone non vaccinate ogni 100 mila abitanti. Per la stessa fascia d’età, i vaccinati con due dosi ricoverati sono stati circa 10 volte di meno, e addirittura 50 volte di meno i vaccinati con tre dosi. Per la fascia 60-79 anni il divario è simile: 57,6 non vaccinati ogni 100 mila abitanti sono finiti in TI, circa 15 volte in più dei vaccinati con due dosi e 45 volte in più dei vaccinati con terza dose. Stesso discorso vale per la fascia 40-59 anni, dove i non vaccinati in TI sono stati 30 volte di più dei vaccinati con due o tre dosi.
Grafico 2: Incidenza ricoverati in TI per età e stato vaccinale, periodo 19 novembre – 19 dicembre 2021
Questi dati non lasciano spazio a molte interpretazioni: l’emergenza ospedaliera è dovuta ai non vaccinati. È vero infatti che il virus circola anche tra i vaccinati, ma lo fa in misura minore, e soprattutto è molto difficile che un vaccinato con due o tre dosi finisca in ospedale, se non a causa di comorbilità. Gli stessi dati Iss relativi alle caratteristiche dei pazienti deceduti positivi all’infezione da Sars-CoV-2 mostrano infatti che il 67,5% aveva tre o più patologie pregresse, il 18,1% ne aveva due e l’11,5% una. Solo il 2,9% dei pazienti morti con Covid-19 non aveva alcuna patologia pregressa (Grafico 3). Tra le più comuni e quindi pericolose per chi contrae il virus, si registrano: ipertensione arteriosa (65,8%), diabete (29,3%), cardiopatia ischemica (28%), demenza (23,5%), insufficienza renale cronica (21,4%) e le altre con frequenza minore mostrate nel Grafico 4.
Grafico 3: numero di patologie preesistenti riscontrate nei deceduti positivi al Sars-CoV-2. Fonte Iss
Grafico 4: patologie preesistenti osservate nei pazienti deceduti positivi al Sars-CoV-2. Fonte Iss
Se poi un No Vax vi dirà, come spesso sento dire, che il problema dei vaccini sono gli effetti a lungo a termine (mai riscontrati in nessun altro vaccino) o che i vaccini a mRna sono cancerogeni e interagiscono con il 5G, allora c’è poco da fare, siamo di fronte all’analfabetismo funzionale, scientifico e non solo, e ritengo che nessuna ulteriore parola o analisi possa più convincerli oramai.
Quanti ricoverati avremmo se tutti gli over 50 fossero vaccinati
Adesso abbiamo tutto quello che ci serve per calcolare quale sarebbe la situazione nelle TI se avessimo introdotto l’obbligo vaccinale sei mesi fa, e oggi avessimo tutti gli over 50 vaccinati con ciclo completo. E non solo, ci siamo posti anche un’altra domanda: in che situazione saremmo adesso senza nessun vaccinato? Il risultato della nostra analisi è nel Grafico 5, che mostra con la linea continua viola l’andamento reale degli attuali posti letto occupati in TI in Italia, con la linea blu tratteggiata quante TI avremmo occupate se tutti gli over 50 fossero stati vaccinati sei mesi fa, e con la linea rossa tratteggiata cosa sarebbe se nessun over 50 fosse stato vaccinato. Anche in questo caso i grafici parlano meglio di qualunque parola. I posti letto occupati in TI sarebbero meno della metà degli attuali e questo divario è destinato ad allargarsi (come sta facendo) a mano a mano che somministriamo le terze dosi. Ma l’importanza dei vaccini appare ancora più evidente se pensiamo che, come mostra il grafico, se non li avessimo ora avremmo più di 8000 persone ricoverate in TI. Il che, tradotto, significa che saremmo in un nuovo lockdown totale e in pieno disastro economico oltre che sanitario.
Ecco, questo è un altro incredibile paradosso di chi critica il Green Pass dicendo che “così non potrò lavorare”, o di chi addirittura critica i vaccini e magari è da sempre contro le chiusure e qualsiasi forma di contenimento. Se l’Italia oggi è in piena ripresa economica e cresce anche più di tanti altri Paesi, è anche grazie ai vaccini, che ci hanno permesso di reggere all’impatto di Delta e Omicron senza il bisogno di nuovi lockdown, che altrimenti sarebbero stati inevitabili.
E intanto l’epidemia rallenta
Per concludere non possiamo non registrare alcuni segnali importanti di rallentamento della curva epidemica, che lascerebbero ipotizzare un imminente picco dei contagi e successiva discesa. Il parametro Rt è in veloce discesa, stimato a 1,2 dopo aver toccato il valore di 1,9 a fine dicembre. Il tempo di raddoppio dei casi è passato dai cinque giorni di due settimane fa ai 13 giorni attuali ed è in continuo aumento. Nell’ultima settimana i casi sono aumentati del 19% rispetto ai sette giorni precedenti, un valore decisamente più basso rispetto al recente passato. Le ospedalizzazioni e le terapie intensive continueranno ad aumentare ancora per qualche settimana, ma il loro tasso di crescita sembra sopportabile, soprattutto se entro la prossima settimana si arriverà al picco. Il tasso di positività, per la prima volta dopo tanto tempo, questa settimana non è aumentato. Insomma, tutti i parametri sono in forte miglioramento e lascerebbero intravedere un andamento simile a quello già avvenuto in Sud Africa e che sta avvenendo in Gran Bretagna, dove Omicron si è diffusa ben prima che in Italia, con un picco di casi molto alto ma anche molto stretto, e in veloce discesa. Staremo a vedere, ma la speranza è che questa possa essere davvero la fine della fiammata di Omicron.
Resta infine un dato al quale ci siamo fin troppo abituati ma che non può e non deve essere digerito, quello dei morti: oltre 1700 persone sono morte nell’ultima settimana a causa del Covid-19, a due anni dall’inizio della pandemia. Possiamo metterci a discutere di chi sia la colpa, ma rimarrà comunque un numero inaccettabile.