Costa Concordia, il video choc del TG5
Tempo di scoop giornalistici. Mentre il Fatto Quotidiano rendeva nota il presunto complotto ai danni del Papa Benedetto XVI, l'edizione serale del TG5 si apriva con il video esclusivo del naufragio della Costa Concordia visto dalla plancia di comando. Le immagini di quei drammatici minuti, cominciane nella sale di comando della nave da crociera, a trenta minuti circa dall'impatto con lo scoglio nei pressi dell'isola del Giglio. Il video è stato già acquisito dalla Procura di Grosseto che, fino a ieri sera, era all'oscuro dell'esistenza del filmato, in cui peraltro si odono varie e telefonate "misteriose" fatte dal comandante Schettino, dopo le due chiamate a Roberto Ferrarini, operation manager di Costa crociere.
Il "Vabbuò" del Comandante Schettino. Il racconto-video copre l’arco di dieci minuti circa, dalle 22.20 circa alle 22.30. Le immagini non sono di alta qualità e le luci soffuse della plancia non rendono semplice capire quanto accade negli attimi in cui la nave è già inclinata di 30 gradi e sta imbarcando acqua da diversi compartimenti. Tuttavia si scorgono nitidamente le strumentazioni di bordo e si sentono le voci degli ufficiali. Uno di loro dice a Schettino che i passeggeri «stanno salendo da soli sulle lance». La risposta del capitano è disarmante: «Vabbuò ià, facciamoli andare a terra. Vabbuò». Quindi un'altra voce gli suggerisce, abbastanza agitata: «L’emergenza generale». Poco dopo la collisione a causa del già famigerato inchino, un'altra voce: «I motori non ci stanno proprio… stanno andando al diavolo». E poi: «Praticamente ci sta uno squarcio credo e l'acqua viene giù…». Successivamente l'obiettivo della telecamera si sposta nei corridoi interni e sulle scale, si sente l’annuncio che invita a «mantenere la calma», prima in italiano e poi in giapponese. Come chiarisce il giornalista autore del reportage, in quel momento la Concordia ha già invertito rotta verso il porto del Giglio. L'intenzione della nave sembra essere quello di giungere il più vicino possibile al porto, per cercare di far arenare la nave in acque basse, per evitare quello che sarebbe invece poi successo, e cioè il lento inabissamento del colosso del mare.