Costa Concordia, comandante De Falco: “Se l’allarme fosse stato dato in tempo, si sarebbero salvati tutti”
Il senatore Gregorio De Falco nel gennaio 2012 ricopriva il ruolo di capo della sezione operativa della Capitaneria di porto di Livorno. In quella veste, coordinò i soccorsi per la Costa Concordia, la nave da crociera che il 13 gennaio di dieci anni fa si andò a schiantare contro gli scogli dell'isola del Giglio. Con Fanpage, De Falco ha ripercorso quella notte, gli eventi che portarono al naufragio e le fasi dei soccorsi.
Un'emergenza ammessa troppo tardi
"A bordo sapevano fin dalle dieci meno dieci, pochi minuti dopo l'impatto, che la nave era da abbandonare – spiega De Falco -, ma all'inizio sostengono che c'era solo un blackout, poi alle dieci e venticinque circa ammettono che è entrata acqua". Tuttavia ancora per diversi minuti, fino a oltre le dieci e mezza, non viene dichiarata l'emergenza generale. Secondo il senatore, questo ritardo fu uno dei principali motivi per cui si creò poi il caos nell'abbandono della nave che costò la vita a molti passeggeri.
"La nave si inclinava – racconta De Falco – e più tempo si perdeva più diventava difficile ammainare le scialuppe. E infatti così accadde sul fianco sinistro tre scialuppe sono rimaste bloccate". Di conseguenza, centinaia di persone furono costrette a trovare vie di fuga alternative e molte persero la vita in questo tentativo.
Schettino abbandona la nave
Di quella notte, sono rimaste impresse nella storia soprattutto le comunicazioni telefoniche tra De Falco e il comandante della Concordia, Francesco Schettino, dopo che quest'ultimo aveva lasciato la nave a bordo di una scialuppa. Ricorda il senatore: "Dopo mezzanotte non riuscivano più a parlare con gli ufficiali a bordo. Non ci avevano avvertito che stavano lasciando la nave".
Attorno a mezzanotte e mezza, la capitaneria di porto riesce a mettersi in contatto con Schettino tramite il telefono di bordo. "Lui dichiara di essere su una scialuppa e di stare coordinando i soccorsi, in realtà si trovava già sugli scogli della Gabbianara", spiega De Falco. Da lì, il suo famoso ordine al comandante della Concordia, "Torni a bordo, c…", che rimbalzerà nei giorni successivi sui media di tutto il mondo.
Ma cosa sarebbe cambiato se Schettino fosse rimasto sulla nave? "Quando manca l'autorità a bordo, le procedure sono rigidamente protocollari – spiega De Falco -, quindi ad esempio se una scialuppa ha la capienza di 150 persone, il marittimo che fa imbarcare al 150esimo si ferma". Continua il senatore: "Avrebbe avuto poco rilievo imbarcare 50 persone in più, perché non si trattava di navigare in mezzo all'Oceano Indiano o nel Mediterraneo. Ecco l'autorità a bordo serviva a derogare la norma per piegarla al fine della salvezza delle persone".
Le responsabilità del disastro
Nella sua difesa, Schettino ha sostenuto tra le altre cose l'impossibilità di riguadagnare la plancia di comando una volta sceso sulle scialuppe. Ma De Falco ribatte: "C'è una persona che decide di salire a bordo della nave, Mario Pellegrini, all'epoca vicesindaco del Giglio. Lui riesce a salire dalla biscaglina che io avevo indicato a Schettino, quindi ritornare sulla nave era possibile".
Nei giorni successivi al naufragio, De Falco ha partecipato alle prime indagini. Nella sua ricostruzione, le responsabilità del disastro sono da distinguere in due parti. La prima riguarda la collisione con gli scogli, per cui "non è responsabile solo il comandante e infatti anche altri sono stati condannati, compresa Costa Crociere". E poi c'è l'abbandono della nave. De Falco però ci tiene a ricordare anche quelli ufficiali e marinai che sono rimasti a bordo a svolgere il proprio dovere. Come "la signora Serra che aveva il compito di tutelare alcune persone disabili. È stata così brava da guidarci via telefono per consentirci di far arrivare i soccorsi e mettere in salvo quelle persone".